La violenza delle parole

Cambiamento delle abitudini alimentari – ricerca di nuove alternative – sopperire alla mancanza di carne.

Ormai sembrano diventate queste le sole preoccupazioni di chi in teoria dovrebbe lottare per la liberazione animale, per un cambiamento culturale che per esser tale deve allontanarsi dalle concezioni di mercato e di consumismo alle quali siamo abituati.
Il veganismo non rappresenta semplicemente un cambiamento delle abitudini alimentari, ma una presa di coscienza di come le proprie scelte quotidiane possano contribuire alla schiavitù di miliardi di animali, ritenuti sacrificabili e declassati alla categoria “da reddito”.
Il veganismo non deve essere inteso come un’alternativa alimentare, ma come filosofia di vita, un atto politico che rifiuta di sostenere e finanziare ogni forma di prevaricazione e dominio dell’animale umano sugli animali non umani.
Questi sono i principi e i valori che i vari gruppi e i singoli dovrebbero preoccuparsi di difendere e diffondere sulla strada della liberazione animale e verso la costituzione di una società antispecista.
Invece sempre più frequenti sono i casi in cui associazioni animaliste e antispeciste forniscono pubblicità a prodotti industriali vegan, anche appartenenti a quelle stesse multinazionali e aziende che andrebbero boicottate e combattute.
Un articolo pubblicato recentemente da Veganzetta ha denunciato il supporto offerto dall’associazione Igualdad Animal al colosso Unilever, multinazionale leader nel settore della sperimentazione animale, nel mercato dell’olio di palma e nella violazione dei diritti umani, che attraverso la ditta satellite Hellmann’s ha immesso sul mercato una maionese vegan.
Una scelta strategica che rientra perfettamente in quel processo di mercificazione degli ideali antispecisti che il mercato sta cercando di attuare ormai da diverso tempo, nel tentativo di assicurarsi anche quella nuova fascia di consumatori rappresentata da chi ha abbracciato il veganismo, che di fatto continuerebbe così a finanziare quei crimini che questa stessa filosofia di vita dovrebbe impegnarsi a combattere.
La versione italiana dell’associazione Igualdad Animal, Animal Equality, in un articolo segnala e pubblicizza l’arrivo in Italia di una tendenza di mercato già molto diffusa all’estero: il macellaio vegano.
Nell’articolo in questione, che si conclude con l’augurio che queste “macellerie” vegane possano diffondersi presto anche in Italia, si leggono esclusivamente commenti di giubilo e di sostegno nei confronti di questa nuova avanguardia, senza alcun senso critico nei confronti di un linguaggio che rievoca immagini di violenza e di morte.macellaio-vegetariano_980x571
Continuare a utilizzare terminologie figlie del sistema specista contribuisce a mantenere in vita una visione violenta della società, mentre la tendenza dovrebbe essere quella di diffondere pensieri, immagini e informazioni che contribuiscano ad alimentare la cultura della nonviolenza.
La necessità di consumare prodotti vegetali che riproducono fedelmente quelli derivati dallo sfruttamento e dall’uccisione degli animali rispecchia il nostro ancoramento a una visione violenta della società, oltre al fatto che si tratta di surrogati vegetali che hanno bisogno di affrontare processi industriali di raffinazione e che vengono esportati in varie zone del mondo sgretolando così la filosofia del chilometro zero.
Pretendere che siano associazioni come Animal Equality a denunciare tendenze che non si discostano dal consumismo, dal capitalismo e da una visione specista della società forse è un po’ troppo, ma almeno potrebbero evitare di offrire pubblicità gratuita a multinazionali ed esercizi commerciali vari.
La priorità invece deve essere quella di diffondere una cultura della nonviolenza (verbale e visiva), sulla quale il veganismo deve poggiare le proprie radici, promuovendo il rispetto per la stagionalità e il commercio a chilometro zero, l’allontanamento dai canali della grande distribuzione a favore di chi fornisce i prodotti che la natura offre, dipanando così anche quel falso mito per cui bisogna essere facoltosi per potersi permettere la scelta vegan.
Verdura, frutta, cereali e legumi è tutto ciò di cui ha bisogno chi si approccia al veganismo, perché è fondamentale ricordare che non si tratta di una scelta egoistica, per la propria salute o perché fa moda, ma del primo passo verso la liberazione totale.
Una lotta che non è elitaria, inclusiva e non esclusiva e che deve nascere dal basso!