Nestlé: ti cibo, ti ammalo, ti cibo, ti curo. E si ricomincia.

La Nestlé, multinazionale svizzera specializzata in campo alimentare, da due anni ha creato un settore (Nestlé Health Science) che si occupa di studiare i propri prodotti in modo che la loro assunzione possa curare alcune patologie.
Le ricerche effettuate in questo settore permetterebbero alla Nestlé di commercializzare prodotti a base di erbe botaniche per la cura, ad esempio, delle malattie gastrointestinali. Il principio utilizzato è lo stesso della medicina tradizionale cinese che da millenni prevede la cura delle patologie attraverso estratti di piante, farmaci fitoterapici naturali, per questo il colosso svizzero ha da poco siglato un accordo con una delle principali aziende asiatiche specializzate in questo campo, la Chi-Med.
Questo gigante farmaceutico di Hong Kong può vantare oltre 50 mila estratti da 1.200 piante; di per sé le antiche tecniche di cura cinesi non creano alcun danno trattandosi di rimedi naturali, ma il problema si pone quando multinazionali come queste vogliono sfruttarle per i loro interessi. L’obiettivo della Nestlé è proprio quello di poter utilizzare gli estratti appartenenti alla Chi-Med negli esperimenti che stanno conducendo, per ottenere nuovi alimenti che possano avere la doppia funzione: nutrire e curare.
La domanda che viene subito da porsi è che tipo di esperimenti stiano conducendo, quale sfruttamento vi sia alle spalle, su quali cavie animali e poi umane testino o testeranno questi prodotti.

Uno dei drammatici aspetti per cui la Nestlé è tristemente famosa risiede nello sfruttamento della situazione dei paesi in via di sviluppo, le cui strutture ospedaliere vengono rifornite gratuitamente del loro latte in polvere per neonati, che viene dato ai bambini al posto di quello materno. Bambini usati per valutare la qualità del prodotto con il risultato dell’aumento della mortalità post neonatale. Secondo l’UNICEF la sostituzione dell’allattamento materno con il latte in polvere porterebbe nei paesi del Terzo Mondo alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno. La strategia di queste multinazionali è infatti quella di renderci dipendenti da loro: commercializzare alimenti che curano patologie assicurerebbe alla Nestlé, ma non è la sola, nuova clientela e maggiore fidelizzazione, ennesimo tentativo per accaparrarsi appunto la fedeltà delle persone e quindi introiti continui. Ogni giorno cercano di monopolizzare la nostra attenzione attraverso slogan, pubblicità, simpatiche confezioni, offerte, prodotti arricchiti di varie sostanze con la promessa che facciano bene a qualcosa, ma sono tutte azioni mirate a creare tanti zombie posseduti dalle marche. Quello che dobbiamo chiederci è quali danni provochino alla salute delle persone i prodotti di multinazionali come la Nestlé, probabilmente gli stessi che vorrebbero curare attraverso la commercializzazione di questi alimenti medico-nutrienti.
La tecnica usata quindi è fin troppo chiara: prima provocano le patologie mettendo in commercio  prodotti ricchi di conservanti, coloranti e altre sostanze dannose come ad esempio l’olio di palma, che è cancerogeno e rischioso per il colesterolo (molto utilizzato dalla Nestlé), in modo poi da poter ideare nuovi alimenti sintetici da pubblicizzare come curativi. In questo modo, senza neanche rendersene contro, si diventa dipendenti dalle marche facendo la loro fortuna: questo è quello in cui loro sperano, questo è quello che ognuno di noi deve combattere attraverso le proprie scelte quotidiane.

In Bolivia McDonald’s e Coca Cola sono stati banditi, in Perù sono state approvate normative antiOGM: questi sono esempi di paesi che non vogliono le manette della globalizzazione e delle multinazionali, azioni che tutelano i territori, la loro storia, la loro cultura, la salute delle persone che li abitano. Il traguardo per tutti quanti dovrebbe essere questo: poter decidere della propria vita, della propria salute e non delegarla, non lasciarla nelle mani di chi vi specula sopra.