Evoluzione? La rivoluzione verde di nome, ma non di fatto.

Nata per offrire una soluzione al problema della fame nel mondo, la Rivoluzione Verde non ha fatto altro che condannare maggiormente le popolazioni dei paesi cosiddetti in via di sviluppo così come i terreni e la biodiversità.
Questa “ri(n)voluzione” dal nome ingannevole vede i suoi albori negli Stati Uniti verso la fine della Grande Guerra, grazie alle ricerche condotte dalla Rockfeller Foundation, che puntavano ad incrementare le rese dei raccolti attraverso l’uso di fertilizzanti chimici. 
È in questi anni che hanno origine le prime grandi minacce alla sopravvivenza della biodiversità. 

Lo scopo di tale rivoluzione era la crescita dei raccolti e delle rese, ma invece che rappresentare una fonte di indipendenza economica e di sopravvivenza alimentare per quei popoli che soffrivano la carestia, presto questi processi non fecero altro che schiacciare i piccoli agricoltori. 
La quantità a discapito della qualità prese subito il sopravvento, così come i costi sui benefici; le conseguenze di quello che sta accadendo oggi hanno origine in quegli anni.
I piccoli agricoltori, ai quali venivano promesse grandi rese dei raccolti tramite l’utilizzo di fertilizzanti chimici, dovettero presto passare dalla produzione mirata alla propria sopravvivenza a quella funzionale a poter acquistare queste sostanze dalle grandi aziende. 
Le stesse ditte intanto procedevano con la riconversione dei terreni in monocolture di quelle specie che offrivano più resa, tutto questo gradualmente, ma neanche troppo lentamente: questo fu l’inizio della fine per la sopravvivenza e la fertilità dei terreni.
L’utilizzo delle sostanze chimiche nell’agricoltura non fece che aumentare, segnando l’impoverimento dei terreni e l’insorgere della desertificazione.
La produttività di questi divenne funzionale alla quantità di sostanze chimiche utilizzate sulle monocolture, che ormai avevano sostituito le colture spontanee e la ciclicità dei raccolti: migliaia di acri di terra venivano ormai impiegati per l’agricoltura di sole due o tre specie vegetali.
Rapidamente arriviamo ai giorni nostri, un’epoca nella quale tutte questo è stato spinto all’estremo, facendoci giungere alla minaccia OGM (ormai piuttosto diffusa nelle Americhe, in particolare al nord, fortunatamente ancora contenuta in Europa – ma per quanto?), una seconda Ri(n)voluzione Verde che, se dovesse avvenire ed espandersi, come desiderano le grandi multinazionali ingorde di denaro, segnerebbe la condanna definitiva per le poche aree verdi e fertili ancora esistenti sul Pianeta e la conseguente morte della biodiversità.
Tutti rischi tangibili ed evidenti che stiamo già correndo: ogni giorno, ormai, ci giungono notizie di esperimenti condotti da multinazionali come Monsanto, finalizzati a mischiare geni differenti per rendere le piante immuni ai pesticidi utilizzati sulle colture, pesticidi prodotti e commercializzati dalle stesse multinazionali manipolatrici.

L’ultima raccapricciante notizia giunge da Tokyo: i ricercatori dell’Istituto nazionale di Scienze Agrobiologiche di Tsukuba stanno conducendo degli studi che prevedono l’innesto nella pianta di riso di geni provenienti dal fegato umano. 
Questa manipolazione genetica renderebbe la pianta immune all’esposizione di 13 diversi erbicidi: ai consumatori verrebbe quindi consegnato un alimento che contiene una parte di loro stessi, una sorta di cannibalismo del XXI secolo.

Quello che spesso non si dice quando si parla di pesticidi, però, è il loro devastante impatto ambientale, oltre che sulla salute umana e non, che non va a danneggiare solo quei terreni direttamente trattati e quelli loro vicini, ma arriva sino ai poli, contribuendo all’aumento di CO2 nell’atmosfera terrestre e al conseguente surriscaldamento globale. 
A chi interessato ad approfondire questa tematica, segnaliamo Silent Snow, un documentario di Jan van den Berg, che il prossimo 21 maggio sarà proiettato al cinema Busnelli di Dueville (VI), alle ore 21.

Si rende sempre più necessario, quindi, il ritorno a metodi di coltivazione originari, antichi, che non prevedano l’impiego di OGM e di pesticidi. Come sta accadendo in India, ad esempio, dove la natura ha vinto sui cibi Frankenstein grazie ad una tecnica che permette di ottenere grandi rese proprio nelle piantagioni di riso, senza l’utilizzo di alcuna sostanza chimica e con un ridotto consumo di acqua. 
Ma ricordiamoci che gli OGM non si nascondono solo tra le specie vegetali: negli Stati Uniti da qualche mese è stato perfezionata la produzione di una specie di salmone-GM la cui commercializzazione è già stata permessa.
I rischi per la sopravvivenza delle specie indigene e degli ecosistemi coinvolti sono alti, quelli inerenti alla salute delle persone invece non sono ancora chiari, ma niente di tutto questo ha impedito di introdurre sul mercato alimenti come il salmone-GM e senza alcuna indicazione sull’etichetta.
Alcune catene di supermercati (Trader Joe’s, Aldi,Whole Foods, PCC natural markets) si sono già ribellate, dichiarando che boicotteranno la vendita del salmone Frankenstein: Crediamo che non sia sostenibile, né salutare – ha detto un loro portavoce – dovrebbe essere chiaro a tutti che quando un pesce cresce in metà tempo, allora consuma risorse e inquina l’ambiente con il doppio della velocità. 

La Rivoluzione, quella vera, per la tutela dell’Ambiente, della biodiversità e della propria salute parte da ognuno di noi. 
Documentiamoci, informiamoci ed informiamo, privilegiamo il chilometro zero, evitiamo le grandi marche e i prodotti con etichette non chiare, ricerchiamo semi o produttori che utilizzano semi tradizionali e autoproduciamo tutto il possibile. 

Ogni piccolo gesto può fare la differenza!