La crisi dell’Indonesia è lo specchio del consumismo globale

L’olio di palma è una sostanza cancerogena… oppure no.
Il dibattito sulla pericolosità di questo grasso vegetale di origine tropicale impazza, assumendo però connotati sterili che offrono un’informazione parziale sul problema, tralasciando quelli che sono i danni reali causati dalla produzione dell’olio di palma.
Innanzitutto va ricordato che questa sostanza non viene utilizzata solo dall’industria alimentare, ma è impiegata anche nella realizzazione di prodotti cosmetici, per l’igiene personale e della casa e per la produzione di falsi biocarburanti.
Focalizzare il dibattito sui danni che il consumo alimentare di questa sostanza porterebbe alla salute del consumatore è un modo per sminuire il problema, promuovendo di fatto una disinformazione funzionale a mostrare solo una parte della verità al consumatore.
Mentre in Italia la questione olio di palma viene affrontata in maniera superficiale e con un mal celato velo di egoismo nei confronti di chi ogni giorno paga sulla propria pelle i danni causati da questo mercato, il Guardian pubblica uno studio condotto da Joshua Oppenheimer che, attraverso la realizzazione del film The Act of Killing, mostra l’influenza che l’abuso dei diritti umani ha sul riscaldamento globale.
Come si può leggere sull’articolo del Guardian:

Cinquanta anni fa, l’Indonesia ha subito un genocidio. I massacri possono essere relativamente sconosciuti, ma la distruzione continua in una maniera terribile, e mette a rischio tutti noi. Nel 1965, l’esercito Indonesiano organizzò delle squadroni della morte paramilitari e sterminò tra 500.000 e un milione di persone che erano state identificate avventatamente come nemici della nuova dittatura militare del Generale Suharto. Oggi, gli assassini e i loro protetti sono agiate figure della classe dirigente la cui impunità, potere politico e capacità di intimidazione persiste.

Una realtà che persiste tutt’ora e che si traduce nella collaborazione tra le forze armate locali e le aziende indonesiane e internazionali.
Un sodalizio che permette alle multinazionali del settore di poter appiccare incendi sui terreni colonizzati in maniera indisturbata e impunita, a discapito della violazione dei diritti umani e delle morti causate tra le specie animali colpite dal mercato dell’olio di palma.

Dal 1965, aziende multinazionali hanno collaborato con le forze armate per impadronirsi di terreni e sfruttare una forza lavoro economica troppo spaventata per chiedere condizioni di lavoro sicure o un discreto salario. (I terreni vengono sequestrati anche per altri usi lucrativi, e spesso illegali, principalmente concessioni per il legname e miniere, che sono analogamente distruttive per l’ambiente.)

Tra l’estate e l’autunno del 2015, 130.000 incendi sono stati appiccati nelle foreste indonesiane, distruggendo 8.100 miglia quadrate di foresta pluviale vergine (un’area più grande del New Jersey o del Galles).incendi indonesia genocidio
Un processo che ha rilasciato nell’atmosfera oltre 1.75 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (pari al totale delle emissioni annuali del Giappone), oscurando i cieli del Sud est asiatico con una nube di fumo chiamata “Haze”.
La coltre di fumo scatenata da questi incendi ha raggiunto 43 milioni di persone, di cui 500.000 hanno necessitato di cure a seguito di malattie respiratorie; una realtà che vede il decesso di circa 110.000 persone ogni anno nel Sud est asiatico a causa di un fenomeno provocato anche dal nostro consumismo.
L’emergenza incendi registrata tra la metà e la fine del 2015 è stata la più grave di questi ultimi anni, una realtà che però si consuma annualmente da ormai vent’anni, sgretolando di fatto ogni sforzo di impedire il riscaldamento globale.

…la deforestazione ha messo seriamente a rischio di estinzione un terzo dei mammiferi dell’Indonesia. E, secondo Pep Canadell, direttore del Global Carbon Project, gli incendi erano “il momento critico globale” che spingeranno il mondo oltre 2 °C, e esattamente nella nota zona di pericolo per il clima del pianeta.

Le istituzioni locali, che dovrebbero impegnarsi nel trovare soluzioni pratiche per arrestare lo sfruttamento delle terre, sono deboli e inefficaci nei confronti della collaborazione tra forze armate e aziende del settore.
Anche l’elezione del Presidente indonesiano Joko Widodo, eletto per le sue credenziali riformiste, si è rivelata inefficace: non è stato in grado di controllare le forze armate né di mantenere la promessa espressa nel corso della sua campagna che prevedeva giustizia in merito alle violazioni dei diritti umani, compreso il genocidio del 1965.

La crisi ventennale patita dalle terre e dalla popolazione (animali umani e non umani) dell’Indonesia in realtà non è una crisi solo indonesiana, ma riguarda tutti, a prescindere dal luogo in cui si vive. Prima di tutto perché gli incendi, le violazioni dei diritti umani, la morte di innumerevoli specie animali, sono dirette conseguenze delle nostre scelte quotidiane in qualità di consumatori troppo spesso disinformati e colpevolmente disinteressati.
McDonald’s, PepsiCo, Unilever, Starbucks, Ferrero, Nestlé, Mulino Bianco, Kellogg’s sono solo alcuni dei marchi a finanziare il mercato dell’olio di palma, utilizzando questa sostanza nei loro prodotti.A5 prodotti odp
Un mercato sostenuto direttamente dal consumatore che, acquistando i prodotti delle multinazionali citate e di molte altre aziende, di fatto approva le pratiche condotte per la produzione di olio di palma (e non solo), macchiandosi a sua volta dei crimini denunciati in questo articolo, alimentando quel fenomeno chiamato riscaldamento globale che è la diretta conseguenza dello stile di vita antropocentrico.