SPINTI AL SUICIDIO PUR DI OTTENERE LA LIBERTÀ

Il suicidio è l’atto estremo in assoluto, espressione ultima del malessere che una o più persone vivono, dettato dall’oppressione esercitata nei loro confronti, dal soffocamento della propria esistenza a discapito di quella di qualcun altro.

manifestante tibetano contro il governo Cinese

Il 9 novembre scorso migliaia di persone si sono riversate in piazza nella località di Tongren in Tibet per manifestare contro i regimi oppressivi applicati dal Governo cinese sul loro paese, all’indomani dell’apertura del diciottesimo Congresso del Partito Comunista Cinese.
Questa manifestazione è stata solo l’ennesima espressione di disagio da parte di una popolazione alla continua ricerca di una propria indipendenza. Sono stati molti i casi di immolazioni nei giorni che hanno preceduto il corteo: numerose persone (monaci tibetani e non) si sono date fuoco in varie parti del Tibet e della Cina occidentale, gesti estremi per rivendicare l’appartenenza alla propria terra e sottolineare il desiderio di libertà.
Dal 2009 a oggi sono 69 le persone ad essersi tolte la vita, 56 solo nel 2012; i tibetani ormai da tempo chiedono il ritorno in patria del Dalai Lama e di poter assistere alla liberazione del proprio paese dall’occupazione cinese.

L’attaccamento alla propria Terra, il desiderio di difenderla e di ottenere libertà sta spingendo molte persone a compiere un gesto così drammatico, come la

membri della tribù dei Guaranì

tribù indigena brasiliana dei Guaranì che ha minacciato il suicidio collettivo qualche settimana fa se dovesse essere privata dei propri territori.
Le continue deforestazioni patite in quelle zone, causate dal costante aumento di piantagioni destinate al commercio mondiale, hanno costretto questa tribù a ritirarsi in lembi di terra sempre più piccoli, riserve istituite dal governo ai margini delle città.
Ma questi piccoli appezzamenti nei quali vengono segregati non sono sufficienti perché possano mantenersi con l’agricoltura, molti bambini soffrono di malnutrizione e questo costringe adulti e ragazzi a cercare lavoro presso quelle stesse piantagioni che li hanno privati della propria terra.
La tribù dei Guaranì è soggetta anche a continui atti di razzismo e discriminazioni da parte delle forze dell’ordine: si stima che 200 di loro siano in carcere intrappolati in un sistema legale che non conoscono e nessuno gli spiega e senza ottenere alcuna assistenza.
Questo popolo conta 518 suicidi tra i suoi appartenenti solo negli ultimi 20 anni, privati di ogni speranza per il futuro si lasciano andare a loro stessi; molti di loro sono ragazzi piuttosto giovani come Luciane Ortiz che aveva solo 9 anni.

Vi proponiamo la petizione per quanto riguarda la situazione in Tibet, petizione promossa dall’Amministrazione Centrale Tibetana che terminerà il 10 dicembre 2012, data in cui verrà consegnata al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, al Consiglio ONU per i Diritti Umani di Ginevra e al Centro Informazione Onu di New Delhi. Queste le richieste contenute nella petizione:

  • le Nazioni Unite devono discutere la questione tibetana sulla base delle Risoluzioni approvate nel 1959, 1961 e 1965 e adoperarsi affinché sia dato corso al contenuto di tali Risoluzioni;
  • deve essere immediatamente inviata in Tibet una delegazione indipendente con il compito di verificare la situazione esistente nel paese;
  • le Nazioni Unite devono responsabilmente assicurare il rispetto delle fondamentali aspirazioni dei tibetani all’interno del Tibet.
Cliccando qui verrete collegati al sito di Survival dal quale potrete spedire una lettera online al governo Brasiliano perché tuteli la tribù dei Guaranì.