“…la neutralità sarebbe una garanzia di potere.” – dalla ZAD di Bure

Sono monitorato quotidianamente.
Tutte le mie conversazioni sono registrate, i miei gesti, anche i miei movimenti.
Mi è successo anche durante le conferenze pubbliche che ho tenuto all’altro capo della Francia.
In Mandres-en-Barrois non è raro incontrare alla finestra un membro del PSIG (plotoni di sorveglianza e di intervento della gendarmeria).

La testimonianza diretta di Gaspard d’Allens, giornalista attivista di Mandres-en-Barrois, piccolo comune di circa 130 abitanti situato nel dipartimento della Mosa (Francia) alle porte di Bure, dove la multinazionale Andra (tramite la consociata Cigeo) vuole convertire il bosco di Lejuc in una discarica sotterranea di scorie nucleari per lo stoccaggio di 85.000 metri cubi di rifiuti.
Sovvertendo i dettami che vedono e vogliono il giornalismo contemporaneo caratterizzato da imparzialità e assenza totale di opinione personale, Gaspard nel corso della sua esperienza a Bure, ha deciso di esporsi fondendo il ruolo di giornalista con quello di una persona che non poteva vivere con passività gli eventi in corso.

Di fronte all’ordine atomico, la neutralità sarebbe una garanzia di potere.

 

Lo scorso 16 ottobre, senza aver ricevuto nessun avviso in merito, Gaspard ha scoperto di dover affrontare un processo per il blocco di un escavatore risalente al 23 gennaio 2017.
Senza la presenza di un avvocato, la possibilità di poter ribattere e di potersi difendere, il giornalista ha subito un processo per il quale ora rischia 3 mesi di reclusione e una multa di 3.000 euro per aver intralciato le opere i deforestazione in corso nel bosco di Lejuc.
Il pubblico ministero responsabile ha giustificato il mancato avviso dichiarando che il giornalista è stato “radicalmente non rintracciabile”, nonostante Mandres-en-Barrois da oltre un anno si trovi in regime di militarizzazione, video sorvegliata e monitorata casa per casa nell’ambito dell’indagine giudiziaria partita nel giugno 2017 per cospirazione criminale.
Indagine che dall’autunno del 2017 ad oggi si è tradotta in perquisizioni periodiche di abitazioni e luoghi di ritrovo della resistenza.
Gendarmerie appostata alle finestre delle case per fotografare i/le residenti più volte al giorno.
Processi lampo e un crescente numero di arresti che nel giugno 2018, dopo la reclusione di 8 attivisti, ha visto anche quella del loro avvocato difensore e la conseguente perquisizione del suo ufficio.
Un fenomeno di criminalizzazione della resistenza standardizzato su vasta scala, che attraverso una repressione sistematica si abbatte su chiunque muova opposizione contro regimi oppressivi, persecuzioni e devastazioni puntualmente approvate, normate e legalizzate dal sistema stesso.
Un clima intimidatorio volto a smantellare quella resistenza antinucleare che, nonostante 50 processi in corso tra arrestat* e divieti di accesso all’area data in concessione ad Andra, a Bure va avanti da oltre 25 anni, tramite blocchi ed occupazioni che nell’estate 2016 hanno visto nascere una ZAD.
Perché dove c’è repressione segue resistenza, che inevitabilmente muta in ribellione, per la liberazione della Terra e di chi la popola.

PP

Fonti: bastamagcedrareporterre