Antibiotici e carne: un amore senza fine!

L’industria della carne e quella farmaceutica sono legate da un filo virtuale che può sfuggire allo sguardo, ma che approfondendo neanche di troppo la questione lo si può scorgere nitidamente.

Il collegamento è lampante se si pensa a come il consumo di carne e derivati sia una delle prime cause a far ammalare: da un lato abbiamo l’industria della carne che ingrassa le proprie tasche sovraproducendo derivati animali che provocano malattie cardiovascolari, obesità e spesso cancro, in chi li consuma, contribuiscono al fenomeno della fame nel mondo privando delle risorse primarie per la sopravvivenza i popoli già in difficoltà (cereali e acqua destinati agli allevamenti animali), sono il frutto di oltre 50.000.000.000 di esseri viventi giustiziati ogni anno, sono la causa del 18% di emissioni di gas serra. Dall’altra parte abbiamo l’industria farmaceutica che, ben lieta dell’operato svolto da quella della carne, ingrassa le proprie tasche spacciando al consumatore farmaci, il cui effetto non è del tutto conosciuto, per rimediare ai danni che il consumo di derivati animali ha provocato alla loro salute.

Ma, se andiamo un po’ più a fondo, possiamo capire come il collegamento tra queste due industrie parta molto prima, al momento della produzione. Infatti, senza ovviamente che il consumatore venga messo al corrente, una buona dose di farmaci e sostanze chimiche varie è già presente nei derivati animali che si consumano, e con questo intendiamo anche il pesce.
Sulle etichette del prodotto finito non è obbligatorio segnalarne la presenza e la stessa cosa vale anche per gli OGM (soia e mais tra i più coltivati) che vengono largamente impiegati nell’alimentazione degli animali; in questo modo, il consumatore viene privato di ogni diritto d’informazione.
La realtà è ben diversa da ciò che viene riportato dalle etichette di carne, derivati e pesce e questo è dovuto dalle condizioni di nonvita in cui vengono costretti gli animali.

Gli antibiotici vengono regolarmente somministrati agli animali negli allevamenti per far sì che sopravvivano alle condizioni innaturali in cui sono tenuti sino al giorno della macellazione, ma anche ai pesci in acquacoltura e alle piante per far sì che non si ammalino in agricoltura, allo scopo di aumentare la produzione.
Le condizioni in cui vengono costretti gli animali negli allevamenti, chiusi in strette gabbie, ammassati gli uni sugli altri, mentre sguazzano nelle loro deiezioni, sono tutti fattori che incrementano il rischio del proliferare di epidemie.

Ma l’impiego sempre crescente di queste sostanze sta causando un fenomeno altamente rischioso: i microbi, i batteri e i virus infatti stanno mutando, si stanno adattando agli antibiotici somministrati agli animali e questo rappresenta un pericolo enorme anche per la salute umana.
Questo ha già portato al mutamento di epidemie come l’aviaria e la sars, che grazie agli antibiotici non hanno fatto altro che modificarsi e rafforzarsi, aumentando così la possibilità di proliferare tra gli animali rinchiusi negli allevamenti e di attaccare le persone, che si ammalano senza neanche sapere il perché.

Per impedire la somministrazione di antibiotici si stanno facendo varie ipotesi: su tutte, quella di tassare gli allevatori che li utilizzano, ma sarebbe come mettere una toppa su uno squarcio enorme.
Gli allevatori riescono tranquillamente a truccare i controlli che vengono effettuati sui vari animali, somministrando loro piccole dosi di farmaci diversi invece che una elevata di un farmaco soltanto: in questo modo, i risultati che si ottengono non fanno registrare tassi ritenuti pericolosi. Tattica, questa, utilizzata per la somministrazione di antibiotici, ma anche per gli anabolizzanti.

A nostro avviso, la soluzione più efficace per eliminare ogni possibile rischio, sferrando così un duro colpo contemporaneamente a due delle principali industrie al mondo, è cessare il consumo di carne, derivati e pesce.

Una scelta nonviolenta, attraverso la quale ne guadagnano la salute, le proprie tasche, la propria coscienza, ma soprattutto che contribuisce a sgretolare un sistema di sfruttamento che direttamente o indirettamente, prima o dopo colpisce tutt* quant*.

fonte: The New England Journal of Medicine