WWF e olio di palma: la biotruffa è servita!

Nuove, singolari dichiarazioni del WWF in merito alla questione olio di palma, che non ci stupiscono, anzi, confermano e rafforzano ciò che noi, e altre realtà che non si soffermano all’apparenza, sosteniamo ormai da anni.
Dichiarazioni che non ci stupiscono, ma che d’altro canto sono allarmanti in quanto il WWF è un’associazione, presunta ambientalista, che può vantare un grosso seguito, convincendo di fatto molte persone che il proprio operato sia quello corretto.

Sull’articolo pubblicato da La Stampa il 16/10 compaiono dichiarazioni del WWF, rilasciate in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, attraverso le quali l’associazione ambientalista, “preoccupata”, lancia un appello per il consumo critico e sostenibile dell’olio di palma. La preoccupazione espressa dal WWF riguarda sopratutto le condizioni dell’Indonesia e della Malesia, luoghi dai quali proviene il 90% dell’olio di palma distribuito in tutto il mondo, e sul rischio di estinzione che corrono le specie animali che abitano quelle zone: orango, elefanti pigmei, rinoceronti, tigri di Sumatra e molte altre.

teschio rspoMa tutta questa preoccupazione e questo falso buonismo celano un unico obiettivo: portare il consumatore a fidarsi di quei marchi, bio e non, che utilizzano olio di palma certificato RSPO.

Scorrendo l’articolo de La Stampa, infatti, ad un certo punto si incappa in questa dichiarazione:

In quest’ottica, WWF chiede con forza alle aziende utilizzatrici di olio di palma di agire con responsabilità impegnandosi a raggiungere entro il 2015 il 100% di approvvigionamento di olio di palma certificato secondo i criteri della Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), quale primo importante passo verso una maggiore sostenibilità del mercato”. www.rspo.org

 

Ma anche in questo caso vi è da stupirsi fino ad un certo punto, in quanto il solo interesse di questa grande associazione, ormai da molto tempo, è quello di fare cassa a discapito della salute ambientale.

L’RSPO, che il WWF sponsorizza con fervore, non è altro che un organo di facciata fondato dall’associazione stessa nel 2004 in Malesia, ma registrato in Svizzera, insieme ad un manipolo di multinazionali criminose.
Il solo scopo di questa certificazione tanto sponsorizzata dal WWF è quello di far credere che in circolazione vi sia olio di palma proveniente da fonti gestite in maniera sostenibile; un falso, una contraddizione in termini sotto ogni aspetto.
La palma da olio, dalla quale si estrae la sostanza incriminata, viene coltivata attraverso monocolture intensive, tecniche agricole industriali molto invasive che convertono le foreste tropicali, bacini di biodiversità vegetale e animale, in terreni adibiti alla produzione in serie. I tre problemi principali legati alle monoculture intensive sono:

  1. Non permettono a un terreno abituato a ospitare biodiversità vegetale e animale di usufruire di quel naturale ricambio grazie al quale si nutre di sostanze diverse in vari periodo dell’anno, che lo mantengono vivo;
  2. Per mantenere molte piante in poco spazio, si fa largo impiego di agenti chimici, quali pesticidi, erbicidi e quant’altro, tutte sostanze che, ovviamente, impoveriscono e avvelenano ulteriormente il terreno;
  3. La coltivazione intensiva di un’unica specie vegetale necessita di enormi quantità di acqua per crescere e dare i frutti.

Tra i membri di questa tavola rotonda dell’insostenibilità figurano: McDonalds, PepsiCo, Nestlé, Mars, L’Oreal, P&G, Sime Darby, Cargill.
Non ancora convinti che l’RSPO sia solo un mezzo di guadagno per le multinazionali e le associazioni ambientaliste che hanno venduto il proprio credo? Bene, allora parliamo di un membro in particolare, la Wilmar. Multinazionale tedesca, si occupa della coltivazione, tramite aziende più piccole del luogo, di canna da zucchero e olio di palma. In un secondo momento, rivende i prodotti alle aziende che lo impiegano nella propria filiera. Per quanto riguarda l’olio di palma, ogni anno la Wilmar finisce nell’occhio del ciclone per questioni come incendi illegali nelle foreste del Borneo e di Sumatra, oppure per diritti umani violati, come nel caso dei giovani Titus e Pujono, il primo sequestrato e torturato perché aveva visto commettere un atto illecito da parte di un’azienda palmicoltrice e l’altro ucciso perché aveva tentato di salvare il suo amico.

Uno sprazzo di verità nell’articolo pubblicato da La Stampa però c’è: da dicembre di quest’anno dovrebbe entrare in vigore una normativa che obbligherà ogni azienda a specificare in etichetta il tipo di olio utilizzato. Dovrebbe, perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e perché solitamente le varie aziende impiegano molto tempo per adattarsi a questi provvedimenti, per cui staremo a vedere.

Ma nel frattempo la guardia non va abbassata. Il solo modo di boicottare con efficacia il mercato dell’olio di palma è utilizzando gli strumenti che nel tempo vi abbiamo fornito: glossario, volantino sui marchi convenzionali e quello che illustra quelli del biologico, da portare sempre con se quando si fa la spesa.
La cosa migliore in questi casi è non stare ad aspettare che qualcosa cambi, ma impegnarsi in prima persona per farla cambiare. Potranno esserci normative e leggi, ma quelle si fanno e si disfano ogni giorno, mentre il cambiamento di ognuno di noi, una consapevolezza maggiore del problema, è ciò che ci permetterà di non essere più schiavi del mercato e complici inconsapevoli dei crimini che quotidianamente vanno in scena.

Noi siamo Earth Riot, realtà indipendente formata da persone per le persone, non siamo finanziati né pilotati da nessuno e il nostro unico scopo e desiderio è quello di far circolare la verità. Il WWF è una realtà mondiale con un giro di soldi esorbitante ed inquietante. Decidete voi a chi credere.

E, se leggete una notizia inerente alla questione olio di palma, prima di darla per buona passate da noi! 😉 adesivo logo stopodp