La nostra tecnologia, il loro sangue

Viene chiamata la guerra del coltan, termine che è stato attribuito ai continui conflitti che avvengono nella Repubblica Democratica del Congo ai quali non vi è fine, conflitti che girano costantemente attorno al mercato dei minerali.
Il Congo possiede una terra molto ricca di oro, cobalto e diamanti e in particolare di coltan: l’80% dei giacimenti conosciuti al Mondo si trovano in questo angolo dell’Africa, ma resta comunque un paese molto povero e pericoloso a causa degli interessi delle compagnie minerarie e della guerra che viene portata avanti per poter ottenere e controllare queste risorse.
Il coltan è un metallo che si trova nei telefoni cellulari e nei computer di ultima generazione. In un anno possono essere estratte ed esportate illegalmente anche 1500 tonnellate di coltan che spesso costano la vita ai minatori per i continui crolli delle miniere, oltre che alla salute della fauna locale.

Ciò che accade in questa parte del Pianeta è orribile, questi traffici illegali di minerali fruttano ai guerriglieri locali 1 milione di dollari al mese che sono utilizzati per l’acquisto di armi in modo da proseguire la guerra contro il governo di Kinshasha, ma questa è solo una delle tante atrocità.
Per mantenere il controllo sui metalli e i minerali che le industrie tecnologiche europee e statunitensi richiedono, i gruppi armati hanno instaurato un regime di terrorismo verso le popolazioni locali ricorrendo a mezzi la cui violenza non trova aggettivi per essere spiegata.
I soldati privano gli uomini di ogni affetto ed alternativa stuprando e uccidendo le loro figlie e le loro mogli, spingendoli così ad arruolarsi tra le loro file; quasi 6 milioni di persone sono state uccise dal 1998 ad oggi.
Morti alimentate e approvate ad occhi chiusi dall’industria tecnologica occidentale che non si prende la responsabilità (o non ha interesse nel farlo) di verificare la provenienza dei metalli utilizzati per la produzione dei vari prodotti.

Masika, donna sopravvissuta agli orrori della guerra del coltan che oggi lotta contro minacce e violenze per aiutare le altre innumerevoli vittime.

Le realtà che queste persone sono costrette a vivere ogni giorno lasciano senza fiato… ci sembra però doveroso ricordare la straziante storia di Masika (una delle tante), violentata più volte come le sue figlie, privata del marito, ha passato 6 mesi in coma.
Al suo risveglio non ricordava più nulla, ma l’aver ritrovato le sue figlie incinta l’ha riportata agli orrori che aveva vissuto e per mesi ha dovuto lottare con il desiderio di uccidersi, ma poi ha vinto e oggi si dedica ad aiutare le donne che hanno passato esperienze come la sua, nonostante le minacce e le violenze che ha continuato a subire negli anni a causa della lotta e delle proteste che porta avanti.
Synergie des Femmes pour les Victimes de Violences Sexuelles si è ispirata a Masika per produrre un cortometraggio di denuncia sulle violenze subite dalle donne: Unwatchable, che potete trovare su youtube, e dare vita ad una campagna per richiamare l’industria occidentale alle proprie responsabilità che vi riportiamo qui.

Speriamo davvero con tutto il cuore che l’aver raccontato questa storia serva in qualche modo ad aiutare Masika nella sua lotta, ma più verosimilmente che possa servire a risvegliare le coscienze di tutti noi, a ricordarci che non siamo soli al Mondo, che se un orrore si consuma dall’altra parte del Pianeta non significa che debba lasciarci indifferenti, a riflettere sull’impatto che hanno i nostri (all’apparenza) innocenti gesti quotidiani.

Abbiamo il diritto di essere informati sul costo reale del prodotto che acquistiamo in termini di diritti umani, di salvaguardia dei popoli, dei territori e dell’ambiente. 

Abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi davanti a queste atrocità, di far girare queste notizie, di richiedere ad ogni azienda di assicurarsi che non vi siano violenze dietro alla produzione di ciò che viene commercializzato.