Le multinazionali aprono i portafogli e il referendum I-522 fallisce, ma…

5/11/2013 – Le multinazionali pro OGM tremano, ma per il momento la passano liscia.

Fallisce infatti il referendum in programma nello stato di Washington sulla proposta di legge I-522 che, in caso di fosse passato il fronte del sì, avrebbe determinato l’obbligatorietà dell’etichetta sui prodotti geneticamente modificati.
Le multinazionali del settore possono tirare un sospiro di sollievo, ma solo per il momento, dicevamo, perché lo scarto tra favorevoli e contrari non è stato poi così elevato: 45,2% a 54,8%.

Le riflessioni da fare sono comunque molte; non comprendiamo per quali ragioni le persone che hanno votato no all’etichetta obbligatoria non siano interessate a conoscere con chiarezza ciò che consumano, ma per tutta la campagna e durante la votazione di ieri vi sono stati molti aspetti oscuri che è il caso di evidenziare.
Innanzitutto la controcampagna ideata dalle lobby del settore allo scopo di far fallire il referendum, un chiaro segnale di come temano un tale provvedimento e di come abbiano molte cose da nascondere. Ingenti somme di denaro sono state investite perché passasse il NO alla I-522: a intervenire maggiormente sono state la anche ben troppo nota Monsanto con un investimento di 4,5 milioni e la DuPont Pioneer con 3,2 milioni di dollari, ma ad esser finita nell’occhio del ciclone a causa della scarsa trasparenza sul’identità dei singoli donatori è stata un’altra organizzazione.

Le somme investite dalle multinazionali pro OGM nella campagna contro il referendum I-522

Si tratta della Grocery Manufacturers Association che per questo motivo è stata citata in giudizio dal procuratore generale di Washington Bob Ferguson; tale provvedimento ha svelato chi si celasse dietro questo gruppo di facciata: Pepsico, Coca Cola, Nestlè Usa e General Mills. Questo, intanto, aiuta a chiarirci ulteriormente quali siano le corporazioni a fare uso di OGM e quanto ci tengano, però, a rimanere nell’anonimato (ma, quindi, se vogliono nascondersi, non li ritengono forse un tale vanto?).

Non risulta, invece, che abbiano offerto il proprio contributo economico alla controcampagna, ma vi sono tante altre multinazionali a fare uso di organismi geneticamente modificati nei prodotti che commercializzano. Ne citiamo alcune: Kellogg’s, l’italiana Ferrero e quindi Nutella e tutti i prodotti Kinder, Unilever, P&G, Kraft, Mars, Heinz, McDonald’s, senza dimenticare Cargill che, come Monsanto, conduce esperimenti in laboratorio per poi rifornire di OGM l’intero Pianeta.

Come per i marchi appena menzionati non vi è alcuna obbligatorietà di riportare sull’etichetta la presenza di OGM, la stessa cosa vale per gli alimenti di origine animale in commercio (carne, latte e derivati, uova, miele) anche se questi sono presenti, visto e considerato che mais, soia e grano utilizzati dall’industria della carne nell’alimentazione degli animali negli allevamenti sono quasi prevalentemente di origine geneticamente modificata.
Unica eccezione, ma con riserva, riguarda gli allevamenti biologici, per cui però non vi è comunque davvero sicurezza al 100%, data la facilità con cui avvengono le contaminazioni tra semi biologici, tradizionali, convenzionali e transgenici, quindi, anche chi è convinto di non consumare OGM, in realtà lo fa attraverso gli alimenti di origine animale menzionati.

Ricordiamo che negli Stati Uniti sta per essere commercializzato il primo animale frutto di manipolazione genetica, il salmone, che, alla luce anche del risultato scaturito dal referendum di Washington, verrà introdotto sul mercato senza che il consumatore possa distinguerlo da uno non -GM.

Tornando al referendum I-522, verso il quale i cittadini potevano esprimere il proprio parere recandosi alle urne, direttamente via web e per posta, vi è da sottolineare che molti di loro non hanno mai ricevuto a casa il modulo necessario per poter votare. Un aspetto da non trascurare, considerando che corporazioni come Monsanto hanno propri infiltrati o ex dipendenti sparsi un po’ ovunque, compresi gli organi governativi.

In sintesi, l’etichetta obbligatoria per il momento resta ancora un miraggio, ma le corporazioni hanno avuto paura e questo deve dare a chi lotta contro gli OGM la spinta per riprovarci e puntando il riflettore su quali siano i marchi da boicottare, perché, ricordiamoci sempre che, etichetta o non etichetta, se la domanda cala, i mercati crollano e il popolo se vuole possiede i mezzi perché ciò possa realizzarsi.

Vogliamo chiudere rivolgendoci a tutti gli attivisti statunitensi che oggi hanno visto fallire questo referendum dopo tanti sforzi:
We can imagine your letdown and frustration today, but don’t give up: remember the strenght and the steadiness of Harvey Milk, who never gave up and after so many falls he managed seeing the victory. Take example from his spirit and his actions and never surrender!