Autodeterminazione e Liberazione

Un’ora scarsa per abolire 11 aree protette, l’equivalente di 600.000 ettari di terra pari al 3% della superficie dello stato brasiliano del Rondonia.
Con una seduta lampo, il 25 settembre scorso i deputati del suddetto stato hanno aperto le porte all’industria agrochimica e a nuovi progetti minerari convertendo ciò che rimane della foresta amazzonica in aree destinate al saccheggio delle multinazionali che meglio sapranno approfittarne.rondonia
Terra storicamente soggetta al fenomeno del landgrabbing, dagli anni ’70 ad oggi circa l’80% dell’Amazzonia è già stato convertito in monocolture di soia e mais (in gran parte geneticamente modificati): coltivazioni intensive destinate all’ingrasso di quei viventi definiti “da reddito” rinchiusi negli allevamenti che occupano parte della foresta.
Il provvedimento siglato lo scorso 25 settembre rappresenta solo un anticipo di ciò che porterà con sé l’ascesa al potere di Bolsonaro.
Il leader di estrema destra che ha già dichiarato, nel corso della sua campagna elettorale, di voler abolire il ministero dell’ambiente accorpandolo a quello dell’agricoltura, subordinando così l’integrità ambientale a quelle che saranno le priorità dell’agrobusiness.
Uscire dagli accordi sul clima di Parigi, come già fatto in precedenza dal presidente statunitense Trump.
Per quanto la COP21 rappresenti già di per sé uno strumento a totale vantaggio delle multinazionali che speculano sugli equilibri climatici, questa decisione la dice lunga sull’impronta imperialista che Bolsonaro vuole dare al “suo” Brasile.
Ma, sopratutto, cancellare le riserve indigene, aprendole a progetti minerari che ne cancellerebbero la storia, oltre a destabilizzare ulteriormente i già precari equilibri climatici attraverso deforestazione e opere estrattive: l’industria mineraria rappresenta il secondo fattore a determinare il fenomeno del surriscaldamento globale, subito dopo quella della carne e dei derivati animali.
Settore agro-chimico-alimentare (agrobusiness) che ad oggi è riconosciuta come la prima causa di persecuzione e uccisioni di ambientalist* e difensori della Terra, con 57 omicidi registrati nel solo 2017 avvenuti proprio in Brasile.

Facciamo il Brasile per le maggioranze.
Le minoranze devono inchinarsi alle maggioranze.
Le minoranze si adatteranno o semplicemente scompariranno!
(Bolsonaro)

Un panorama di dominio che rischia di espandersi, consegnare Terra e viventi ad un’ulteriore era di neo-colonialismo e sfruttamento legalizzato a totale appannaggio di multinazionali e, più in generale, del regime capitalista.
Non esistono poteri buoni e l’arteria neofascista che al momento attraversa l’America, composta dall’asse Trump-Macrì-Bolsonaro, conferma e rafforza la necessità di una presa di posizione svincolata da ogni deriva che ne conservi anche solo il ricordo.
Da quell’infinita spirale autodistruttiva caratterizzata da anni di delega e asservimento alle briciole concesse dal sistema ben nota anche dalle “nostre parti”, rappresentata da quelle derive penta stellate e poterepartitiche che se un ruolo l’hanno avuto è stato quello di svuotare di ideali movimenti dal basso come quello notav.
La lotta di Liberazione della Terra deve consegnare l’assunto che non esistono devastazioni, dinamiche di dominio e prevaricazione che non riguardino da vicino, come le resistenze di Hambach, delle ZAD e del Rojava suggeriscono.

Oggi la Comune è in Rojava. Ma l’idea della Comune è internazionalista. Non si tratta solo del movimento per la libertà curdo. Rappresenta l’internazionalismo basato sull’idea che finché tutti in questo mondo non sono liberi, nessuno è libero.
(tratto dal sito Agirê Bablîsokê)

Ma perché questo sia realizzabile è necessario prima di tutto liberarsi da quegli scomodi, quanto controproducenti vessilli che rimandano ad una libertà fittizia sempre soggetta a qualche tipo di controllo verticistico, sostituendoli con autodeterminazione e Liberazione volta al rispetto della Terra e di chi la popola.

VM

Fonte: mongabay