SeaWorld: lavoratori infiltrati tra gli attivisti

L’amministratore delegato di SeaWorld, società proprietaria di diversi zoo acquatici famosi per le condizioni di schiavitù e sfruttamento alle quali gli animali lì prigionieri sono soggetti, ha ammesso per la prima volta che alcuni lavoratori della compagnia si sono finti attivisti, infiltrandosi tra di loro per spiare e sabotare le operazioni di denuncia.
La PETA nel 2015 aveva già mosso dei sospetti nei confronti dell’attivista per i diritti animali “Thomas Jones”, che in seguito si è rivelato essere l’impiegato di SeaWorld Paul T. McComb, il quale era riuscito a infiltrarsi tra gli attivisti dell’area di San Diego.
McComb ha tentato per molto tempo di sabotare il lavoro di denuncia condotto dagli attivisti in merito allo sfruttamento animale di cui SeaWorld è colpevole, incitando gli stessi ad atti di violenza, pubblicando anche sui social frasi come “Bruciamo SeaWorld alla radice e prosciughiamo le vasche”.
L’ultimo reportage in merito a questi fatti ha confermato che le spie sono dirigenti molto importanti della compagnia: tra gli attivisti ci sarebbe ancora un infiltrato, mentre McComb ora è tornato a lavorare per SeaWorld in un diverso dipartimento.
Lo zoo acquatico è da diverso tempo oggetto di critiche per il trattamento riservato agli animali, strappati al proprio habitat naturale e costretti ad una nonvita di schiavitù in vasche molo piccole e a dare spettatolo sotto gli ordini dei lavoratori che riservano loro trattamenti violenti per portare agli occhi di un pubblico ciecamente ipnotizzato le esibizioni previste.seaworld detenuto
Il documentario del 2013 Blackfish, focalizzato sulla detenzione di un’orca, ha svelato i crimini commessi da SeaWorld le cui finanze da allora continuano a calare, mentre dallo scorso novembre ogni mese viene ritrovato almeno un animale deceduto all’interno delle vasche.
Gli animali costretti in cattività sono sottoposti a forte stress che li porta a tentare anche il suicidio, come è stato documentato sempre nel 2013 presso il Parco Oceanografico di Hong Kong.
I delfini, sottoposti a pratiche innaturali come “incontra il delfino” o “bacia il delfino”, programmi speciali organizzati per i turisti, o a stress acustici provocati dalla presenza di una banda musicale nel corso degli spettacoli e dal rumore portato dal sistema di filtraggio dell’acqua, hanno iniziato a scagliarsi contro le pareti della vasca.
Quello che accade all’interno di questi luoghi è ciò che succede in ogni centro di detenzione dove gli animali vengono rinchiusi per il divertimento della folla e il guadagno di chi lucra sulla loro schiavitù. Zoo, circhi, acquari, parchi marini etc.: una schiavitù finanziata dal biglietto dello spettatore.

Fonte: Earth First Journal – GlobalVoices