Da Expo 2015 a F.I.C.O.: per un’esposizione permanente dello sfruttamento

Negli articoli scritti finora da Earth Riot sul tema di Expo 2015 è stato possibile conoscere quali saranno le aziende a godere di visibilità; quanto cemento sia costata la realizzazione di questa fiera espositiva; e in che modo si prefigge di affrontare e trovare soluzioni a questioni quali la gestione dei territori, l’alimentazione mondiale, il “benessere animale”.

In questo ultimo articolo della nostra rassegna che, vi ricordiamo, prende spunto dal dossier redatto da Farro&Fuoco, vogliamo affrontare il processo, sempre in crescita, di precarizzazione del lavoro, un aspetto per il quale Eataly offre un importante contributo e che prevede di non arrestarsi, neanche dopo il termine di Expo 2015.

La fiera espositiva milanese durerà la bellezza di sei mesi, un periodo notevolmente lungo che necessita dell’impiego di numerose persone; un vanto per gli organizzatori della manifestazione che in un periodo di crisi mettono a disposizione posti di lavoro.

Peccato che questa resterà solo un’illusione. Oltre a precarizzare il mondo del lavoro, perché non è offrendo un lavoro per sei mesi che si può sistemare la vita di una persona, circa 20.000 delle persone assunte da Expo saranno impiegate a titolo gratuito come volontari, e saranno loro riconosciuti solamente i buoni pasto.

A percepire un vero e proprio stipendio saranno solo 800 persone circa, che comunque si dovranno accontentare di 400/500 euro al mese. I “fortunati” volontari, invece, non solo saranno impiegati gratuitamente, ma dovranno anche spendere soldi per lavorare gratis perché non gli sarà riconosciuto alcun rimborso per le spese di viaggio, bus o treno che sia.

Questo lo si deve a un accordo scaturito nel luglio 2013 tra Expo e i principali sindacati, che prevede appunto l’impiego gratuito di buona parte della forza lavoro atta a far funzionare la fiera.

Le realtà che hanno aderito a Expo 2015 ovviamente non battono ciglio, anzi per loro questo accordo rappresenta solo un’occasione in più per risparmiare soldi ai datti di un mondo del lavoro sempre di più precarizzato.

Abbiamo citato Eataly, perché il suo impegno nel precarizzare il mondo del lavoro andrà anche ben oltre Expo 2015. Ma cos’è Eataly?

Questa realtà nasce tra il 2002 e il 2004 dal desiderio, o meglio la necessità, di Slow Food di assegnare uno scopo remunerativo ai prodotti valorizzati, attraverso la creazione di luoghi sparsi in tutto il paese che permettano la loro esposizione permanente.

Così nel 2007 assistiamo all’apertura del primo negozio Eataly a Torino, che può vantare sugli scaffali i prodotti sponsorizzati da Slow Food.

Eataly, a detta anche del suo principale amministratore, Oscar Farinetti, che nel marzo 2014 ha dichiarato “Cambiamo l’articolo 1 della Costituzione: “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla bellezza””, si pone come polo del lusso, dello sfarzo e dell’esposizione di quei prodotti alimentari frutto dello sfruttamento di miliardi di animali ogni anno (vedi gli articoli sul “benessere animale”).

Una “bellezza”, quindi, incentrata sullo sfruttamento altrui, un primo luogo degli animali non umani, “esposti in teche, venduti sugli scaffali o appesi ai soffitti, da presentare come rappresentazione di un cibo che si definisce “buono, pulito e giusto” e simbolo di messaggio che promette esperienza, salubrità e benessere” (dal dossier di Farro&Fuoco), e poi di quelli umani.

Un approccio che Eataly conduce all’interno dei suoi punti vendita e che manterrà fedele anche per la durata di Expo 2015.

Gli impiegati di Eataly, assunti tramite agenzie interinali, pagati 800 euro al mese per 40 ore di lavoro settimanali (500 se si tratta di part-time), sono caldamente tenuti a essere sempre sorridenti e disponibili nei confronti della clientela nonostante le condizioni contrattuali discutibili. Un aspetto quest’ultimo che viene monitorato anche attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi di controllo, pratica che ricorda multinazionali dello sfruttamento globalizzato come McDonald’s.

