WWF a colpi di machete

Il WWF è probabilmente una delle più grandi associazioni ambientaliste – o presunta tale – del mondo, e per molti la sola verità è questa, ma se si scava oltre la superficie è molto semplice rendersi conto di come non sia diversa dalle multinazionali che dovrebbe combattere e con le quali invece stringe accordi al fine di assegnare loro un’inconsistente velo di sostenibilità.
L’emblema di questi gemellaggi con le multinazionali è rappresentato da RSPO, tavola rotonda per l’auto certificazione dell’olio di palma sostenibile fondata nel 2004 insieme ad aziende del calibro di Aak, Migros, MPOA (Malesyan Palm Oil Association) e Unilever, alle quali un anno dopo si sono aggiunte Cargill e Wilmar (colpevole di numerosi incendi appiccati nelle foreste del Borneo).
Un organo di facciata realizzato al preciso scopo di mascherare i crimini correlati alla produzione dell’olio di palma: deforestazione, violazione dei diritti umani, uccisione di migliaia di animali.
Il reale impegno nella tutela ambientale da parte del WWF è quindi piuttosto discutibile e anche quando le intenzioni sembrano essere quelle vengono però accompagnate da atti di persecuzione e violazione dei diritti umani ai danni di popolazioni indigene.
L’ultimo caso è quello della tribù Baka del Camerun, sotto attacco per mano delle squadre anti-bracconaggio assoldate dal WWF allo scopo di scacciare questa popolazione per poter realizzare parchi protetti. Ma protetti da chi?
I membri di questa popolazione, come testimonia il video diffuso da Survival, vengono picchiati a colpi di machete, trascinati per le gambe, umiliati e strappati dalla terra che da sempre abitano.

Il Camerun è uno dei tanti paesi collocati sulla fascia tropicale della Terra a subire l’opera di colonizzazione da parte delle multinazionali, che grazie ai governi locali ottengono la concessione di terreni per periodi molto lunghi.
Nel 2013 la multinazionale statunitense Herakles ha ottenuto il permesso di impadronirsi di territori protetti, attualmente e storicamente abitati dai popoli indigeni, al fine di avviare monocolture di palme da olio nell’ambito della produzione di falsi biocarburanti.
Ricordiamo che l’olio di palma, assieme a quello di soia e di colza, non ha superato gli standard di sostenibilità stabiliti dalla REC (Renewable energy directive) affinché una sostanza possa essere impiegata per la realizzazione di carburanti “verdi”, ma nonostante questo il business legato a questo mercato non si arresta.
Da quando Herakles si è impadronita delle foreste protette del Camerun,, si è innescata una lotta contro la violazione dei diritti umani promossa, tra gli altri, da Nasako Besingi che da allora si batte per liberare le terre dalla colonizzazione condotta da questa multinazionale.
Mentre le squadre anti-bracconaggio assoldate dal WWF attaccavano a colpi di machete la tribù dei Baka, Nasako Besingi veniva condannato dal Tribunale di primo grado di Mundemba a pagare una multa di 524 euro o a scontare altrimenti un anno di reclusione a seguito di accuse mosse contro di lui da parte della stessa Herakles.

Nasako Besingi

Nasako Besingi

Nasako Besingi sarebbe colpevole di istigazione alla lotta, organizzazione illegale di assemblee e di una manifestazione nel novembre 2014, nel corso della quale ha distribuito magliette che riportavano la scritta “No plantation on our land. Herakles farms out!”, ovvero tutto ciò che è necessario fare per difendere il suo popolo e le terre abitate dalle mani e dallo sfruttamento portato da questa multinazionale.
La condanna combinata all’attivista lo scorso 21 gennaio è solo l’ultima di una serie di condanne che Herakles è riuscita a ottenere in questi anni: nel novembre del 2015 Nasako era già stato condannato con l’accusa di diffamazione ai danni della multinazionale.
L’attivista all’interno di un articolo aveva riportato il racconto dell’aggressione subita nel 2012 da parte di emissari di Herakles, una testimonianza che gli è costata la condanna al pagamento di 1.500 euro o in alternativa tre anni in carcere.
Il WWF non è un’associazione per la tutela dei diritti umani, su questo siamo d’accordo, ma invece che condurre atti di repressione ai danni di tribù indigene nel nome di un ambientalismo inesistente potrebbe impegnarsi affinché il processo di landgrabbing condotto dalle multinazionali venga finalmente arrestato.
Ma del resto il WWF non è nuova a fatti del genere, come sottolineato dal documentario The Silence of Panda, che denuncia alcuni dei crimini condotti da questa associazione a discapito dell’ambiente e di chi lo abita.
Safari per turisti in India alla modica somma di 10.000 dollari, nel corso dei quali viene prodotto inquinamento acustico che nuoce agli animali, il tutto senza neanche aver creato posti di lavoro per i popoli locali, aspetto che comunque non avrebbe giustificato il progetto.
In Sud America invece l’associazione ha appoggiato l’estensione di monocolture di soia da parte di alcune multinazionali, le quali utilizzano sostanze chimiche altamente nocive per l’ambiente, i popoli e gli animali della zona, promuovendo anche la diffusione di colture OGM.
Concludiamo col ricordare che nel 1997 WWF fece una triste figura nominando la Shell al Premio Ambiente di quell’anno, nonostante due anni prima la multinazionale petrolifera si fosse macchiata dell’assassinio del poeta attivista Ken-Saro Wiwa e di altri otto attivisti della tribù Ogoni.

La tutela ambientale, il rispetto dei diritti degli animali umani e non umani non sono aspetti che possono essere scissi tra di loro, la liberazione della Terra va perseguita per garantire la libertà di tutt* e non a discapito di quest’ultima.

Fonte: News Ghana