Consumo di carne e derivati animali

Un tempo veniva considerata fuori luogo e insensata ove non addirittura oltraggiosa al ben pensare la lotta contro la schiavitù, così come poi quella per i diritti per i neri e quelli per le donne. Oggi si combattono giustissime lotte come quelle contro l'omofobia e la xenofobia. Esistono molte altre lotte, alcune giuste, altre, dal nostro punto di vista, no, ma queste citate sono tutte accomunate da un particolare: la tendenza all'affermazione di una parità tra due soggetti prima considerati l'uno inferiore e l'altro superiore.
È giunto il tempo che tutti apriamo gli occhi e affermiamo un'ulteriore parità di fondo: quella tra uomo e animale, quella tra tutte le specie. È giunta l'era dell'Antispecismo.

Ciò che sta a valle: perché NON consumarla

Ogni anno vengono fatti sparire svariati ettari di foreste pluviali, autentici polmoni del Pianeta, che determinano il clima e le precipitazioni necessari per la salute ambientale, unicamente per la costruzione di nuovi allevamenti di bestiame (intensivi e non) destinati a incrementare il mercato della carne e dei derivati.
L'85% dei danni climatici è da attribuire agli allevamenti intensivi: il gas metano emesso dagli stomaci degli animali detenuti genera un inquinamento pari a quello cittadino (una mucca da allevamento contribuisce all'effetto serra esattamente come un'autovettura). Ma questo non è tutto: le condizioni in cui riversa la maggior parte degli allevamenti sono pessime al punto da generare frequenti epidemie attraverso l'accumulo delle feci e la proliferazione di batteri. Questo provoca un inquinamento delle falde acquifere su larga scala.



Ovviamente questo è solo uno dei due lati della medaglia: la vita degli animali destinati agli allevamenti non si può chiamare tale. Innanzitutto dovremmo chiederci per quale motivo non sia possibile dall'esterno vedere quello che accade in questi posti, se non in alcuni rari casi, in cui agli animali viene concessa una vita esterna e non segregata.
La sofferenza e le torture alle quali sono soggette queste creature viventi non sono spiegabili in alcun modo. La loro esistenza è una costante prigionia, che alla fine vede nella morte solo sollievo. Privati della loro soggettività, vengono sfruttati come fossero macchine costruite al solo scopo di produrre carne per ingrassare le tasche di chi vende e la pancia di chi compra; all'interno di questi allevamenti sono costretti in spazi bui, ammassati gli uni sugli altri e senza avere mai la possibilità di vedere la luce del sole.
Ma la realtà del biologico, del contadino, del rurale e tradizionale, non è una soluzione: l'esistenza dell'animale è comunque funzionale alla produzione di carne e/o derivati. Non gli è garantito un trattamento "umano" e quello che viene definito "accesso all'esterno" si riduce al poter guardare fuori da una finestra. In alcuni (ben più rari) casi l'"accesso all'esterno" potrà anche andare oltre a questo, ma la fine dell'animale resta comunque identica in tutte le tipologie di allevamento.

Quel che viene dopo: le conseguenze del consumo

L'allevamento degli animali vede impiegate grandi quantità di risorse (15 chili di cereali e 15500 litri di acqua per la produzione di un solo chilo di carne di manzo), risorse che, se impiegate diversamente, sarebbero più che sufficienti a sfamare la popolazione dell'intero Pianeta in ogni sua zona.



A contribuire a questo fenomeno vi è anche la privazione delle terre da parte di chi ha interesse a costruire nuovi allevamenti. Le popolazioni della zona vengono cacciate dai propri territori oppure sfruttate per la coltivazione intensiva (si veda: monocolture) di cereali dei quali però non possono fare uso diretto, perché destinate, invece, all'alimentazione massiccia degli animal da allevamento messi all'ingrasso per poter ottenere una crescita pù veloce e quindi dei profitti più rapidi.

Non ultimo il fatto che, date le particolari condizioni poco consone e igieniche in cui sono tenuti gli animali, per sopperire a queste epidemie dilaganti e fare in modo di perdere il minor numero di capi prima che questi abbiano raggiunto l'età stabilita per essere mandati al macello (insomma, affinché i magnati di carne, pesce e derivati non perdano troppo denaro), agli animali vengono costantemente mischiati al cibo generalmente costituito da mais e soia geneticamente modificati ormoni della crescita, fitofarmaci, antibiotici etc. Questo favoloso cocktail di sostanze mai segnalate sulle preziose etichette sfoggiate da aziende, supermercati e organi governativi come assicurazioni e tutele nei confronti dei consumatori finisce direttamente sulla tavola di chi sceglie, coscienziosamente o no, di consumare questi prodotti.
Facciamo un esempio storico. Il problema mucca pazza era nato per lo stravolgimento della natura degli animali che da erbivori venivano invece alimentati con mangimi nei quali erano presenti gli scarti di loro simili. Ma la cosa avviene ancora adesso, si veda, infatti la più recente epidemia nota come SARS.
Usciamo dal mito che non si possa vivere senza consumare carne: è stato studiato e verificato che il ferro contenuto in essa è molto meno assimilabile rispetto a quello che si può trovare nella verdura e nei legumi e la famosa vitamina B12 è ormai un miraggio anche per chi consuma la carne, in quanto questa, presente nella terra, non si trova più nell'animale poiché viene tenuto rinchiuso dentro casermoni invece che libero nei pascoli come si è soliti pensare.