Non solo la palma è tropicale, non solo l’olio di palma è il Male

Nel novembre 2012 Earth Riot lanciò la campagna #STOPOdP, la prima campagna italiana contro il mercato dell’olio di palma, una sostanza di cui la maggior parte dei consumatori a quei tempi ignorava l’esistenza, per non parlare dei crimini condotti per la sua produzione.

Dopo un’intensa e approfondita opera di informazione pulita contro ogni critica e tentativo di sminuire il problema da parte di alcuni, ma grazie anche al sostegno e supporto divulgativo di molti altri, questa campagna dal basso ha ottenuto ottimi risultati.
Adesso le persone sanno come non farsi prendere in giro e in che modo non essere complici; ora si sa che non esiste un mercato biologico o sostenibile dell’olio di palma, nonostante gli ultimi tentativi di AIDEPI di far credere il contrario attraverso la divulgazione di un dossier profondamente disinformativo che abbiamo provveduto a smantellare punto per punto già qualche mese fa.
L’associazione dolciaria, da qualche tempo, ha infatti lanciato una campagna pubblicitaria nel tentativo di soffocare l’ottimo lavoro di informazione pulita svolto in questi anni da tutte quelle realtà che si sono impegnate nel denunciare i crimini celati dietro il mercato dell’olio di palma. Quella di AIDEPI non è altro che una trovata commerciale per non perdere consumatori, e quindi introiti, tentando di giustificare l’impiego di olio di palma che viene preferito agli altri solo per una questione economica, senza alcuna preoccupazione nei confronti dello sfruttamento ambientale, animale, sociale. Ma a confermare quanto sosteniamo, in questi giorni si è fatto avanti l’Antitrust che ha ordinato la censura del dossier di AIDEPI da ogni testata, a cui l’associazione aveva commissionato la pubblicazione, in quanto è stata etichettata come pubblicità ingannevole.Olio_di_palma_aidepi

Detto questo, adesso gli orizzonti vanno allargati perché, come abbiamo segnalato più volte, quella dell’olio di palma non è l’unica produzione a causare deforestazione e tutto quello che ne deriva; il problema riguarda tutti gli oli di origine tropicale e tutte quelle produzioni intensive che convertono foreste in monocolture: traffico di legna illegale, soia, industria della carne e dei derivati animali.
Senza dubbio la questione olio di palma ha permesso di avviare un meccanismo di informazione, sensibilizzazione, responsabilizzazione e lotta quotidiana autonoma, che ora rende più comprensibile lo sfruttamento territoriale, animale e sociale in corso.
Si può dire che la lotta vera inizia ora che finalmente c’è una coscienza solida del problema.
In Malesia lo sfruttamento dei lavoratori impiegati nelle monocolture di palme da olio è all’ordine del giorno, un fenomeno rafforzato dal tasso di povertà delle popolazioni di quella zona, costrette a lavorare anche per pochi centesimi l’ora, spesso addirittura gratis.
Buona parte della forza lavoro proviene dai paesi limitrofi, come nel caso dello Sri Lanka, da dove le persone partono alla volta della Malesia sperando in salari più elevati di quelli percepiti nel loro paese, per poi finire schiavizzati nelle piantagioni di palme da olio.

Ma, come dicevamo, è l’impatto delle produzioni tropicali in generale a generare danni ambientali e sociali. Nel caso della produzione e della commercializzazione del cocco, le prime vittime sono le scimmie, i macachi in particolare, vendute dentro le gabbie al mercato di Sumatra e ammaestrate per passare la giornata a raccogliere noci di cocco.scimmie cocco Sumatra che intanto continua a bruciare a causa degli incendi appiccati periodicamente per ottenere nuove aree da colonizzare con le monocolture di palma da olio. Una tecnica, questa, cara alle multinazionali che in breve tempo si ritrovano vaste zone di terreno a loro disposizione, senza neanche doversi preoccupare di cacciare gli animali che rimangono uccisi nel corso degli incendi, che, tra le altre cose, causano il sollevarsi di una cappa di fumo talmente vasta e intensa da far innalzare il tasso di inquinamento fino a Singapore, un effetto collaterale della deforestazione che si è già verificato nel giugno 2013.
Se questo ancora non bastasse – e si fa per dire, perché ci auguriamo che arrivati sin qui vi sia già montata una forte indignazione – si pensi ai chilometri che hanno bisogno di fare tutti questi beni di produzione tropicale per arrivare fino da noi. Parlando per esempio dell’olio di palma, si tratta, partendo dall’Indonesia, di un viaggio esclusivamente via mare, della durata di ventiquattro giorni, necessari a coprire 13000 chilometri.

In questi anni infatti abbiamo imparato come tali produzioni stiano soffocando anche l’Amazzonia e la fascia tropicale africana, zone che non vengono mai risparmiate quando si tratta di sfruttamento terrestre. E devono essere tutti questi aspetti a scatenare l’indignazione e il conseguente boicottaggio di chi conduce questi crimini, non la motivazione salutista, aspetto sterile e egoistico della questione.

La lotta quindi prosegue, nel quotidiano, rifiutando di acquistare tutti quei prodotti causa di tutto ciò citato sopra e molto altro ancora. L’informazione pulita dovrà circolare con sempre più facilità, anche per sgretolare le menzogne periodicamente messe in circolazione dalle multinazionali del settore per non perdere introiti.adesivo logo stopodp

Grazie a chi ci ha seguito in questi anni abbiamo raggiunto ottimi risultati, ma c’è ancora molto da fare per la liberazione della Terra, animale e umana, quindi diamoci dentro, perché il cambiamento è nelle mani di tutt* noi, di chi decide di non voltarsi dall’altra parte.