Eccidi contemporanei… che restano nel silenzio

La prossima domenica si celebrerà la Giornata della Memoria, per non dimenticare l’Olocausto, ricordare ogni singola vittima di quegli anni di oppressione, discriminazione e violenza, per ricordare ogni persona che è stata partigiana e che si è schierata dalla parte opposta, sacrificando la propria vita per ideali di uguaglianza, democrazia e libertà, per la liberazione dal nazifascismo.
Gli orrori che avevano luogo nei campi di concentramento sono rimasti e devono rimanere nella memoria come esempio di quanto possa arrivare a compiere la natura umana… perché ciò che è accaduto durante quegli anni non si ripeta mai più, ci hanno sempre detto.
Nel mondo, da allora, sono cambiate molte cose: qualcuno dice che ci siamo “evoluti”, che il genere umano è progredito. Ma proprio questo progresso ha fatto sì che le oppressioni proseguissero e che ancora al giorno d’oggi vi siano persone dominate, sfruttate, usate e poi gettate via, considerate inferiori e quindi eventualmente sacrificabili, unicamente per i propri interessi.
I campi di concentramento così come li abbiamo studiati sui testi di storia non esistono più, ma questo non toglie il fatto che, ogni giorno, in qualche angolo del Pianeta, si consumi uno sterminio ai danni di quelle

ragazza Suri – Etiopia (foto di www.survival.it)

popolazioni indigene, di quelle tribù spesso ritenute un intralcio da corporazioni che ci vogliono vendere un falso progresso.
I regimi oppressivi finanziati, voluti e incoraggiati da queste multinazionali senza scrupoli, principalmente petrolifere, minerarie e agroalimentari, difficilmente giungono all’attenzione pubblica: a causa del loro operato, migliaia di persone scompaiono ogni anno senza che di loro rimanga traccia, alcun ricordo, memorie cancellate dalla faccia della Terra,  dalla storia dell’umanità.
Intere popolazioni spazzate via all’insaputa di molti, grazie all’economica amicizia che regge tra queste multinazionali criminali e la maggior parte dei mass media internazionali, che fin troppo facilmente si vendono ai migliori sponsor.
Popoli indigeni la cui unica colpa è quella di abitare da sempre aree, foreste incontaminate che fanno gola a queste aziende.
Terre, la cui sopravvivenza è strettamente legata a quella delle tribù che le abitano, che da millenni contribuiscono a preservare attraverso il loro stile di vita sostenibile e rispettoso delle risorse che la natura offre, tutti aspetti in maggioranza sconosciuti da quella parte del mondo “civilizzato”, ma solo a parole.

Tribù indigene dell’Amazzonia come gli Awa, la più minacciata al mondo, che conta solo poco più di 300 membri ancora in vita, o gli Akuntsu, ormai solo cinque oggi, ma mentre scriviamo potrebbero essere rimasti addirittura in quattro o forse tre…
I Guaranì-Kaiowa, che hanno minacciato più volte il suicidio collettivo pur di non vedere le proprie terre sotto il dominio delle corporazioni e di chi le sfrutterebbe.

Ken Saro-Wiwa e gli altri otto attivisti uccisi dalla Shell e dal governo nigeriano in combutta, nel 1995.

La tribù degli Ogoni in Nigeria, il cui portavoce, Ken Saro-Wiwa, fu impiccato il 10 novembre del 1995 insieme ad altri otto membri, per essersi opposto ai regimi oppressivi condotti dalla Shell verso il suo popolo e le loro terre.
Le tribù dei Penan e dei Dayak abitanti delle foreste del Borneo, che ogni giorno devono lottare per la salvaguardia della propria casa e della propria vita, minacciate dalle opere di deforestazione provocate dalle colture di palme da olio e dal traffico illegale di legna.
La stessa cosa accade in Ecuador, dove la tribù di Sani Isla, una comunità di circa 400 abitanti del villaggio di Kichwa, ha dichiarato di essere pronta a combattere fino alla morte pur di proteggere un territorio che copre 70 mila ettari di foresta pluviale. Zone che sono minacciate dalla Petroamazonas, una delle più grandi società petrolifere del Sudamerica.
Mentre, in Etiopia, qualche settimana fa, 150 persone tra uomini, donne, bambini, facenti parte della tribù Suri, sono stati assassinati dalla milizia militare governativa nel nome del dio denaro. Tutte persone che il governo locale doveva sfrattare per impadronirsi delle terre in modo da consegnarle a corporazioni estere.

animali non più soggetti, ma oggetti: carne fredda, merci pronte per essere vendute.

I campi di concentramento così come erano ieri non esistono più, ma questo non toglie il fatto che attorno a noi ogni giorno si erigano lager contemporanei figli di una presunta supremazia di una specie sulle altre.
Allevamenti intensivi
e non dove

animali uccisi per il loro pelo: il resto di un cappotto, sfizio della vanità, causa di tortura e morte.

quotidianamente vengono sacrificati 15000000 di animali a causa delle nostre scelte culinarie e della società in cui cresciamo; laboratori dove la sperimentazione animale viene perpetrata perché al mercato non interessa curarci definitivamente, ma solo renderci meno sofferenti di tanto in tanto e sempre più dipendenti dai farmaci; e altri allevamenti ancora, nei quali gli animali sono rinchiusi e uccisi, in nome della vanità e della lussuria,  per la loro pelle e la loro pelliccia.

Questi sono solo alcuni degli stermini che ancora oggi nel mondo si consumano: chissà quanti popoli, persone e specie scompaiono senza che se ne sappia nulla, noi abbiamo cercato di dare voce e memoria ad alcuni di loro.
L’articolo di oggi è dedicato alla Memoria, a quella di chi non è sopravvissuto agli orrori di 68 anni fa e a quella di chi oggi scompare nel silenzio di un’indifferenza figlia della distanza, che fa osservare solo ciò che succede sotto casa, e a volte neanche quello, facendoci voltare le spalle ai fatti sgradevoli che è più semplice ignorare.
Mentre la verità è che nessuno è realmente distante, siamo tutti abitanti dello stesso Pianeta e questo dovrebbe portarci ad essere solidali e a sentirsi vicini al prossimo, ovunque e chiunque esso sia.

Diamo memoria a chi ha perso la propria vita soffocata dall’oppressore! 

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