Expo 2015: “benessere animale” (parte 1)

Nuovo appuntamento con la nostra rassegna di articoli di denuncia su Expo 2015, che prendono spunto dal dossier Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo 2015, redatto da Farro&Fuoco.

Oggi vogliamo puntare il riflettore sulle aspirazioni di questo “grande evento” nel porsi come piattaforma di lancio per la risoluzione di problemi come la fame nel mondo e la valorizzazione delle risorse primarie per la sopravvivenza di tutti, senza che questo incida su ciò che loro definiscono “benessere animale”.
Quella di oggi sarà la prima parte di un articolo che tocca una vastità di punti, i quali necessitano di tempo e spazio per essere approfonditi a dovere.

In questi ultimi tempi supermercati, marchi, multinazionali, responsabili del settore alimentare in generale fanno sempre più sfoggio di un termine divenuto ormai un vero e proprio slogan pubblicitario: “benessere animale”, appunto, una sorta di etichetta che vuole rendere etico, giusto e sostenibile ciò che è l’esatto contrario, mondandolo di ogni sorta di peccato commesso. Non agli occhi di un qualche dio, in questo caso, ma a quelli della massa.
Attraverso questo slogan, sdoganato con forza, non si cela altro che l’intento di ripulire l’immagine dell’industria alimentare (quella della carne e dei derivati animali in particolare), facendo pervenire al consumatore un messaggio distorto che gli permette di non provare alcun senso di colpa quando procede con l’acquisto di un prodotto che un tempo era una vita, un individuo. Ma andiamo con ordine.

Gli organizzatori di Expo 2015, “per spiegare le sfide, le opportunità e le occasioni di crescita”, al momento del lancio della fiera hanno commissionato la costruzione di alcune statue a Dante Ferretti, espressioni d’arte che potessero incarnare i valori espressi.
All’aereo porto di Milano Malpensa è così apparsa la statua chiamata Norcinello che, in teoria, dovrebbe esprimere ciò che Expo 2015 si prefigge per il futuro, ciò che vogliono intendere per alimentazione salutare, sufficiente per tutti e priva di sofferenza altrui.Expo2015Norcinello

Un uomo composto da salumi e formaggi, alimenti tutt’altro che indispensabili per l’alimentazione, che brandisce una scure sulla quale giacciono i cadaveri di due polli, un coniglio morto attaccato alla cinta e il cadavere di una gallina nella borsa.
L’espressione di una società violenta, prevaricatrice, che punta al dominio di specie ritenute inferiori e alla prevaricazione sociale di chi non si può permettere i “prodotti” esposti.
Una statua che incarna perfettamente le pratiche messe in atto nel quotidiano da un’industria della carne e dei derivati animali che ogni anno priva della libertà e della vita quasi 60 miliardi di esseri viventi.
Non solo: una statua che incarna ciò che è sempre stato. La storia dell’umanità non è fatta che di prevaricazioni del “più forte” sul “più debole”, si tratti di un animale, di un pezzo di terra o di un altro essere umano. Con la statua del Norcinello, che dovrebbe incarnare ciò che verrà per l’umanità secondo Expo 2015, Ferretti non fa altro che urlare a gran voce che il futuro non è altro che una ristampa dalla miglior copertina di quel che è stato il passato.

Ma oltre a sminuire la perdita di vite per la produzione di carne e derivati, questa ”opera d’arte” vuol far intendere a quale fetta di mercato l’industria voglia rivolgersi: quella che possa garantire i più alti guadagni e la possibilità di continuare a sfruttare ogni risorsa di cui il pianeta dispone, sia essa vegetale o animale.
Invece di veicolare il desiderio di dare maggiore valore ai prodotti che per natura la terra offre e che, se gestiti nel giusto modo, sarebbero più che sufficienti a garantire l’alimentazione e la sopravvivenza di ogni persona, Expo 2015 non esprime solo violenza verso gli animali non umani, ma anche prevaricazione sociale nei confronti di quelle popolazioni che non sono ritenute garanzia di guadagno per l’industria.
Valorizzare un’alimentazione basata sul consumo di carne, pesce e derivati animali non fa altro che potenziare un problema come quello della fame nel mondo, flagello di quelle popolazioni che vengono private dei terreni adibiti a monocolture intensive di mais e soia geneticamente modificati che hanno un’unica destinazione: l’industria della carne.

E, tornando a citare il motto di Expo 2015 Nutrire il Pianeta, Energia per la vita, è giusto sapere che la produzione di carne e derivati animali è tra le prime cause per le emissioni di gas serra nell’atmosfera (18%), oltre al fatto che gli allevamenti animali e le consequenziali monocolture intensive hanno divorato più dell’80% della foresta amazzonica.
Questo approccio non fa altro che rafforzare le dinamiche di dominio sulle altre specie e sull’ambiente da una parte e quelle di prevaricazione sociale di altre popolazioni dall’altra, non facendo intravedere alcun cambiamento all’orizzonte che possa dimostrare quanto reali siano le intenzioni di tutelare il pianeta.
Ma questo si sarebbe già dovuto capire quando gli organizzatori di Expo 2015, nel 2013 mutarono drasticamente il progetto con il quale cinque anni prima Milano fu scelta come città che avrebbe ospitato la fiera che, in origine, avrebbe dovuto essere incentrata su cibo, nutrizione, biodiversità, risorse ambientali e sostenibilità.
Nel 2013 però la direzione di Expo cambia orientamento rinunciando a mostrare orti e produzioni contadine, per affidarsi all’esposizione dei soliti noti, multinazionali e prodotti industriali.
Un cambio di direzione rafforzato anche dalla firma di accordi con alcune realtà alle quali affidare spazi e visibilità, oltre alla gestione della vendita dei biglietti in cambio di ottime percentuali, la ricerca della forza lavoro e la gestione dell’aspetto alimentare. Parliamo di Slow Food, Eataly e Coop.

Nel prossimo articolo vedremo nel dettaglio chi sono queste realtà e quale sia la loro concezione di “benessere animale”.

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