La maledizione della fascia tropicale: le Filippine

L’ennesima storia di land grabbing, inganni e minacce che puntualmente ruotano attorno al mercato dell’olio di palma, pratiche care alle multinazionali del settore che, in questo caso, hanno allungato le mani sulle terre delle Filippine.
I contadini di Palawan (isola e provincia filippina) sono stati ingannati dalle aziende di turno, grazie anche al supporto del governo locale che li ha privati di ogni diritto sulle terre da sempre gestite, senza aver mai ricevuto un indennizzo in denaro, ma vedendosi gravare addosso venticinque anni di debiti. Contadini che ora temono anche per la loro vita in seguito all’assassinio di un attivista in luce.
Diciassette comunità indigene, coadiuvate da residenti e contadini dell’isola di Palawan, che nel 1990 aveva ricevuto dall’UNESCO lo statuto di “Riserva dell’uomo e della biosfera”, si sono uniti per contrastare l’opera di colonizzazione delle terre portata avanti dalle multinazionali, che dal 2002 ha subito un’accelerazione grazie alla decisione del governo locale di espandere le monocolture di palme africane.
Questa decisione, che secondo il governo filippino copre le spalle alle due più grandi corporation del mercato dell’olio di palma ad operare sul territorio, Palawan Palm & Vegetables Oil Mills Incorporated (PPVOMI) e Agumi Philippines Incorporated (AGPI), era
funzionale a ridurre le importazioni della sostanza incriminata nell’arcipelago.filippine monocolture

Il Philippine Palm Oil Development Council Inc. (PPDCI) ha pubblicato una mappa stradale dell’olio di palma che vuole gettare le fondamenta per un’ulteriore espansione delle piantagioni attraverso la colonizzazione di altri 300.000 ettari di terreno, un obiettivo che vorrebbe essere raggiunto tra il 2015 e il 2023.
Le multinazionali, come spesso accade, all’inizio avevano fatto grandi promesse ai contadini del Palawan, garantendo maggiori raccolti e guadagni se avessero messo a disposizione i propri terreni per la coltivazione della palma africana, rispetto a quanto ottenevano dalle piantagioni di palme da cocco locali.
Ma i contadini, dopo sette anni di colture, non si sono visti recapitare alcun tipo di guadagno, ma si trovano addirittura costretti a pagare degli interessi sulle piantagioni alle multinazionali che li hanno privati delle terre.
Il timore di non poter riottenere il controllo delle terre un tempo coltivate è forte tra i contadini, i quali non hanno nemmeno la libertà di decidere il prezzo al chilo della palma da olio, un privilegio esclusivo delle multinazionali che detengono il monopolio delle piantagioni, che hanno infatti abbassato i costi di vendita rispetto a quelli globali.
Le vicende che hanno colpito i contadini della regione del Palawan, ennesime vittime di un mercato che negli ultimi 20 anni ha colonizzato immense aree di territorio nel Sud-est asiatico, in Sudamerica e in Africa, dovrebbe dipanare ogni dubbio tra chi sostiene che
quest’industria porti vantaggi alle popolazioni locali.
Vanno inoltre considerati i danni ambientali, oltre a quelli causati dalla deforestazione, che la coltivazione di una specie vegetale non autoctona provoca ai territori in cui viene piantata. Da quando queste piantagioni di palme africane si sono spianate attraverso il paesaggio, i contadini hanno raccontato di problemi agricoli precedentemente sconosciuti. Per esempio, gli alberi di palma richiedono un alto impiego di risorse idriche
spesso sottratte alle vicine colture. Inoltre, una monocoltura, si tratti di palma da olio, soia, mais etc., necessita di numerosi input esterni per crescere e dare frutti, input che vengono a essa forniti dal massiccio impiego di erbicidi e pesticidi.
Alcuni studi hanno dimostrato che l’insetto che distrugge la palma da cocco tipica della regione del Palawan proviene dalle palme da olio africane, un’epidemia di parassiti sconosciuta prima che le multinazionali colonizzassero la provincia con le monocolture, il tutto supportato da un rapporto redatto da ALDAW che dichiara:

Nuovi parassiti si stanno diffondendo dalle vicine piantagioni di palme africane verso i campi indigeni coltivati e le foreste di cocchi.

Gli atti di repressione su chi cerca di manifestare il proprio dissenso e lotta per riavere indietro le terre colonizzate dalle multinazionali non mancano, i rappresentanti delle tribù indigene sono ben consci dei rischi che corrono.Filippine resist-oil-palm
Nel gennaio 2011, il giornalista di una radio locale e attivista ambientalista Gerry Ortega è stato assassinato a colpi di pistola nella capitale del Palawan per aver condotto una campagna contro l’estrazione mineraria, ultimo di una serie di omicidi che hanno visto coinvolt* almeno altr* quattro attivist* che lottavano contro lo sfruttamento delle risorse locali.
Secondo quanto riportato da ALDAW, il principale colpevole di questi omicidi, degli inganni ai danni di contadini e popoli indigeni e della devastazione territoriale subita dalla regione del Palawan a causa del mercato dell’olio di palma è l’ex governatore Joel Reyes, attualmente latitante all’estero.

Fonte: I.V.A.