Cos'è l'Antispecismo?

Un'unione dell'antifascismo, dell'antirazzismo, dell'antisessismo, che per questo conduce ad un'evoluzione di ognuno di questi aspetti verso e attraverso la tutela di ogni forma di vita, ognuna posta sullo stesso piano di importanza, senza distinzione alcuna.
Questo è il motivo per cui rifiutiamo ogni forma di fascismo, razzismo e discriminazione; sebbene questa stessa affermazione possa apparire come discriminatoria, la realtà è che noi ci battiamo per l'uguaglianza assoluta e, per questo, ci opponiamo a chiunque tenti di contrastarla.
Non concepiamo e mai lo faremo che possa definirsi antispecista chi porta avanti ideologie individualiste e totalitarie, essendo Earth Riot figlio del movimento punk e della sua espressione antimilitarista e pacifista.
Essere antispecisti per noi significa dare pari importanza alla foresta del Borneo e a quella amazzonica, minacciate dalle monocolture di palme da olio e da quelle OGM, così come al bambino africano o vietnamita sfruttato da Nestlé e da McDonald's, alla persona discriminata per il colore della pelle o per l'orientamento sessuale, all'animale rinchiuso in un allevamento, in un laboratorio di vivisezione o che rischia di estinguersi a causa del "progresso" industriale.
La Convivenza Pacifica non è solo un'estensione verbale del nome del movimento, ma anche concettuale: essa è, infatti, lo scopo per cui Earth Riot esiste, il fine prefissato, quello di giungere ad un rispetto reciproco tra ogni essere vivente, partendo dalla tutela del Pianeta di cui tutti facciamo parte, ma senza cui nessuno potrebbe sopravvivere.
Nessuno è realmente distante, siamo tutti abitanti della stessa Terra.

Raggiungere lo scopo attraverso la Nonviolenza

Scegliere uno stile di vita che rifiuti ogni tipo di violenza fisica, verbale e concettuale è già di per sé un'espressione di rispetto verso il prossimo.
Le modalità da noi utilizzate per perseguire i fini preposti sono ispirate al pensiero di Gandhi, legato non una resistenza passiva, ma ad una Nonviolenza attiva che si contrappone al male, alimentata da quella che lui definiva la forza della verità.
La realtà che ci circonda non è altro che il risultato delle imposizioni di chi ci governa, delle multinazionali che ci vogliono tutti schiavi, dipendenti dai loro prodotti.
All'individuo viene data l'impressione di poter scegliere, ma, in verità, egli è guidato da terzi ad assumere decisioni che verrebbero comunque applicate; tutto questo, per noi, è violenza.
La violenza non si esprime solo con atti fisici: ogni giorno la subiamo attraverso una pubblicità aggressiva e invasiva, un lavaggio del cervello che tenta di convincerci a seguire un determinato stile di vita, con le leggi di mercato pilotate dai governi - sudditi delle multinazionali - per tenerci sotto controllo. Ma anche le nostre piccole scelte quotidiane possono causare violenza verso altri esseri viventi.
Noi, al contrario di governi e corporazioni, non diffondiamo le nostre idee e i nostri princìpi in modo dittatoriale: non crediamo che un cambiamento debba essere perseguito attraverso imposizioni o obblighi di alcun genere. Ciò a cui puntiamo è un risveglio delle coscienze attraverso la diffusione della verità, perchè ognuno sia poi libero di scegliere come condurre la propria vita.
Questo per noi è attivismo nonviolento, ma anche una resistenza attiva nei confronti dell'oppressore.
Giustifichiamo l'azione violenta solo nel caso questa venga applicata di fronte ad un attacco per difendere la propria incolumit6agrave; e soprattutto quella di un altro essere vivente.

Vi proponiamo una storia popolare indiana, che aiuta a comprendere il concetto di Nonviolenza attiva:

Il Cobra del villaggio
Nei dintorni di un villaggio sperduto di poveri contadini dell'India, viveva un grosso cobra molto feroce, che terrorizzava gli abitanti del villaggio.
Un giorno, un santo, che si trovava a passare da quelle parti, venne subito informato della presenza del cobra e si offrì di intervenire per risolvere la situazione e salvare il villaggio dal costante pericolo.
Girovagando nelle campagne circostanti, il santo incontrò presto il cobra inferocito; con un mantra riuscì a placare la rabbia del cobra e gli disse: "Signor cobra, non ti vergogni della tua rabbia e aggressività? Così facendo disturbi tutti gli abitanti del villaggio, li spaventi e li ferisci. Io ti insegnerò la via per l'unione con il Divino, ma tu cessa di essere un pericolo."
Il cobra rispose al santo: "Grazie, mio Guru, prometto di non recare danno a nessuna creatura che non sia il mio cibo e di perseguire la Mèta Divina con impegno e dedizione."
Dopo aver impartito il suo insegnamento, il santo se ne andò dal villaggio, ma dopo circa un anno, incuriosito dal voler sapere dei progressi spirituali del cobra, fece ritorno al villaggio, proprio in tempo per vedere un gruppo di ragazzacci che, con pietre e bastoni, davano la caccia al cobra.
Dopo averli allontanati, il santo si rivolse al cobra, che, pieno di ferite e contusioni, sembrava sul punto di morire, e disse: "Signor cobra, ma cosa ti è successo?"
E il cobra rispose: "Oh, santo Guru, da quando ho ricevuto i tuoi insegnamenti ho smesso di aggredire i contadini del villaggio, ma non appena la notizia del mio cambiamento si è sparsa nei dintorni, un gruppo di ragazzi ha iniziato a perseguitarmi, a picchiarmi e ferirmi ed ora sono qui che muoio!"
Allora, il santo, guardandolo con compassione, rispose: "Come sei sciocco, signor cobra. Ti dissi di non fare del male a nessuno, ma non ti ho mai detto di non sibilare. Ogni creatura ha il dovere di difendersi dai malvagi!"
Da quel giorno, quando i ragazzi tornavano per aggredire il cobra, il serpente soffiava e li metteva in fuga, così poté vivere il resto della sua vita in pace.