Olio di palma: conoscerlo per evitarlo

Indice

  • Cos'è?
  • Impatto ambientale, animale, sociale
  • RSPO: la biotruffa
  • Lista acquirenti OdP
  • Alternative
  • Piccolo glossario sull'OdP
  • Prendi parte alla Campagna STOP OdP!
  • Cos'è

    L'olio di palma è una sostanza di origine vegetale prodotta nel sudest asiatio, in Sud America e nell'Africa subsahariana, ovvero nella fascia tropicale della Terra.
    Viene utilizzato dall'industria alimentare, soprattutto in prodotti da forno confezionati, ma anche in sughi, salse, gelati e vari prodotti a lunga conservazione, nel settore della cosmesi e dei prodotti per l'igiene personale e della casa e nella lavorazione dei biocarburanti, anche se non rispetta i parametri di sostenibilità ambientale richiesti.

    Impatto ambientale, animale, sociale

    L'85% dell'olio di palma esportato nel mondo proviene dall'Indonesia, uno dei territori storicamente più colpiti da questo mercato, che ha visto il suo boom nei primi anni '90, quando la palma da olio, originaria del golfo di Guinea in Africa, è stata monopolizzata dalle multinazionali e diffusa su tutta la fascia tropicale.
    Attraverso il fenomeno del land grabbing (neo colonizzazione), le aziende del settore in breve tempo hanno avviato un processo di conversione delle foreste tropicali in mocolture invasive e intensive.
    Oltre all'Indonesia i paesi colpiti sono stati Malesia, Papua Nuova Guinea, Honduras, Brasile, Perù, Colombia, Filippine, Camerun, Costa d'Avorio e Gabon.
    Il processo di conversione delle foreste prevede una violenta deforestazione condotta con ruspe e incendi devastanti: nel solo periodo tra settembre e novembre 2015, in Indonesia (a Sumatra e nella regione del Kalimantan) sono bruciati 700.000 ettari di foresta vergine.
    Le opere di deforestazione mettono a serio rischio la sopravvivenza delle specie vegetali e animali che abitano le zone colpite, molte delle quali già a rischio di estinzione. Orango, rinoceronti, tigri, elefanti e molte altre specie perdono la casa e la vita a causa del crollo degli alberi o arsi vivi nel corso degli incendi. Molti di loro muoiono avvelenati a causa dei pesticidi con i quali vengono trattate le monocolture di palme da olio e per i bocconi avvelenati sparsi da chi controlla le coltivazioni e dai bracconieri.
    Gli animali che non moiono nelle opere di deforestazione, infatti, vengono catturati da bracconieri per i loro corni e le loro zanne o per essere rivenduti a zoo e circhi.
    Ma quella dell'olio di palma non è la sola produzione tropicale a causare sfruttamento animale: nel caso dell'olio di cocco, le scimmie vengono ammaestrate per lavorare nei campi a raccogliere le noci.


    Gli animali non sono gli unici a pagare le conseguenze delle azioni condotte dalle multinazionali in quella corsa alle terre che priva della casa numerose popolazioni e tribù indigene. Queste sono senza dubbio quelle maggiormente minacciate, perseguitate e spesso cacciate dagli squadroni della morte assoldati dalle multinazionali per liberarsi rapidamente della loro presenza. I popoli indigeni infatti rappresentano l'ultimo baluardo a difesa delle foreste che difendono anche a costo della loro vita pur di non abbandonare le terre da sempre abitate.
    Come nel caso dei Dayak e dei Penan, tribù indigene del Kalimantan che continuano a lottare contro il mercato dell'olio di palma e non solo: i territori da loro abitati sono colpiti anche dal traffico illegale della legna, dall'industria della carta e dalla costruzione di dighe e altre infrastrutture.

