Ambasciatori dello sfruttamento globalizzato: McDonald's, Cremonini, Amadori & Co.

McDonald's, icona di capitalismo e consumismo, è il simbolo dello sfruttamento globalizzato e di quell'industria della carne e dei derivati animali rappresentata in Italia da Cremonini e Amadori, due dei principali fornitori di questa multinazionale.
Il gruppo Cremonini, proprietario anche dei marchi Chef Epress, Roadhouse, Ibis e Maar e fornitore dei supermercati Coop, attraverso l'associata Inalca ogni anno rifornisce McDonald's, in Italia come in tutta Europa, con circa 10.000 tonnellate di carne di manzo, mentre da Amadori arrivano oltre 9.000 tonnellate di carne di pollo.
McDonald's però non poteva far mancare dal proprio menù anche lo sfruttamento ittico grazie a
Espersen, azienda danese dalla quale riceve il merluzzo proveniente dal Mar Baltico, dove nel 2013 la pesca era stata sospesa per il rischio estinzione di questa specie.
Una moda molto diffusa tra le multinazionali in questo periodo è quella di tentare di fornire un'immagine di sostenibilità e di impegno ambientale: così McDonald's ha fatto sapere che Espersen aveva sospeso volontariamente la pesca, attendendo la ripopolazione in modo da tornare a saccheggiare i mari o acquistando pesce dagli allevamenti.
McDonald's attraverso il suo operato si fa promotore di un sistema votato all'esaurimento di ogni risorsa della Terra, alla schiavitù degli animali non umani, privati di ogni soggettività e ridotti a beni di consumo, e allo sfruttamento degli animali umani.
La più grande catena di fast food del mondo è anche il più grande acquirente di carne, in questo modo McDonald's contribuisce a tutti quei danni provocati da quest'industria, a iniziare dalla deforestazione.
L'80% dell'Amazzonia, uno dei polmoni della Terra,è stata deforestata per la produzione di carne e derivati animali: le foreste vengono abattute per fare spazio alle immense monocolture di mais e soia, nella maggior parte dei casi geneticamente modificati, destinate all'ingrasso degli animali negli allevamenti. In questi (non)luoghi, gli animali non umani sono costretti a trascorrere la loro nonvita in un regime di schiavitù e sfruttamento, che spesso li vede prigionieri sin dalla nascita. Ammassati in spazi ridotti in attesa di essere macellati, vengono loro somministrati farmaci e antibiotici per evitare il proliferare di epidemie, come la SARS, a causa delle condizioni in cui sono tenuti, un'eventualità che rappresenterebbe una grande perdita economica per gli allevatori.
Le pratiche di deforestazione e di allevamento, la produzione e il consumo di carne, pesce e derivati animali è causa del 51% delle emissioni di gas serra, e del relativo surriscaldamento globale. Questo dato è determinato dai seguenti fattori:

  • La distruzione delle foreste per creare pascoli o per produrre mangime che da un lato diminuisce la capacità di catturare anidride carbonica e immagazzinare carbonio (di norma la foresta pluviale ne immagazzina almeno 200 tonnellate per ettaro, mentre nelle zone convertite a pascoli le tonnellate di carbonio immagazzinate per ettaro sono solo 8), e dall’altro, che avvenga tagliando gli alberi o attraverso incendi, rilascia il carbonio immagazzinato nell’ambiente;
  • l'anidride carbonica e il metano prodotti rispettivamente dalla respirazione e dalle deiezioni degli animali non umani rinchiusi negli allevamenti;
  • i gas serra prodotti dagli allevamenti ittici e dalla relativa filiera, comprese le costruzioni e le operazioni che lavorano organismi marini destinati all’alimentazione degli animali non umani d’allevamento;
  • i fluorocarburi necessari in maggior misura per la refrigerazione dei prodotti animali rispetto a quelli di origine vegetale;
  • la cottura, che generalmente comporta temperature più alte e per periodi più lunghi rispetto ai prodotti di origine vegetale;
  • lo smaltimento di grandi quantità di rifiuti liquidi, e prodotti derivati dalla macellazione (ossa, grasso e parti guaste) che emettono grandi quantità di gas serra quando disposti in discariche, inceneritori e corsi d’acqua;
  • la produzione, la distribuzione e lo smaltimento dei prodotti secondari (cuoio, piume, pelle e pelliccia) e il loro imballaggio;
  • la produzione, la distribuzione e lo smaltimento degli imballaggi usati per i prodotti animali, che per ragioni igieniche sono maggiori rispetto a quelli usati per quelli di origine vegetale;
  • le cure mediche ad alto contenuto di carbonio impiegate sia per milioni di malattie zoonotiche (ad esempio l’influenza suina) sia per le malattie croniche e degenerative (malattie cardiovascolari, cancro, diabete, ipertensione) connesse al consumo di derivati animali.
