Tonni rossi in pericolo per gole inarrestabili

Stamattina apro il browser e sfoglio qualche notizia. Un titolo in particolare attira la mia attenzione:

 

SUSHI IN PERICOLO PER COLPA DELLA PESCA ECCESSIVA

 

Dal menzionato articolo, che riporto in fondo a questo come fonte, emergono due dati di base:

  1. il 90% degli stock ittici mondiali è considerato sovrasfruttato;
  2. in alcune parti del mondo, per alcune specie (ittiche) gli esemplari sono scesi oltre il 96%.

L’articolo tratta anche dell’esistenza degli allevamenti ittici, le cosiddette acquacolture, dove nel trattamento dei pesci viene fatto uso, proprio come negli allevamenti a terra, di antibiotici e antiparassitari, che ovviamente hanno ripercussioni tanto sulla salute del consumatore quanto sull’ambiente attraverso l’inquinamento delle acque.

Fin qui mi sono limitata a riassumere quel che emerge dalla visione generale che la massa e i mass-media hanno di queste problematiche e i fatti oggettivi da prendere in considerazione; da qui vorrei proseguire descrivendo il nostro parere in merito.

Non credo ci voglia molto a capire dove voglia arrivare. Secondo l'(anonimo) autore dell’articolo, la nota agenzia di stampa italiana e il signor Jiro Ono, il più grande cuoco della pietanza a base di pesce crudo al mondo, ad essere a rischio è il sushi, ovvero il piatto in sé. Non si parla di pesce, non si parla di tonno rosso, ma del piatto fatto e finito. Immagino già la valle di lacrime per le povere gole che fra qualche anno (forse) non potranno più gustare quella prelibata pietanza che, tra le altre cose, fa anche venire i vermi al cervello.
Trovo questo articolo quantomai oltraggioso: davvero si può essere tanto sfacciati da porre come soggetto primario di un rischio di quella che viene descritta come una vera e propria estinzione, di una sparizione senza ritorno, qualcosa di materiale come un piatto, quando questa è dovuta a qualcosa che viene ancor prima, ovvero alla sempre più scarsa presenza nelle acque del tonno rosso, trasformato in ingrediente di base di questa pietanza?

Fermiamoci a riflettere: perché il tonno rosso scarseggia in modo tale che – riporto ancora una volta dall’articolo incriminato – “Nel 2013 un tonno da 227 kg è stato venduto per quasi 1,8 milioni di dollari ad un’asta del pesce a Tokyo”? Basti pensare che i 48 Paesi membri dell’ICCAT (Commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi atlantici) possono pescare un massimo di 16.080 tonnellate di tonno rosso nell’anno 2015, vale a dire in media, in termini di unità, 5.583 tonni rossi a Stato. Fino ad arrivare al 2017, in cui sarà permesso pescare 23.155 tonnellate, ovvero circa 8040 unità per Paese. Direi che sono parecchi e che si tratta di un vero e proprio sterminio. E meno male che queste sono cifre messe in campo per tutelare una specie considerata quasi sempre a rischio di estinzione.

tonno-rosso

Quello che non quadra in tutto questo scenario, e che quindi dovrebbe drasticamente cambiare, è il tipo di pensiero: non importa tanto se un giorno, presto o tardi, non potremo più assaggiare sushi di tonno rosso, quanto il fatto che non esisterà più il tonno rosso. E ancor di più: non importa, o meglio, importa fino a un certo punto, se non esisterà più la specie del tonno rosso, se il numero di specie estinte aumenterà ancora e ne andrà del nostro orgoglio di ambientalisti, ma importa di tutti quei singoli individui che uno ad uno sono stati uccisi per motivi quali gola, divertimento (si veda la pesca sportiva) e, ovviamente, primo tra tutti sempre il denaro.

È questo quello che deve cambiare. Dobbiamo capire che, come sale l’indignazione dinnanzi a una strage in cui 5.583 persone perdono la vita per un motivo o per un altro, perché riconosciamo quelle persone quali singoli individui dotati di coscienza e di diritto alla vita, allo stesso modo deve salire dinnanzi a una strage come quella che Paesi come l’Italia, membro dell’ICCAT – ma anche di tutti quelli che non ne fanno parte e comunque ogni anno mietono vittime su vittime – portano avanti sotto i nostri occhi e grazie ai nostri portafogli, alle nostre scelte, al nostro silenzio.
E così come la nostra empatia emerge alla notizia dell’uccisione di una persona, per un motivo o per un altro, così, allo stesso modo, deve emergere la stessa empatia alla notizia dell’uccisione di un singolo tonno rosso. O di un singolo pesce che sia. O di un singolo animale che sia. Perché ognuno di noi, in quanto animali, ha lo stesso diritto alla vita dell’altro.

Lo spot televisivo, la scatoletta al supermercato, il cadavere al banco del pesce e il piatto sul menu al ristorante non giustificano le nostre scelte. Cominciamo a nutrire un po’ più di considerazione per noi stessi ricordandoci di essere capaci di prendere decisioni con la nostra testa e senza bisogno di essere accompagnati, passo dopo passo, da una società intenzionata ad alimentare i propri introiti sfruttando qualsiasi cosa si trovi sulla propria strada, noi compresi.

Apriamo gli occhi.

Ecco allora quale avrebbe dovuto essere il titolo dell’articolo che mi ha dato l’input quest’oggi:

TONNI ROSSI IN PERICOLO PER GOLE INARRESTABILI

 

di Matilde Deschain

fonti: