Da Samarco a Belo Monte: le dighe della paura

L’eco delle vittime della tragedia causata dalla Samarco risuona ancora, ma al governo brasiliano sono bastati diciannove giorni per dimenticare quello che è stato definito “il disastro ambientale più grave nella storia del Brasile”.fango brasile samarco

Il 5 novembre scorso, due dighe di proprietà della ditta mineraria Samarco sono crollate riversando tonnellate di fango tossico sui villaggi circostanti, seppellendo quello di Bento Rodrigues, causando 12 vittime, 500 sfollati, lasciando 280 mila persone senz’acqua, per poi inquinare il rio Doce e raggiungendo infine l’oceano Atlantico. Si scopre adesso che la licenza rilasciata a Samarco per poter condurre indisturbata le operazioni di estrazione mineraria era scaduta già da due anni.

Neanche venti giorni dopo, precisamente il 24 novembre, l’IBAMA (Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili), capovolgendo il suo stesso report del 22 settembre scorso, ha autorizzato la licenza operativa alla diga di Belo Monte, andando contro ogni diritto dei popoli indigeni colpiti da questo progetto.belo monte

Quello di Belo Monte si pone come il 3° più grande progetto di centrale idroelettrica al mondo, un complesso che prevede la realizzazione di almeno 4 dighe, 27 bacini, 3 canali di rifornimento, 7 canali, costruito sul fiume Xingú, nello stato del Pará.
La licenza rilasciata da IBAMA viola chiaramente gli impegni presi da parte del Brasile riguardo i diritti umani internazionali, specialmente per quanto riguarda il rispetto delle comunità indigene del bacino del fiume Xingú.
Tale licenza ha una validità di sei anni; il prossimo passo prevede riempimento di due delle riserve della diga nel fiume Xingú, un affluente del Rio delle Amazzoni, un progetto che non tiene conto delle condizioni necessarie a garantire la vita, la salute e l’integrità delle comunità colpite, ovvero l’accesso a servizi essenziali come acqua, igiene, servizi di salute e altri basilari diritti umani delle popolazioni sfrattate.
L’approvazione della licenza operativa di Belo Monte è giunta giusto sei giorni prima dell’inizio del summit di Parigi sul clima e, una volta operativa, Belo Monte emetterà gas serra inclusi diossido di carbonio e metano; quale terza diga più grande al mondo, contribuirà significativamente al cambiamento climatico.
Autorizzando Belo Monte, il governo brasiliano sta inviando un terribile messaggio al mondo, ignorando gli impegni internazionali per la protezione dei diritti umani e per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, fornendo invece un esempio di come non dovrebbe essere prodotta l’energia nel XXI secolo.
Un modo ignobile, quello del governo brasiliano, di rendere omaggio alle vittime del disastro di Samarco, quasi ignorate come tutte quelle persone rimaste senza casa e quelle tribù indigene decimate da questo falso progresso, esempio lampante di quella cultura del dominio che prevarica ambiente, persone e animali.

Fonte: AIDA