#IONONLOGUARDO: dal Brasile al Qatar, passando per la Russia

Buongiorno, ribelli. Con oggi vogliamo rilanciare ufficialmente la campagna contro la FIFA che già avevamo proposto in occasione del mondiale di calcio brasiliano dello scorso anno con lo scopo di denunciare gli atti di oppressione condotti dalla federazione calcistica ai danni del popolo brasiliano, e per sensibilizzare l’opinione pubblica.

Il prossimo mondiale di calcio si terrà in Russia nel 2018, ma con la campagna #StopFifaSlavery #Iononloguardo vogliamo innanzitutto portare la vostra attenzione su quanto sta accadendo già da molto tempo in Qatar per la realizzazione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento del mondiale 2022, anche attraverso il logo che vi proponiamo, studiato appositamente per denunciare lo sfruttamento dei lavoratori. stop fifa slavery iononloguardo

Ovviamente terremo monitorata anche la situazione in Russia, dove gli atti di discriminazione sopratutto di genere potrebbero contrassegnare anche questa manifestazione, come già accaduto per le scorse olimpiadi di Sochi. Per il momento però è doveroso segnalare e puntare il riflettore sulla situazione in Qatar dove, a sette anni dall’inizio del mondiale di calcio, sono già 1.300 i lavoratori deceduti nei cantieri, una cifra che purtroppo pare destinata a salire: potrebbero essere 4.000 mila le vittime totali da oggi sino al 2022.

Già un anno fa vi avevamo parlato delle condizioni alle quali sono sottoposti i lavoratori, che devono lavorare per 8 ore al giorno sotto temperature che raggiungono picchi di 50 gradi. La maggior parte dei lavoratori impiegati sono migranti provenienti dai paesi vicini, ai quali pare venga garantito un salario maggiore di quello che percepirebbero nel loro paese, come accaduto ai pakistani che in 200.000 sono giunti in Qatar. Ma centinaia di persone sono giunte anche da Nepal, India e Bangladesh, paesi che fino ad ora hanno perso complessivamente 964 dei loro connazionali, in un mondo che non conosce confini solo quando si tratta di sfruttamento e schiavitù.

Qualsiasi morte bianca è inaccettabile e purtroppo ogni anno si registrano numerose tragedie figlie del disinteresse, della speculazione, di un mercato inesorabile che pretende tutto e subito, tralasciando troppo spesso i diritti delle persone a favore del mero guadagno. Gli esempi saltati agli onori delle cronache di questi ultimi anni si chiamano Rana Plaza (Bangladesh), crollo di uno stabilimento che ha causato 1.135 vittime, e Kentex Manufacturing Corporation (Filippine), dove un incendio ha provocato la morte di 72 persone. Chissà quanti altri casi avvengono ogni giorno nel mondo senza che ne venga data notizia perché ritenuti, come si suol dire nel mondo giornalistico, non “notiziabili”.

Con questa campagna informativa e di denuncia non vogliamo limitarci a puntare il riflettore unicamente su quanto sta accadendo in Qatar, ma cercare di stimolare una sensibilità che porti a essere solidali nei confronti di tutte quelle situazioni in cui la vita viene calpestata e strumentalizzata sempre in nome del dio denaro, destinato alle tasche altrui. Tutto questo raggiunge dimensioni agghiaccianti se si pensa al costo di ogni partita del mondiale 2022 in Qatar; non stiamo parlando di soldi, ma delle 62 persone che si stima perderanno la vita per la realizzazione di ogni partita, costruendo i seggiolini, le tribune, gli spalti, le scalinate e tutto il necessario affinché il pallone possa rotolare inesorabilmente ancora una volta, per il guadagno di pochi e il sacrificio di molti.

Quello che lanciamo oggi è un appello rivolto a tutt*, a chi ancora crede che la vita possa valere di più del denaro. Forse non riusciremo a impedire lo svolgimento del mondiale in Qatar, però possiamo fare in modo che sia un fallimento, e soprattutto che ogni morte bianca venga ricordata affinché si possa mettere un freno definitivo a tutto questo.