Il business condotto da McDonald's è l'esatta fotografia della società: se da un lato, attraverso l'alimentazione e più in generale lo stile di vita proposti, incrementa il numero di persone affette da obesità nel mondo (circa un miliardo), dall'altro contribuisce al problema della fame nel mondo che ancora oggi colpisce circa 800 milioni di persone. Occorrono 15 chili di cereali e 15.500 litri di acqua per produrre un solo chilo di carne, risorse che, se distribuite in maniera diversa ed equa, sarebbero più che sufficienti a sfamare la popolazione di tutta la Terra.
McDonald's quindi, in un colpo solo, contribuisce ad ammalare una parte del mondo e ad affamare l'altra, mentre conduce politiche che incentivano lo sfruttamento dei lavoratori e del lavoro minorile, come documentato nell'inchiesta Educazione al consumismo condotta dal collettivo Antispecisti/e Liberatari/e Ferrara.
McDonald’s sfrutta adulti e bambini anche per produrre i giocattoli che si trovano negli Happy Meal:
  • Nel gennaio 1992, 23 operai della fabbrica Chi Wah Toy a Zhuhai in Cina furono ricoverati in ospedale per avvelenamento da benzene; tre di loro morirono;
  • il 21 febbraio del 1997, 220 operai della fabbrica Keyhinge Toys a Da Nang City (Vietnam) si ammalarono gravemente a causa di un’intossicazione da acetone. Nella Keyhinge Toys lavoravano circa mille persone, soprattutto ragazze tra i 17 e i 20 anni, per dieci ore al giorno, sette giorni alla settimana, con salari più bassi del minimo consentito, senza assicurazione sanitaria e previdenza sociale. Multe e punizioni, anche corporali, venivano imposte regolarmente ai lavoratori. La proposta del STCLP (Sindicato de Tripulantes de Cabina Lan Peru) di assistere la Keyhinge Toys nella progettazione e nell’istallazione nella fabbrica di un adeguato sistema di ventilazione fu rifiutata. McDonald’s se ne lavò le mani rispondendo che la responsabilità dei problemi nelle fabbriche di giocattoli in Cina e Vietnam è dell’azienda statunitense M-B Sales, che si occupa di rifornire McDonald’s;
  • nel 2000, un’investigazione dell’Hong Kong Christian Industrial Committee ha individuato cinque fabbriche di giocattoli nel sud della Cina che sfruttavano bambini. In particolare nella City Toys Ltd., fornitrice di McDonald’s, sono stati trovati oltre 160 bambini tra i 12 e i 15 anni che lavoravano 16 ore al giorno, sette giorni alla settimana, con un paio di giorni liberi al mese. Inizialmente McDonald’s ha negato l’esistenza del lavoro minorile, ma ha ammesso di aver trovato delle irregolarità; successivamente ha cancellato il contratto con la City Toys, senza impegnarsi nella riabilitazione dei bambini, ancora una volta vittime, abbandonate ad altre forme di sfruttamento;
  • nel 2005, in Vietnam, 9.300 operai della Keyhinge Toys hanno protestato con due giorni di sciopero contro le condizioni di lavoro nella fabbrica;
  • nel 2006, a Beijing (Cina), mille operai di una fabbrica che produce giocattoli per McDonald’s e varie aziende hanno protestato contro le condizioni di lavoro nella fabbrica;
  • nel 2001, in Gran Bretagna due ristoranti di McDonald’s sono stati multati per sfruttamento del lavoro minorile. Nel 2010 in un McDonald’s di Baltimora sono state trovate violazioni sia nell’ambito del lavoro minorile sia negli standard di sicurezza. Inoltre negli Stati Uniti tra il 2008 e il 2012 sono stati riportati diversi casi di molestie sessuali sui lavoratori in ristoranti McDonald’s a Durango, Albuquerque, New York e Madison;
  • nel 2014, un affiliato di McDonald’s della Pennsylvania è stato citato dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti per lo sfruttamento di 291 lavoratori dei fast-food, stabilendo l’assegnazione di 205.977 dollari di stipendi arretrati e risarcimento danni, a seguito di una protesta della Guestworker Alliance iniziata nel 2013 che denunciava lo sfruttamento dei lavoratori stranieri.
