Un’eterna Taiji

La sanguinosa stagione di caccia ai delfini nella baia di Taiji, in Giappone, che solitamente si tiene da settembre a marzo, è stata chiusa il 29 di febbraio con un mese di anticipo, ma questo non ha fermato le uccisioni.
Il film documentario The Cove (2009) ha mostrato le violenze subite da delfini, spinti a forza verso l’insenatura della baia e massacrati per il commercio della loro carne.
L’uscita del documentario però non è stata sufficiente ad arrestare questo massacro che prosegue anno dopo anno, e nonostante la caccia ai delfini sia stata chiusa con un mese di anticipo quella in mare aperto a balene e piccoli cetacei proseguirà almeno sino a fine maggio.
I pescatori infatti sono in possesso di permessi validi sino alla fine di maggio, che concedono loro di pescare in mare aperto balene e globicefali.
La chiusura anticipata della stagione di massacro legalizzato ai danni dei delfini ha avuto un effetto collaterale devastante: i pescatori si sono riversati in mare dando il via a una pesca selvaggia che avrà termine solo a loro discrezione.
La stagione di massacro legalizzato quest’anno si è chiusa con l’uccisione di 650 animali non umani, mentre 111 sono stati catturati per essere rivenduti ai parchi acquatici.
Molti dei delfini catturati rimarranno in Giappone, ma gli altri dovranno affrontare lunghi viaggi per giungere nei parchi marini che li hanno ordinati; si stima che siano circa 150 gli ordini partiti da questi luoghi, tra zoo e delfinari nel corso della stagione di caccia 2015/2016, con in testa la Cina.
I delfini uccisi invece vengono macellati e ridotto a bene di consumo, ma oltre a essere massacrati per ragioni meramente culturali, di guadagno e di gola, la loro morte viene ulteriormente sminuita perché molti di loro finiscono per diventare cibo per altri animali non umani o fertilizzanti, a causa dell’alto tasso di mercurio presente nella carne.
Il business dietro a questo massacro è altissimo: la vendita dei delfini ai parchi acquatici ha un valore di 250.000 dollari, mentre il commercio delle loro carni può portare un guadagno tra i 200 e i 400 dollari.pesca
Il massacro che ogni anno si svolge nella baia di Taiji si unisce a quello che si svolge ogni giorno, un saccheggio legalizzato di mari, oceani, laghi e fiumi, che vede il costante impoverimento di interi ecosistemi e il sacrificio di circa un trilione di specie che abitano questi luoghi.
L’indignazione e il disgusto verso queste pratiche non devono di certo mancare, purché siano espresse a 360° e senza ipocrisie.
Troppo spesso si assiste a dichiarazioni razziste rivolte ad altre etnie e altri paesi, etichettati come assassini, quando invece ogni vita è importante.
La rabbia nei confronti di ciò che accade a Taiji è lecita, ma non si può dimenticare ciò che accade ogni giorno in ogni mare del mondo, un saccheggio voluto e finanziato da chi consuma carne, pesce e derivati animali.
Non esistono animali non umani di serie A o di serie B. Siamo tutti terrestri e a tutti deve essere lasciata la possibilità di vivere in libertà.
Taiji è un massacro alla luce del sole, ma ogni giorno, accompagnata da una colpevole indifferenza, si consuma una strage silenziosa.

Fonte: The Ecologist