Pelle: la pelliccia amata da (quasi) tutti

Spesso, quando parlando con altre persone viene fuori che sono vegan (cosa che tra l’altro non amo dire, o almeno non in questo modo), mi sento rispondere, o forse sarebbe meglio dire obiettare:

Ma vegetariano posso capire, perché mangiare gli animali significa ucciderli, però vegano è troppo estremo…

Ora, volendo tralasciare tutti i vari “ma” e “se” del caso, che sarebbero davvero, davvero tanti, lasciate che oggi prenda in esame un altro aspetto.

Oggigiorno la gente è piuttosto abituata alla presenza di una subcultura vegetariana, ovvero che si rifiuta di consumare ogni tipo di prodotto che abbia direttamente causato morte a un altro essere senziente, nella cultura di massa. Al momento, gli estremisti, i cosiddetti radicali o talebani (siamo) sono i vegani. E vabbe’, non è questo ciò che mi preme affrontare.

Il fatto è che, in genere, chi non ha fatto una certa scelta afferma di avere molta stima per chi non mangia carne per non uccidere animali, trincerandosi con le proprie scelte/non-scelte dietro a una tanto conclamata “libertà di scelta”.

Girovagando per la città di Bologna in queste rigide giornate, ho notato qualcosa, o meglio un dubbio che da sempre era nella mia mente è venuto a galla: perché se, in linea con quanto detto sopra, normalmente viene mal tollerato chi indossa una pelliccia, ovvio simbolo di uccisione animale, lo stesso allora non avviene nei confronti della pelle, anzi ricercata quasi da ogni fascia di consumatori?

Nella concezione di massa, il capo in pelliccia è considerato un lusso e, per fortuna, dalla maggior parte delle persone, nonostante la tendenza degli inserti che ha preso piede, un abominio di cui poter fare a meno. I dati che emergono dal rapporto Eurispes 2014 parlano dell’addirittura 85,5% di italiani contrari alle pellicce (8 su 10) contro un misero 12,9% di favorevoli.
Mi chiedo, quindi, perché non susciti se non gli stessi perlomeno simili sentimenti tutto ciò che è in pelle. Borse, cinture, portafogli, scarpe, giacche, ma anche da piccoli portachiavi a enormi divani e interni auto e chi più ne ha più ne metta.
Il mercato della pelle è visto sotto tutt’altra luce: basta girare per negozi, vetrine e mercatini per veder spuntare targhette che ci assicurano che tutto è in vera pelle, che quel prodotto è in vera pelle, addirittura in alcuni casi specificando anche a quale specie la pelle sia appartenuta, tanto per aggiungere qualche dettaglio di crudeltà. Perché in questi casi l’orrore non fa capo nella mente umana?
Quale la differenza tra una pelliccia e una giacca in pelle? Entrambe sono fatte per essere indossate in una stagione rigida, entrambe mostrano piuttosto chiaramente la loro derivazione dall’uccisione animale, per entrambe in genere viene urlato ai quattro venti la loro barbara origine.
Si tratta forse della differenza tra le specie animali in causa?
Da una parte abbiamo principalmente visoni, volpi, conigli, ermellini, zibellini, lontre, castori, scoiattoli, ma anche agnelli, cani e gatti. Dall’altra principalmente bovini, ma anche animali esotici quali elefanti, alligatori, struzzi, canguri e serpenti.
Forse gli animali da pelliccia sono considerati generalmente meno “sacrificabili” perché meno vicini al concetto di “alimentare”. In poche parole, chi compra un capo in pelle si sente meno crudele di chi sfoggia una pelliccia, perché una mucca si mangia mentre un visone no. Probabilmente tende a pensare di aver fatto una mezza buona azione, evitando una sorta di “lasso di spreco” tra quel che mangia e quel che indossa. E in parte ha ragione: parte della pelle bovina utilizzata dall’industria del pellame deriva da animali allevati per la carne oppure da animali allevati per la pelle ma di cui poi viene utilizzata anche la carne in seguito all’uccisione.

Il fatto è che non tutta la pelle si crea così: parte di quella bovina viene nientemeno che dall’India, in cui questi animali sono adorati. Parrebbe strano, ma la dura realtà porta alcuni poveri contadini indiani a vendere le loro mucche e i loro vitelli con la finta promessa da parte dei compratori che andranno a vivere bene, in altre fattorie. Seguirà, invece, per questi poveri animali un viaggio d’inferno sino al confine con Paesi in cui la loro uccisione non è illegale. Le loro pelli verranno poi trattate con sostanze chimiche spesso tossiche e rivendute in Paesi occidentali. Di seguito un video piuttosto cruento che spiega ulteriormente con immagini quello appena detto. Non è necessario prenderne visione, se troppo sensibili a certe immagini, l’importante è prenderne coscienza.

Un’altra obiezione si può fare anche per cani e gatti, di cui l’utilizzo delle loro pelli viene spesso ignorato. Questi animali in Paesi come la Cina vengono utilizzati come il maiale. Le loro pelli, quindi, non vengono poi buttate, ma impiegate dalla stessa industria di pellame che fa uso di pelle di bovini allevati in Italia etc. Anche qui si parla di animali utilizzati a scopo alimentare, ma sono certa che sentir parlare di cani e gatti piuttosto che di bovini è tutt’altra cosa per chi, appunto, vede ancora differenza tra una mucca e un ermellino.

E, per finire, gli animali esotici: è davvero necessario spiegare come in larga parte le industrie del pellame si approprino del manto di queste specie? Solitamente si tratta di legami con bracconieri, che cacciano illegalmente specie in via d’estinzione o in aree protette, con mezzi non consentiti dalla legge; in alcuni casi, invece, si tratta di veri e propri allevamenti di questi animali, non sempre del tutto legali, che comunque vengono rinchiusi principalmente per la loro pelle.

Detto questo, riformulo la domanda per tutti quelli che sono soliti acquistare capi e oggetti in pelle: sicuri che sia così diverso dallo sfoggiare una pelliccia? Io credo di no.

di Matilde Deschain

Fonti: