La normalizzazione della repressione

Difficile immaginare sin dove il braccio della repressione possa estendere la propria presa.
Un fenomeno che, contrariamente alla libertà e al buon senso, non trova mura, sbarre e frontiere ad impedirne lo sfogo.
Il processo di criminalizzazione di chi resiste e lotta per la liberazione passa anche attraverso la normalizzazione di quelle pratiche, la guerra ad esempio, ormai metabolizzate nel quotidiano, percepite e assunte come un tassello inevitabile per gli equilibri dell’economia mondiale, ovvero gli interessi di stati e multinazionali.
E mentre viene negata l’acqua a chi manifesta per l’apertura dei porti, la libertà di movimento e la solidarietà internazionale, armi e armamenti circolano senza impedimento alcuno, venduti da Leonardo (ex Finmeccanica) a quegli stessi paesi che le persone sono costretti ad abbandonare a causa di regimi oppressivi alimentati anche grazie al contributo dell’Italia.
Così, nella sublimazione della distorsione della morale, capita anche che un ragazzo partito per la Siria per la seconda volta, unitosi all’unità YPG allo scopo di combattere per la libertà dei popoli e respingere il regime fascista turco di Erdogan (sostenuto da stato e multinazionali italiane), apprenda che al suo rientro in Italia verrà arrestato per aver espresso solidarietà a chi la repressione la mastica ogni giorno.
Una storia che ne rappresenta molte, alcune conosciute, altre taciute o soffocate.
Ma c’è un aspetto che caratterizza questa vicenda, come altre ad essa similari, quella solidarietà internazionale che mai potrà conoscere confini, rappresentata ogni giorno da chi a discapito delle conseguenze resiste e lotta per la liberazione di tutt*!
Riportiamo di seguito il comunicato pubblicato da Paolo Pachino, combattente YPG.

La procura di Torino ha deciso l’aggravamento delle misure cautelari nei miei confronti.
È stata decisa la misura cautelare in carcere.
Il 9 febbraio del 2018 a 5 compagni vengono applicate le firme quotidiane, il divieto di dimora da Torino e un compagno viene arrestato per i fatti del 31 dicembre davanti al carcere delle Vallette, dove il consueto saluto ai detenuti finì per esser caricato dalla polizia.
Dopo un mese e mezzo, consapevole dei rischi a cui andavo incontro, ho deciso di violare le firme per unirmi allo YPG.
Non volevo ritardare la mia partenza solo per l’applicazione delle misure.
Adesso, a distanza di 4 mesi, la procura di Torino presenta il conto inasprendo le misure cautelari, significa che al mio rientro in Italia sarò arrestato.
Certamente non mi meraviglio, me lo aspettavo, adesso è arrivata solo la certezza scritta in un foglio.
Beh, non è che mi aspettassi il tappeto rosso al mio rientro e nemmeno lo desidero, sono consapevole del ruolo repressivo della procura di Torino, uguale a ogni tribunale: strutture nate per formalizzare la repressione e la reclusione.
Intanto mi riprendo il mio presente lottando qui in Siria, era quello che desideravo e nessun tribunale poteva negarlo.
Ci vediamo per le strade, quelle stesse strade e sentieri che ho lasciato per combattere qui in Siria.
Serkeftin.

VM

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La trascrizione di un contributo audio ricevuto da Paolo Pachino nell’aprile 2018, che fa il punto sulla resistenza ad Afrin, la situazione in Rojava, il prossimo obiettivo della Turchia e la conseguente mobilitazione delle unità YPG e YPJ, il ruolo dello stato italiano e della multinazionale Leonardo complici del regime oppressivo e della pulizia etnica condotta da Erdogan