Climate Crisis: una questione economica – part 1

dai leader mondiali sentiamo solo parole, bla bla bla…

L’intervento di Greta nel corso della sua apparizione in Italia non lascia spazio a grandi interpretazioni, esattamente come il report pubblicato di recente dalle Nazioni Unite.
La discussione sulla crisi climatica sta assumendo risvolti grotteschi, nonchè egocentrici, in quanto volta più alla tutela degli interessi delle grandi aziende che ad una reale tutela dei vari ecosistemi, questo ancora prima che prenda il via la COP26 in programma per il prossimo novembre in Scozia.
L’approccio settoriale portato avanti da esperti e politici, suddividendo tra di loro argomenti e fenomeni che sono direttamente dipendenti e influenzabili tra di loro come biodiversità, inquinamento, deforestazione, erosione, pesca, è esclusivamente funzionale a preservare le attività economiche.
Secondo la divisione scientifica delle Nazioni Unite, infatti, l’attuale gestione della questione climatica non apre alla possibilità di una ripresa verde.
Escludendo il rallentamento registrato nel 2020 quando il mondo si fermò a causa del Covid-19, le emissioni di anidride carbonica aumentano inesorabilmente.
A prescindere dalle operazioni di greenwashing e degli spot accattivanti sdoganati da diverse multinazionali, l’aumento delle temperature globali sta già alimentando eventi meteorologici devastanti.

Ora abbiamo cinque volte il numero di disastri meteorologici registrati rispetto al 1970 e sono sette volte più costosi. Anche i Paesi più sviluppati sono diventati vulnerabili – capo delle Nazioni Unite.

Nella scorsa estate solo l’uragano Ida ha portato con se piogge da record su New York causando almeno 50 vittime.
A questo vanno aggiunti fenomeni sempre crescenti di incendi ed inondazioni che non si sarebbero potuti verificare senza il contributo dell’operato umano, come sottolineato anche dal dossier stilato da l’agenzia IPCC: Intergovernmental Panel on Climate Change.
Le concentrazioni dei principali gas serra – anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2 O) – hanno continuato ad aumentare nel 2020 e nella prima metà del 2021.
Secondo l’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite, per essere davvero efficaci, gli sforzi per la ripresa da Covid-19 avrebbero dovuto includere o quanto meno allinearsi alle strategie per la prevenzione dei cambiamenti climatici.
Il concetto di salute, infatti,  non può prescindere dalla tutela dell’ambiente circostante e quindi della Terra stessa, intossicata da veleni e rifiuti che ne alterano gli equilibri.

continua…

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