Verso una SCELTA DI VITA ETICA

Domenica 23 dicembre Earth Riot scenderà nuovamente in piazza, questa volta a Genova, con un presidio informativo su quelle che possono essere le scelte per condurre una vita più sostenibile nel rispetto del Pianeta, di quei popoli sfruttati e oppressi, e degli animali non umani, usati come macchine al servizio del consumismo.
Lunedì abbiamo parlato del boicottaggio, un mezzo semplice e nonviolento per uscire dal sistema, per non finanziare un mercato macchiato di sangue, omicidi, deforestazione, regimi oppressivi, tutti i crimini condotti quotidianamente dalle grandi corporazioni.
Una scelta che ognuno di noi può compiere, un’altra forma di boicottaggio che gioverebbe alla globalità del Pianeta, alla sua salute e a quella di tutte le creature viventi alle quali dà asilo, è quella di cessare il consumo di carne.
Nel termine etico vi sono racchiusi molti aspetti tra cui il principio della Nonviolenza che si può esprimere in molti modi.

Premettiamo, siamo un movimento che opera contro ogni sfruttamento, per questo ci sembra giusto parlare anche di questo argomento, perché da questo dipendono molti altri, ma nessuno deve sentirsi giudicato o accusato. Come facciamo per tante altre tematiche, noi cerchiamo solo di dare dei consigli, di spiegare cosa si celi dietro la produzione di un determinato prodotto, in modo che ognuno faccia le proprie scelte, ma in modo più consapevole. 

La produzione e il consumo di carne pesano su molti aspetti: deforestazione, fame nel mondo, morte di milioni di animali, salute delle persone, inquinamento. Il mercato per come è strutturato oggi mira alla sovrapproduzione: si produce molto di più di quello che in realtà viene consumato, ma, nonostante questo, milioni di persone, numerosi popoli soffrono la fame, muoiono di fame. Ma i danni causati dalla produzione di carne partono con la deforestazione.
Svariati ettari di terra infatti vengono abitualmente sacrificati per l’allevamento intensivo degli animali e dei cereali coltivati appositamente per ipernutrirli: quelle che un tempo erano foreste o piccoli campi di qualche popolazione dell’Amazzonia, ad esempio, usati dagli abitanti locali per coltivare ciò che basta per sopravvivere, oggi vengono tramutate in zone industriali per la produzione intensiva di carne e di cereali destinati all’iperalimentazione del bestiame allevato.
Questo primo tassello nella storia della carne produce già un impatto su molte persone, quelle che perdono le proprie terre, le loro uniche forme di sostentamento; spesso si sente parlare di tribù indigene decimate o estinte perché l’industria aveva bisogno di impadronirsi di un determinato territorio.
Gli allevamenti intensivi sono prigioni nelle quali milioni di animali vengono rinchiusi, torturati, tenuti in condizioni di nonvita; le violenze cui sono soggetti sono inimmaginabili e questo è presto spiegato dal fatto che spesso si tratta di casermoni chiusi e da fuori non vi è modo di vedere cosa accada all’interno.
Nel corso della loro prigionia vengono sovralimentati e pompati con varie sostanze chimiche come gli ormoni della crescita, perché il mercato non può aspettare, le produzioni devono essere massimizzate e allora gli allevatori fanno tutto il possibile per farli crescere e sviluppare più velocemente, a ritmi innaturali.
Le risorse impiegate per alimentare un animale condannato a morte, al macello, sono enormi: perché egli renda un chilo di carne servono 15 chili di cereali e 15 mila litri d’acqua. L’acqua, quella risorsa per cui verranno combattute guerre tra non molti anni.
Pensate a quante persone si potrebbero sfamare e dissetare se tali risorse fossero ridistribuite diversamente. Intere piantagioni (monocolture) di soia, riso e altri cereali nelle quali vengono impiegate quelle persone cui è stata tolta la terra e che schiavizzate raccolgono risorse che non potranno utilizzare perché destinate agli allevamenti intensivi, agli animali che vengono fatti ingrassare per poter soddisfare gli sfizi gastronomici dell’Occidente.
Tutto questo per mettere sul mercato un prodotto, che dopo aver causato tali danni, nuoce alla salute delle persone, delle persone che lo consumano: le sostanze usate in produzione restano nella carne e le assumiamo anche noi quando la consumiamo… per poi correre dal medico perché non capiamo per quale ragione stiamo male, per quale ragione sempre più persone in questa parte di mondo contraggano tumori, malattie cardiovascolari, obesità, diabete e quant’altro.
Ma questo non è altro che l’obiettivo dell’industria; ci sono multinazionali che con i loro prodotti ci fanno ammalare in modo che poi altre multinazionali possano guadagnare curandoci a piccole dosi e mai completamente. Può sembrare estremista o esagerato come ragionamento, ma è sufficiente fermarsi un attimo a riflettere, pensare a come girasse il mondo anche solo poco più di mezzo secolo fa e fare qualche collegamento perché le cose risultino più chiare. 

Il consumo di carne, come abbiamo detto, va a toccare tanti altri aspetti. Oggi abbiamo fatto una panoramica, ma vi sono molte altre cose di cui si dovrebbe parlare.
Lo sfruttamento dei mari, la sofferenza dei pesci e il fatto che si stanno ormai esaurendo, come testimoniato anche dall’Unione Europea che ha “intelligentemente” pensato di offrire finanziamenti a quei paesi che spingeranno i propri consumatori a nutrirsi di insetti o il fatto che dal 2014 non sarà più obbligatorio segnalare sull’etichetta se la carne bovina contenga oppure no OGM.

Per l’industria, noi siamo solo consumatori, tanto per quella tessile quanto per quella alimentare, per quella farmaceutica, etc… l’unica cosa che conta è produrre anche se le risorse si stanno esaurendo.
Dipendere dal mercato attuale o compiere semplici azioni nonviolente che possono contribuire a cambiare lo stato attuale delle cose?
Fai la tua scelta…

Ci piace che Earth Riot possa esser visto come un mezzo per approfondire tutti quegli argomenti di cui si parla poco o nulla, per questo vi invitiamo a contattarci, segnalarci notizie o chiederci che venga puntato il riflettore su un determinato aspetto, una determinata causa.