Fabbriche di schiavi, malattie e inquinamento

Abbiamo parlato spesso dello stretto collegamento tra industria della carne e dei derivati animali e quella farmaceutica: un sodalizio che si conclude con il consumatore che, dopo aver arricchito per anni la prima, fa le fortune della seconda curandosi patologie causate dal consumo di proteine animali.
Ma questo è solo l’ultimo atto di un processo che ha le sue origini nella schiavitù e nello sfruttamento animale, un’industria che è alla base dei principali problemi ad affliggere la Terra, come il riscaldamento globale.

(GERMANY OUT) pigs in a factory farm, Germany (Photo by Christian Adam/ullstein bild via Getty Images)

(GERMANY OUT) pigs in a factory farm, Germany (Photo by Christian Adam/ullstein bild via Getty Images)

Il 51% delle emissioni di gas serra sono provocate dall’industria della carne e dei derivati animali, una percentuale che comprende:

  • La distruzione delle foreste per creare pascoli o per produrre mangime che da un lato diminuisce la capacità di catturare anidride carbonica e immagazzinare carbonio (di norma la foresta pluviale ne immagazzina almeno duecento tonnellate per ettaro, mentre nelle zone convertite a pascoli le tonnellate di carbonio immagazzinate per ettaro sono solo otto), e dall’altro, che avvenga tagliando gli alberi o attraverso incendi, rilascia il carbonio immagazzinato nell’ambiente;
  • L’anidride carbonica e il metano prodotti rispettivamente dalla respirazione e dalle deiezioni degli animali non umani rinchiusi negli allevamenti;
  • I gas serra prodotti dagli allevamenti ittici e dalla relativa filiera, comprese le costruzioni e le operazioni che lavorano organismi marini destinati all’alimentazione degli animali non umani d’allevamento;
  • I fluorocarburi necessari in maggior misura per la refrigerazione dei prodotti animali rispetto a quelli di origine vegetale;
  • La cottura, che generalmente comporta temperature più alte e per periodi più lunghi rispetto ai prodotti di origine vegetale;
  • Lo smaltimento di grandi quantità di rifiuti liquidi e prodotti derivati dalla macellazione (ossa, grasso e parti guaste) che emettono grandi quantità di gas serra quando disposti in discariche, inceneritori e corsi d’acqua;
  • La produzione, la distribuzione e lo smaltimento dei prodotti secondari (cuoio, piume, pelle e pelliccia) e il loro imballaggio;
  • La produzione, la distribuzione e lo smaltimento degli imballaggi usati per i prodotti animali, che per ragioni igieniche sono maggiori rispetto a quelli usati per quelli di origine vegetale;
  • Le cure mediche ad alto contenuto di carbonio impiegate sia per milioni di malattie zoonotiche (per esempio l’influenza suina) sia per le malattie croniche e degenerative (malattie cardiovascolari, cancro, diabete, ipertensione) connesse al consumo di derivati animali.

Uno studio recente ha rilevato livelli più elevati di anidride carbonica, metano e protossido di azoto nelle deiezioni di quegli animali non umani trattati abitualmente con antibiotici, una procedura che ha diversi risvolti negativi.
Partendo dal presupposto che è innaturale, antropocentrico e che è violenta ogni pratica relativa all’industria della carne e dei derivati animali, la somministrazione di antibiotici ha origine proprio dalle conduzioni di nonvita alle quali sono costretti gli animali non umani.
La somministrazione di antibiotici non è più esclusivamente funzionale a curare gli animali non umani dalle patologie che si diffondono nei luoghi in cui vengono rinchiusi, ma anche a prevenire le possibili perdite economiche per l’allevatore.
Molti allevatori somministrano basse, ma costanti, dosi di antibiotici agli animali non umani, sia per prevenerire le malattie che per accelerarne la crescita.
L’utilizzo degli antibiotici nell’industria della carne e dei derivati animali è un fenomeno in aumento in tutto il mondo, nonostante questo conduca alla creazione di super batteri resistenti alla tretraciclina, uno dei farmaci più utilizzati, come già era stato verificato nel 1976 in un allevamento di polli.
Va ricordato che gli antibiotici non sono le sole sostanze chimiche somministrate agli animali non umani negli allevamenti che, attraverso mais e soia geneticamente modificati, assumono anche glifosato e pesticidi vari.
Queste sostanze, che finiscono nelle deiezioni degli animali non umani, vengono scaricate a loro volta nei laghi e nei fiumi che circondano gli allevamenti, provocando molto spesso quei casi di moria di pesci che si susseguono ormai ogni settimana, oltre all’inquinamento di falde acquifere e risorse idriche più in generale.

Fonte: Huffingtonpost