    Mentre le tribù indigene vengono cacciate e uccise senza alcuna pietà, le popolazioni che costeggiano o abitano le aree ambite dalle multinazionali vengono espropriate della casa e del terreno, passando per intimidazioni e regimi oppressivi.
    Il caso più eclatante è senza dubbio quello dell’Honduras: 20.000 ettari di foresta sono stati sottratti agli agricoltori locali per la coltivazione di palme da olio; 88 persone dal 2009 a oggi sono state uccise perché facevano parte dei gruppi contadini formatisi nel tentativo di riottenere qualche diritto sulle terre; più di 3500 famiglie attualmente subiscono ogni giorno minacce, persecuzioni e intimidazioni di ogni tipo. Una situazione analoga si sta verificando anche nelle Filippine.
    Doveroso è rammentare anche ciò che è accaduto in Colombia nel 2010 per la produzione di quello che le aziende definiscono “olio di palma biologico” (più avanti chiariremo perché il termine bio non può essere associato a questa sostanza). L'azienda colombiana Daabon, fornitrice di marchi del biologico come Rapunzel e Allos, ha estirpato le coltivazioni di cacao e mais di 123 famiglie, cacciate da quelle zone anche grazie all'aiuto della polizia, per poter incrementare le proprie monocolture per la produzione di olio di palma.
    In Africa, invece, Liberia, Congo, Uganda, Senegal e Ghana sono stati colonizzati per la produzione di olio di palma rivolto all'industria dei biocarburanti, in particolar modo il Camerun, dove a dettare legge è la multinazionale americana Herakles. Quello dei biocarburanti è un mercato attualmente in espansione: impiegati per tale utilizzo sono soprattutto gli oli di mais, girasole, colza, soia e palma, nonostante questi ultimi tre siano largamente al di fuori dei parametri stabiliti dalla RED (Renewable Energy Directive) perché una sostanza possa essere utilizzata come biocarburante.
    Questi sono solo alcuni esempi dei danni ambientali e della prevaricazione dei diritti animali e sociali che la produzione di olio di palma porta con sé. Un mercato finanziato dal consumatore attraverso l'acquisto di prodotti apparentemente innoqui come quelli della Ferrero, Mulino Bianco, Nestlé, Mars, Barilla, Galbusera, Kellogg's, solo per fare alcuni nomi, ma che il consumatore stesso può decidere di fermare tramite scelte più consapevoli e responsabili. Non deve essere accettabile e tollerabile che le foreste brucino, gli animali muoiano e le persone vengano oppresse affinché la Nutella possa arrivare sugli scaffali dei supermercati.

    La biotruffa: l'olio di palma sostenibile non esiste

    L'RSPO, certificazione sbandierata da molte aziende e multinazionali, è solo un organo di facciata, una brillante operazione di greenwashing architettata dalle multinazionali per le stesse multinazionali del settore, volta a nascondere i crimini che si nascondono dietro al mercato dell'olio di palma.

    Questa tavola rotonda, che di fatto certifica e legalizza la deforestazione, nasce nel 2004 in Malesia, ma viene registrata in Svizzera, ed è fondata da multinazionali del calibro di Aak, Migros, MPOA (Malesyan Palm Oil Association) e Unilever, alle quali un anno dopo si sono aggiunte Cargill e Wilmar (colpevole di numerosi incendi scoppiati nelle foreste del Borneo). Il tutto sostenuto e supportato da Wwf, al preciso scopo di offrire all'RSPO quel velo di sostenibilità necessaria per poter vendere la biotruffa al consumatore.
    Successivamente altre multinazionali entrano a far parte della tavola rotonda dell'insostenibilità: McDonalds, PepsiCo, Nestlé, Mars, L’Oreal, P&G, Sime Darby, Ferrero, Mulino Bianco; e aziende del biologico come Baule Volante, La Finestra sul Cielo, Ecor, Rapunzel, i cui traffici hanno contribuito alla guerra civile in Colombia, e molte altre.
    Le monocolture, di qualsiasi produzione si tratti, non possono comunque essere definite sostenibili per le seguenti ragioni:
    • Non permettono a un terreno abituato a ospitare biodiversità vegetale e animale di usufruire di quel naturale ricambio grazie al quale si nutre di sostanze diverse in periodi diversi dell’anno, che lo mantengono vivo;
    • Per mantenere molte piante in poco spazio, si fa largo impiego di agenti chimici, quali pesticidi, erbicidi e quant’altro, tutte sostanze che, ovviamente, impoveriscono e avvelenano ulteriormente il terreno;
    • La coltivazione intensiva di un’unica specie vegetale necessita di enormi quantità di acqua per crescere e dare i frutti e determina la morte del terreno nell'arco di due anni, rendendolo incapace di ospitare e generare vita.
    Da sottolineare ancora che l'olio di palma per giungere in Europa dall'Indonesia deve affrontare un viaggio lungo circa 13.000 chilometri, della durata di 24 giorni, periodo durante il quale la suddetta sostanza deve essere tenuta in appositi silos che la mantengano a temperatura ambiente, altrimenti solidificherebbe sarebbe poi inutilizzabile. Le emissioni di CO2 nel corso del viaggio sono quindi devastanti, e il principio del chilometro zero, uno dei parametri che dovrebbe garantire la sostenibilità di un prodotto viene ampiamente sgretolato.

