Dalla Malesia all’Italia: i danni globalizzati dell’olio di palma!

frutti di palma, da cui si spreme l’olio

I danni provocati da questa sola sostanza sono sempre più evidenti: fino a pochi mesi fa la sua esistenza era ancora poco conosciuta, oggi sappiamo che le diciture grasso o olio vegetale segnalano la presenza di olio di palma all’interno dei prodotti.
Ma il suo utilizzo non si ferma esclusivamente al mercato alimentare: lo troviamo anche in quello della cosmesi e ultimamente si parla molto del possibile impiego come biocarburante.
L’olio di palma, però, non possiede i requisiti necessari per poter rientrare nella categoria degli oli vegetali utilizzati come biodiesel. Infatti, causa un tasso di inquinamento molto alto, rende l’aria irrespirabile e malsana, emettendo nell’ambiente policlorobifenili (PCB), una sostanza altamente tossica alla pari, forse anche superiore, alla diossina.

i veleni industriali che finiscono direttamente nei Regi Lagni, canali di bonifica che attraversano le province campane

Dati, questi, emersi anche grazie ai fatti che stanno accadendo ad Acerra, nel napoletano, con le continue proteste nei confronti dell’industria Friel (centrale a biomassa), la cui attività sta inquinando tutta l’area, comprese le falde acquifere, zone già provate dalle azioni di altre aziende avvelenanti.
I comitati che nei giorni scorsi hanno presidiato la zona (Comitato zero rifiuti industriali, Donne del 29 agosto, Coordinamento fuochi, M5S e altri) chiedono l’immediata chiusura dello stabilimento, che, tra l’altro, avrebbe ottenuto l’autorizzazione dalla Regione senza che sia stata effettuata la Valutazione di Impatto Ambientale.
Noi, ovviamente, condividiamo la volontà di far chiudere questa industria ed esprimiamo la nostra solidarietà agli abitanti del luogo costretti a respirare un’aria che mette a serio rischio la loro vita. Una questione che dovrebbe sensibilizzare tutti, ennesimo esempio di come la salute delle persone sia un aspetto ritenuto di poco conto se confrontato agli interessi e alla possibilità di guadagno… esattamente come accade in Malesia e nei paesi dove vengono coltivate le palme da olio.
Le monocolture di palme da olio stanno mettendo in ginocchio le foreste dell’Amazzonia e del Borneo, contribuendo alla già massiccia deforestazione e segnando la vita delle tribù, dei popoli e degli animali che abitano quelle zone.
Queste piantagioni prendono il posto delle foreste ricche di specie vegetali e animali e dei terreni agricoli, unica forma di sostentamento dei popoli locali, privando così di casa e di cibo persone e animali.

Malesia: cucciolo di elefante che giace accanto al corpo della madre morta avvelenata dai pesticidi.

In questi giorni, in Malesia sono stati rinvenuti i corpi senza vita di 10 elefanti deceduti a causa dei pesticidi, veleni largamente utilizzati sulle monocolture per accelerare la crescita delle piante e quindi la produzione.
Gli animali, nutrendosi delle piante che circondano le monocolture di palme da olio, rimangono avvelenati, a causa dei pesticidi dispersi nell’ambiente che attaccano anche gli altri vegetali e inquinano le falde acquifere.

Aria, acqua, foreste, persone, animali: la coltivazione e produzione dell’olio di palma coinvolge tutti quanti, direttamente e indirettamente, attraverso i prodotti alimentari, cosmetici o tramite biocarburanti che di etico e sostenibile non hanno nulla.
Evitare i prodotti che contengono questa sostanza è già un passo importante, spiegare al prossimo perché andrebbero evitati contribuisce a diffondere la conoscenza e la prevenzione, e se la domanda cala anche la richiesta calerà, rallentando così la produzione di olio di palma fino, speriamo, a farla cessare.

Segnaliamo una petizione di cui Earth Riot è promotore, volta alla cessazione di importazione e al divieto di un’eventuale produzione di olio di palma nei confini dell’UE.
Per scaricare il modulo da stampare (possibilmente su carta riciclata) e da compilare, clicca qui.
Sui moduli stessi sono indicate le istruzioni per inviarli una volta compilati.

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