Nel tentativo di salvare l'immagine e continuare a garantirsi consumatori e consumatrici, anche McDonald's in questi ultimi anni ha adottato la strategia del greenwashing, un'operazione di marketing funzionale ad offrire alla clientela un'immagine di sostenibilità del tutto priva di contenuti. La prima cosa a cambiare è stata la più visibile, il logo, che ha visto sostituire il rosso dello sfondo con un "green" che potesse subito richiamare un'immagine più legata alla natura.
Grazie al sostegno di alcune associazioni, anche animaliste, che si occupano di certificare l'assassinio "compassionevole" degli animali non umani, McDonald's ha potuto intaprendere anche il percorso del "benessere animale". Un concetto sempre più diffuso, strumentale a far credere al consumatore che certi animali non umani siano preddisposti per essere uccisi per ragioni di mercato, purché le loro condizioni di nonvita nell'attesa di essere macellati possano essere migliorate, rinchiudendoli in gabbie più grandi, o mostrandogli ogni tanto la luce del sole. Questa però resta pur sempre una condizione di schiavitù funzionale all'uccisione degli animali non umani, per le tasche dell'industria e la pancia dei consumatori: il solo concetto di "benessere animale" accettabile è quello che prevede la liberazione degli animali stessi.
Uno degli organi principali a promuovere concetti come "benessere animale" e "carne felice" è Compassion In World Farming, associazione internazionale fondata nel 1967 da un allevatore di mucche da latte, nata al preciso scopo di dare la possibilità agli allevatori di autoregolarsi senza dover dare spiegazioni sulle tecniche impiegate negli allevamenti animali.
In questi ultimi anni, C.I.W.F. ha rilasciato premi e riconoscimenti, in merito alla sostenibilità e alla compassione applicata nel corso dell'allevamento degli animali non umani, a simboli dello sfruttamento ambientale, animale e sociale tra i quali Amadori, Cremonini, Barilla, Coca Cola, McDonald’s, KFC, Burger King e molti altri.
Ma se i riconoscimenti rilasciati a McDonald's da C.I.W.F. provengono comunque da un'associazione di allevatori, ben pi&ugravi; gravi e preoccupanti sono i premi assegnati alla multinazionale da Humane Society, un'associazione animalista che in teoria dovrebbe battersi per la liberazione animale. La Humane Society ha giustificato l’assegnazione del premio nell'ambito del "benessere animale" in quanto McDonald’s è stata la prima multinazionale a fissare una data, il 2025, entro la quale garantirà l’utilizzo di uova 100% libere dalle gabbie (in Stati Uniti e Canada), un processo ribattezzato Cage free egg-plan.
Il premio, oltre a giustificare l’opera di sfruttamento animale condotta da McDonald’s, non è neanche stato assegnato per qualcosa che è già accaduto, ma solo in merito a una promessa dal dubbio futuro e che comunque non cambia le sorti delle vittime sacrificali.

Vanno doverosamente ricordate anche le pratiche crudeli utilizzate nel corso della produzione delle uova, un mercato che necessita esclusivamente di pulcini femmine, riservando ai maschi un destino di morte immediata che li vede tritati vivi e utilizzati per la composizione di polpette e hamburger per la grande distribuzione.
McDonald's, inoltre, fa anche parte di RSPO, l'organo di facciata creato dalle multinazionali dell'olio di palma al preciso scopo di mascherare i crimini che si celano dietro questo mercato, promuovento una certificazione di inesistente sostenibilità.

L'insegna verde e gialla non cambia quindi la sostanza dei fatti: McDonald's resta sempre il simbolo dello sfruttamento globalizzato, come lo sono le multinazionali che ospita all'interno dei propri fast food, prima tra tutte la Coca Cola, e come lo sono tutte le altre espressioni di prevaricazione ambientale, animale e sociale.