    Quella che segue è la lista delle quantità di olio di palma impiegate dalle singole multinazionali (in grassetto quelle che troviamo più spesso sugli scaffali) nel solo 2013:
    • Unilever (Paesi Bassi): 1 milione 523 mila 605;
    • BASF (Germania): 200 mila;
    • Ferrero (Italia): 150 mila;
    • CSM (Paesi Bassi): 107 mila 449;
    • Reckitt Benckiser (Regno Unito): 106 mila 985;
    • Henkel (Germania): 71 mila 608;
    • L'Oréal (Francia): 61 mila 850;
    • Vademoortele (Belgio): 57 mila 306;
    • United Biscuits (Regno Unito): 54 mila 137;
    • Aldi (Germania): 53 mia 100;
    • Associated British Foods (Regno Unito): 45 mila 831;
    • Barilla (Italia): 39 mila 250;
    • IKEA (Svezia): 34 mila;
    • Tesco (Regno Unito): 33 mila 811
    • Aviko (Paesi Bassi): 20 mila 509;
    • Farm Frites (Paesi Bassi): 18 mila 917;
    • Lidl (Germania): 17 mila 530;
    • Premier (Regno Unito): 16 mila 358;
    • Nutreco International (Paesi Bassi): 15 mila;
    • Augustus Storck (Germania): 14 mila 403;
    • Arla Foods (Danimarca): 14 mila 025;
    • ASDA (Regno Unito): 12 mila 421;
    • Smile Foods - Royal Smilde (Paesi Bassi): 12 mila 100;
    • Sainsbury's (Regno Unito): 11 mila 212;
    • EDEKA (Germania): 11 mila 175;
    • REWE Group (Germania): 10 mila 100;
    • Lotus (Belgio): 8 mila 700;
    • Scamark (Francia): 8 mila 364;
    • Remia (Paesi Bassi): 8 mila 300;
    • Royal Ahold (Paesi Bassi): 8 mila;
    • Lantmännen (Sveza): 7 mila 546;
    • Groupe Lactalis (Francia): 7 mila 400;
    • Bongrain (Francia): 7 mila;
    • Carrefour (Francia): 7 mila;
    • Les Mousquetaires (Francia): 6 mila 537;
    • Dansk Supermarket (Danimarca): 5 mila 889;
    • Oriflame (Svezia): 5 mila 801;
    • Morrisons (Regno Unito): 5 mila 778;
    • Karl (Finlandia): 5 mila 636;
    • Yves Rocher (Francia): 5 mila 125;
    • Cémoi (Francia): 5 mila 100;
    • Magasins (Francia): 4 mila 174;
    • Co-operative (Regno Unito): 3 mila 890;
    • Kaufland (Germania): 3 mila 674;
    • HARIBO (Germania): 3 mila 350;
    • Marks & Spencer (Regno Unito): 3 mila 064;
    • Sodexo (Francia): 2 mila 939;
    • Waitrose (Regno Unito): 2 mila 728;
    • Brioche (Francia): 2 mila 585;
    • Delhaize (Belgio): 2 mila 500;
    • Casino (Francia): 2 mila 376;
    • ICA (Svezia): 2 mila 200;
    • Jumbo (Paesi Bassi): 2 mila;
    • Harry's (Francia): 1 mila 800;
    • Axfood (Svezia): 1 mila 690;
    • Reitan/REMA (Danimarca): 1 mila 463;
    • Laboratoire L'Occitane (Francia): 1 mila 287;
    • Warburtons (Regno Unito): 1 mila 180;
    • SOK (Finalndia): 1 mila 145;
    • Dcoop Sweden (Svezia): 949;
    • Raisio Oyj (Finalndia): 841;
    • Kesko Food (Finlandia): 800;
    • Ecover (Belgio): 775;
    • Boots (Regno Unito): 367;
    • R&RIce cream (Regno Unito): 211.


    Alternative
    • Uso in cottura: olio d'oliva, meglio se extravergine;
    • Uso in frittura: olio d'oliva, perchè ha un punto di fumo alto e quindi è difficile che gli alimenti durante la frittura si brucino e diventino cancerogeni;
    • Uso a crudo: olio d'oliva, meglio se extravergine, oppure altri oli come quello di sesamo o, se piace un gusto più marino, come di pesce, quello di lino;
    • Uso nella preparazione di dolci: per alcuni dolci, come i biscotti, che richiedono un uso molto limitato di olio, consigliamo sempre quello d'oliva, mentre per altri, in cui è richiesto un impiego maggiore d'olio, quello d'oliva può risultare troppo grasso, per cui è meglio usarne uno come quello di semi di girasole.

    Qui un piccolo glossario da scaricare, stampare e portare con sé


    Il glossario è in formato A7, comodo da tenere nel portafogli, per cui qui ne abbiamo caricato otto, quanti ne stanno in un normale A4: stampate, ritagliate e distribuite i restanti sette ad amici e parenti!



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