Multinazionali dell’attivismo: la svendita degli ideali

Le operazioni di greenwashing alle quali si stanno sottoponendo le varie aziende nel tentativo di raccogliere consensi da più fasce di consumatori si fanno sempre più intensive: tra promesse fatte e mai mantenute, restyling di etichette e loghi incentrati su colori che richiamano la natura, la diffusione di concetti come quello del “benessere animale”, utile a mantenere invariati gli introiti dell’industria della carne e dei derivati animali che però indossa i panni menzogneri di chi si impegna a limitare la sofferenza delle vittime designate.
Quest’ultima strategia di mercato si sta diffondendo a macchia d’olio perché offre alle compagnie del settore la possibilità di mantenere saldi i guadagni, se non aumentarli, rafforzando al contempo quel distacco tra il “prodotto” acquistato e la realtà di schiavitù e
sfruttamento da cui esso proviene e che in questo modo non viene percepita dal consumatore.
Un concetto, quello del “benessere animale”, totalmente avulso dalle dinamiche di lotta per la liberazione animale, che distoglie l’attenzione dall’obiettivo ultimo, soprattutto quando il sostegno alle aziende proviene da quelle stesse associazioni che dovrebbero invece promuovere il rispetto per la vita di ogni animale non umano, la quale non deve terminare con la sua uccisione per ragioni di mercato.
Da un lato troviamo associazioni animaliste che promuovono un approccio che prevede la riduzione del consumo di carne e derivati animali, rallentando così il processo di liberazione con il rischio che il veganismo sia assorbito dalle dinamiche settimanali divenendo solo una scelta alimentare da alternare alle altre, un fenomeno già ampiamente sostenuto da quell’opera di mercificazione degli ideali condotta dall’industria.
Dall’altro invece ci sono associazioni che si occupano direttamente di offrire pubblicità e sostegno ad aziende e multinazionali icone dello sfruttamento ambientale, animale e umano.hipocrisy in world farming
Se in Italia a occuparsene è Compassion in World Framing, associazione internazionale fondata da allevatori al fine di autoregolarsi senza dover dare troppe spiegazioni, a diffondere la favola della “carne felice”, assegnando premi per la “sostenibilità” ad aziende e multinazionali del calibro di McDonald’s, Coca Cola, Amadori, Cremonini, Barilla, KFC e molti altri, negli Stati Uniti questo ruolo è ricoperto da Humane Society.
Tuttavia l’associazione Humane Society non è stata fondata da allevatori; il suo ruolo dovrebbe essere quello di promuovere informazioni utili ai fini della liberazione e invece contribuisce a mantenere solidi gli introiti di chi lucra sullo sfruttamento altrui, elargendo riconoscimenti a chi si impegna per il “benessere animale”.
Come si può leggere sul loro sito, la Humane Society sta conducendo una campagna che chiede alle persone di diventare degli “eroi”, quando il rispetto verso le specie che abitano la Terra insieme a noi dovrebbe essere un fatto naturale, supportando l’associazione stessa per il bene degli animali.
Un bene che si traduce in un premio creato nel 2011 in memoria di Henry Spira, fondatore tra le altre cose di Animal Rights International, promotore di varie campagne a difesa degli animali tra il 1970 e il 1990 anche al fianco di Peter Singer, che con il suo testo Liberazione Animale contribuì a gettare le fondamenta della lotta allo specismo. Lo stesso premio ora viene assegnato a quegli enti (società per azioni) che promuovono il concetto di “benessere animale”.
I premi Spira sono assegnati ogni anno a compagnie, associazioni e imprenditori che guardano avanti, contribuendo ad alleviare le sofferenze degli animali non umani, poco importa se la loro nonvita si conclude sempre con l’uccisione forzata ai fini dell’industria.
Tra i vincitori di quest’anno figurano multinazionali del calibro di Hugo Boss, premiata tra le alte cose per aver ridotto l’impiego di piume d’oca provenienti da allevamenti dove vengono alimentate con la forza e per aver promesso una via preferenziale a quegli allevatori che smetteranno di praticare il museling sulle pecore (pratica di tosatura che prevede il taglio della lana ancora attaccata a strisce di pelle), iniziative che però mantengono gli animali non umani in un regime di prigionia al servizio dell’animale umano.
Ma tra le multinazionali premiate non poteva non figurare McDonald’s, l’azienda che più di ogni altra ha dato il via al processo di greenwashing e che da quando ha modificato il proprio logo ora non più rosso ma verde escogita varie strategie pur di non perdere clienti.
La Humane Society ha giustificato l’assegnazione del premio in quanto McDonald’s è stata la prima multinazionale a fissare una data, il 2025, entro la quale garantirà l’utilizzo di uova 100% libere dalle gabbie, un processo ribattezzato Cage free egg-plan.

McDonald's usa la sua opera di sfruttamento come un vanto, dichiarando che utilizza 13 milioni di uova all'anno libere da gabbie; Ogni anno, solo negli Stati Uniti, acquista circa due miliardi di uova; Occorreranno dieci anni per realizzare il piano "cage-free egg".

McDonald’s usa la sua opera di sfruttamento come un vanto, dichiarando che utilizza 13 milioni di uova all’anno libere da gabbie; Ogni anno, solo negli Stati Uniti, acquista circa due miliardi di uova; Occorreranno dieci anni per realizzare il piano “cage-free egg”.

Il premio, oltre a giustificare l’opera di sfruttamento animale condotta da McDonald’s, non è neanche stato assegnato per qualcosa che è già evidente, ma solo in merito a una promessa dal dubbio futuro e che comunque non cambia le sorti delle vittime sacrificali.
Vanno doverosamente ricordate anche le pratiche crudeli utilizzate nel corso della produzione delle uova, un mercato che necessita esclusivamente di pulcini femmine, riservando ai maschi un destino di morte immediata che li vede tritati vivi e utilizzati per la
composizione di polpette e hamburger per la grande distribuzione.

I pulcini in attesa di essere selezionati.

I pulcini in attesa di essere selezionati.

Una sorte che presto o tardi spetta anche alle femmine, solitamente dopo due o tre anni di schiavitù, quando la produzione di uova del singolo animale inizia a calare.
McDonald’s e Humane Society si sono scambiati messaggi di complimenti e soddisfazione, dettata anche dal fatto che il precedente della multinazionale dei fast food ha attirato l’interesse di altre corporation come Starbucks, Kraft e Compass Group.
Quest’ultima, leader del food service, oltre ad avere ricevuto il premio per le stesse motivazioni di McDonald’s, recentemente ha avviato il primo concetto di ristorazione interamente vegetale, rafforzando così quell’idea di capitalismo vegan che si sta facendo sempre più strada, promosso da aziende che comunque lucrano sullo sfruttamento degli animali non umani e che quindi asfalta le istanze promosse dalla lotta per la liberazione animale, dal veganismo e dall’antispecismo stesso.