Forza favela 2.0: gli espropri causati dalle Olimpiadi

Nel 2014 i mondiali di calcio, tra qualche mese le Olimpiadi: in due anni il Brasile avrà così ospitato due grandi eventi sportivi che sicuramente hanno portato vantaggi alle tasche dello stato, ma la stessa cosa non si può dire per la popolazione.
La realizzazione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento del mondiale 2014 vide l’investimento di trenta miliardi di dollari, in un paese dove oltre dieci milioni di persone soffrono ancora la fame, ma il prezzo più alto pagato dalla popolazione brasiliana fu rappresentato dagli espropri forzati e dagli atti di violenza subiti.brasile_protesta
Oltre 250.000 persone vennero sgomberate dalle proprie abitazioni, poi distrutte; il tutto rientrava nell’opera di “pulizia” delle città che avrebbero ospitato la manifestazione sportiva al fine di offrire una bella immagine al mondiale.
La situazione peggiore vide come ambientazione le favela di Rio de Janeiro, una storia che si sta ripetendo in questi mesi in previsione delle olimpiadi 2016 previste per il prossimo agosto.
Le abitazioni che intralciano i lavori funzionali allo svolgimento delle Olimpiadi vengono rase al suolo e le persone gettate per strada, come è accaduto martedì 8 marzo a Maria da Penha, che ha dovuto assistere alla distruzione della propria casa per far posto al Parco Olimpico di Rio.
Negli ultimi anni Maria si è duramente battuta per la difesa della comunità di Vila Autodromo, alla quale appartiene, che è stata decimata per far posto a palestre, piscine, arene e altre attrazioni che saranno al centro del mondo quando i riflettori si accenderanno sulle olimpiadi; un mondo inconsapevole che guarderà la manifestazione sportiva ignaro del prezzo che il popolo brasiliano ha dovuto pagare ancora una volta.
Sulle mura degli edifici abbattuti dalle ruspe si potevano ancora leggere slogan di protesta quali “una comunità legittima”, mentre sui social network si faceva notare che la demolizione stava avvenendo nella giornata delle donne, fino a quel momento caratterizzata dalla consegna di un premio alla stessa Maria, per il suo impegno nella difesa della famiglia e della comunità.olimpiadi demolizione
Le proteste non si sono fatte attendere e nel centro città si è creato un corteo con i manifestanti solidali verso Maria che brandivano striscioni dai messaggi quanto mai chiari: “Il sindaco oggi rivela la sua politica nei confronti delle donne: la violenza”; “Le donne di Vila Autodromo dimostrano come lottare” e “siamo tutti Dona Penha”.
Il sindaco di Rio Eduardo Paes ha però difeso le azioni del governo brasiliano, dichiarando che la casa di Maria doveva essere demolita in quanto bloccava una delle strade di accesso al sito dove si svolgono i lavori e promettendo alloggi gratuiti all’interno della comunità una volta che i miglioramenti per le Olimpiadi saranno terminati.
Maria, come molti altri residenti espropriati, è molto scettica in merito a questo ultimo punto in quanto le Olimpiadi sarebbero usate come motivazione per spostare le comunità più povere dalla zona a favore di investitori che vorrebbero realizzare aree destinate all’élite.
Un timore rafforzato lo scorso anno, quando si è saputo che uno dei principali proprietari terrieri locali, Carlos Carvalho è stato uno dei principali finanziatori della campagna per l’elezione del sindaco Paes.
La resistenza delle comunità locali prosegue ormai da quattro anni tra blocchi e manifestazioni, ma il numero dei manifestanti è in costante diminuzione a causa delle compensazioni offerte dal governo, ma soprattutto a causa delle rimozioni forzate e degli atti violenti che hanno avuto anche risvolti sanguinosi.
Le Olimpiadi, come il mondiale 2014, purtroppo si svolgeranno regolarmente, calpestando i diritti civili a favore degli interessi economici, ma possiamo fare in modo che questi fatti non passino inosservati attraverso una crescente solidarietà affinché situazioni del genere
cessino di ripetersi.

Fonte: The Guardian