Il veganismo non è un marchio

Il panorama di mercificazione nel quale è caduto ultimamente il veganismo porta a dover fare necessarie, quanto doverose distinzioni tra chi conduce la lotta in maniera chiara e radicale, opponendosi alle dinamiche di dominio e prevaricazione ambientale, animale e sociale proprie del sistema capitalista e consumista, e chi invece la utilizza per i propri interessi personali, tramutando in business le istanze di liberazione.
L’estate porta con sé diversi festival, molti dei quali però offrono solo alcuni aspetti del veganismo, quelli più marginali come la salute e l’alimentazione, questioni che vanno comunque affrontate, ma che non esprimono quelli che sono i veri valori di un atto politico che si pone come obbiettivo la liberazione animale, umana, della Terra.
Tra questi ci sono sicuramente i festival condotti, o che vedono la partecipazione di VeganOk, s.r.l. a scopo di lucro che da anni diffonde il suo marchio attraverso un’autocertificazione assegnata senza alcun criterio particolare, se non quello di lucrare sulla causa.
A tale proposito vogliamo riportare la riflessione di Valentina Bianchini che inquadra perfettamente la questione, e aiuta a tracciare la direzione da prendere verso la liberazione totale. Un processo che non può e non deve passare attraverso un reparto vegan all’interno del supermercato né, tanto meno, l’omologazione delle istanze di liberazione da parte dell’industria e di chi, tramite il proprio operato, alimenta quello stesso sistema da cui il veganismo e, quindi, l’antispecismo devono prendere le distanze.veganfestival

Ho pensato molto se scrivere o no questo post. Il rischio è ovviamente quello di sembrare la solita a cui non va bene mai niente che “cavolo, ti fanno un festival veg(etariano) vicino casa e non sei mai contenta”! No, non sono contenta e vi spiego il perché:
VEGAN NON È UNA FETTA DI MERCATO DI CUI APPROFITTARE
1) Bisogna specificare che la scelta vegana non è una dieta ma una filosofia di vita che ha come scopo quello del raggiungimento del diritto di autodeterminazione alla vita tanto per gli animali quanto per gli esseri umani. Questo porta ovviamente ad un consumo critico
non solo in termini di ingredienti ma anche in termini di lotta al consumismo e scelta preferenziale verso l’autoproduzione. La mia idea di festa vegana comprende quindi 1) AUTOPRODUZIONE 2) CONDIVISIONE 3) CONVIVIALITA’. Il VEGetarian fest propone un festival con ingresso a pagamento (5€ oltre ovviamente pagare ulteriori soldi per ciò che farete, mangerete o comprerete) e la sponsorizzazione da parte di diversi partner che nulla hanno a che fare con la filosofia vegana e che potete visionare qui sotto in foto. Oltre a questo il festival è incentrato sulla salute che NIENTE e assolutamente NIENTE ha a che fare con la scelta vegan e SEMMAI ne è una diretta conseguenza.
VEGAN NON È UN MARCHIO
2) Chi non è vegano sicuramente non conoscerà la triste storia di VeganOK, un’AZIENDA che vende (tra le altre cose) una certificazione da apporre su qualsiasi tipo di prodotto (anche contenente prodotti di origine di animale) che ben pochi scrupoli si fa nell’intentare cause assurde pur di continuare ad incassare dollaroni. La storia è veramente molto lunga ed è riassunta all’interno dei seguenti link: Agireora, Veganpress 
Sono vegana da 16 anni e ritengo che questo festival non mi rappresenti e che in definitiva non sia vegano e non meriti i miei soldi perché sarebbero soldi che andrebbero ad oliare una macchina consumistica fondata sui buoni sentimenti altrui e sulla lotta alla
discriminazione, di qualunque specie essa sia.
So che ci andrete lo stesso ed il mio post non vuole essere un monito per farvi cambiare idea. Vorrei solo che affrontaste questo festival con uno spirito critico, vedendo oltre la cortina di buonismo e capendo che ciò che spenderete non aiuterà in alcun modo gli animali.

Torneremo ad affrontare l’argomento nelle prossime settimane: il veganismo non si certifica, l’antispecismo non è un business!