Japik: un’altra vittima del mercato dell’olio di palma

La storia che ha coinvolto Japik è quella di molti animali non umani vittime del mercato dell’olio di palma e della deforestazione in generale, che li priva della propria casa e spesso anche della famiglia.
Sono frequenti i ritrovamenti o i salvataggi di piccoli di orango rimasti orfani a causa degli incendi e delle opere di deforestazione condotte dalle multinazionali.
Queste opere di colonizzazione e devastazione territoriale, dettate da quel consumismo e da quel capitalismo che alimentiamo ogni giorno attraverso scelte disinformate e condotte senza coscienza, portano con sé numerosi effetti collaterali, molti ben visibili, altri che rimangono nascosti all’occhio occidentale.
La conversione di una foresta in monocoltura intensiva favorisce anche il bracconaggio; gli animali non umani sopravvissuti a incendi e disboscamenti vengono cacciati per essere rivenduti a zoo e circhi, oppure catturati mentre si avvicinano a zone abitate in cerca di cibo.
Questo è quello che potrebbe essere accaduto a Japik, femmina di orango che per due anni è rimasta incatenata per il collo a un albero, senza potersi muovere, priva di riparo se non quello di una grezza piattaforma di legno, vivendo nella spazzatura e alimentandosi con scarti di cibo abbandonato a terra.

Una condizione di nonvita che si è protratta fino a quando la sua proprietaria che la teneva prigioniera si è convinta che non fosse il modo giusto di trattarla.
L’intervento dell’International Animal Rescue (IAR), realtà del Borneo che gestisce un santuario per orango salvati dalla deforestazione, ha permesso la liberazione di Japik che adesso si trova in quarantena, sotto cure mediche, in attesa di potersi unire agli altri ospiti del rifugio dove inizierà un lungo periodo di riabilitazione affinché un giorno possa essere restituita al proprio habitat naturale.
Lo IAR ha trovato Japik sotto un cumulo di stracci che usava come riparo dalla pioggia; stava seduta sotto una piccola piattaforma di legno oscillando da un lato all’altro per alleviare il dolore agli arti portato dall’immobilità. “Dopo due anni passati immobilizzata a quella corta catena, era un miracolo che riuscisse persino a muoversi” ha dichiarato un addetto dell’associazione.
Nonostante gli anni di tortura e prigionia ai quali è stata costretta, Japik non ha perso la propria gentilezza e non ci ha messo molto a tendere la sua mano verso il veterinario che le stava prestando le prime cure, come a cercare e accettare quell’aiuto desiderato per molto tempo.
Lo stato di quarantena in cui si trova adesso Japik è necessario per capire quanto l’assenza di un riparo e del cibo adeguato abbiano danneggiato la sua salute.
Ad attendere Japik al santuario gestito dallo IAR ci sono molti altri orango salvati dalla devastazione frutto del mercato dell’olio di palma, come Budi, trovato in un pollaio con gli arti talmente gonfi da farlo piangere, Gito, trovato quasi mummificato in una scatola lo scorso ottobre, e Joss, talmente traumatizzata dalla perita della madre e dal tempo passato in cattività da aver avuto un esaurimento nervoso, mostrando segni di stress psicologico, come quello di abbracciarsi continuamente da sola.

Il ritrovamento di Gito.

Il ritrovamento di Gito.

Questi sono gli effetti collaterali di un mercato sostenuto direttamente dal consumatore, queste sono le vittime silenziose di cui troppo spesso non si parla, le cui vite rischiano di spegnersi nell’anonimato, senza rendersi conto che è attraverso l’acquisto di prodotti ormai noti che si determina la devastazione del loro habitat e della loro vita, la loro schiavitù e e la loro morte.
Prima ancora di preoccuparsi se il consumo di prodotti che contengono olio di palma possa nuocere più o meno alla nostra salute, bisogna riflettere sui danni che questo mercato provoca a monte, alle foreste e alle vite consumate da un’industria quasi inesistente appena vent’anni fa, e che solo il consumatore può fermare.A5 prodotti odp

Supporta le opere di salvataggio e recupero degli orango condotte dall’International Animal Rescue; maggiori informazioni a questo link.

Fonte: The Dodo