Ma la precarizzazione del lavoro, il “Nutrire il Pianeta” con il cemento non sono processi che si arresteranno al termine di Expo 2015. Il piano infatti prevedeva che il giorno successivo alla chiusura della fiera milanese, a Bologna venisse inaugurato il F.I.C.O., un’esposizione permanente dei prodotti commercializzati da Eataly che avrebbe dovuto fare da eco a Expo 2015.da expo a fico

Usiamo il condizionale non perché il F.I.C.O. non si farà, che come ogni “grande opera” la sua realizzazione deve superare ogni ostacolo, ma perché invece che essere inaugurato il 1 novembre 2015 come da programmi, la sua apertura per il momento è slittata a maggio 2016.

F.I.C.O. non è altro che l’ennesima gettata di cemento di cui il Pianeta non necessitava per il suo nutrimento, un simbolo di incoerenza che punta a mettere in bella mostra prodotti alimentari cementificando circa 80.000 mq di territorio bolognese, di cui 55.000 verranno strappati al CAAB (Centro Agro Alimentare Bolognese).

Si tratta, nello specifico, di 9.300 mq dedicati alla vendita di prodotti alimentari, 10.600 mq dedicati alla ristorazione, 27.000 mq dedicati al parco agroalimentare e produzione dimostrativa e 2000 mq dedicati al centro congressi ed eventi. (Tratto dal dossier “La Foglia di Fico”)

L’espressione del “bel paese” di cui si vanta tanto Eataly, quello sfoggio dei prodotti territoriali da conservare e valorizzare, molti frutto di sfruttamento animale, esposti in casermoni di cemento la cui realizzazione ha soffocato una nuova costola del Pianeta.

Una devastazione ambientale che non colpisce solo il territorio prescelto a ospitare F.I.C.O., perché per garantire la giusta affluenza di visitatori a questa fiera permanente è necessaria la creazione di opere collaterali che facilitino gli spostamenti.

Ecco quindi spuntare nuovamente la Tav, una linea ferroviaria dell’Alta Velocità costruita a ridosso del F.I.C.O. Una protesi della stazione centrale di Bologna che ha come scopo quello di potenziare la linea Milano-Bologna, con la conseguenza di veder probabilmente scomparire altri treni regionali a costi contenuti affinché i viaggiatori siano costretti a scegliere le Frecce.

Ovviamente le proteste rivolte a questa nuova espressione di debito, cemento e precarietà non si sono fatte attendere e non mancheranno nei mesi che seguono. Lo scorso ottobre alcun* attivist* hanno ripulito una rotonda non distante a dove sorgerà il F.I.C.O. e al centro hanno piantato un fico esponendo la frase: “questo è l’unico FICO che ci piace a Bologna”, una forma di protesta nonviolenta alla devastazione ambientale che portano queste “grandi opere”. (Per rimanere informati sulle mobilitazioni contro F.I.C.O. vi invitiamo a seguire il blog di riferimento.)

Da Expo 2015 a F.I.C.O., multinazionali in vetrina, precarizzazione del lavoro, cementificazioni di terreni contadini, aree verdi e cittadine, debito pubblico, sfruttamento animale e nutrimento solo per i soliti potenti.

Ora che conosci la vera faccia di Expo, da maggio a ottobre 2015 prendi le distanze da Milano, oppure unisciti a chi dedicherà il proprio tempo all’organizzazione di manifestazioni atte a far circolare le giuste informazioni.

Contro le dinamiche di dominio messe in pratica dalle multinazionali e da un mercato che non punta a nulla di nuovo se non a confermare l’unica idea di progresso malato espressa fino ad ora: l’esaurimento di ogni risorsa di cui il Pianeta dispone; la prevaricazione delle specie animali ritenute inferiori; l’impoverimento di quella parte di popolazione sacrificabile per i propri guadagni.

Non restare a guardare, prendi posizione e sii parte di un cambiamento mirato a costruire un futuro sostenibile a livello ambientale, contrassegnato dal rispetto per il Pianeta che ci ospita e per ogni specie vivente che lo abita insieme a noi.

Leggi gli altri articoli su Expo 2015