Barriere materiali Prigioni mentali

Il cemento invaderà 516 chilometri quadrati di foresta pluviale, deviando dell’80% il flusso del fiume Xingu (principale affluente del Rio delle Amazzoni e fonte idrica per gli oltre 4.500 membri delle popolazioni indigene che risiedono nella zona) mutando in maniera drastica la biodiversità dei pesci, le cui morie sono già ben evidenti.belo_alligator2
Questo il bilancio, per il momento parziale, di uno dei progetti infrastrutturali più devastanti della storia: la diga idroelettrica di Belo Monte (le terza più grande del mondo) che priverà della libertà e della casa circa 25.000 indigeni, ultimo baluardo a difesa della Terra.
La diga, un progetto realizzato dal consorzio Norte Energia per conto del governo brasiliano e finanziato dalla BNDES (la Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale), entrerà definitivamente in funzione nel 2019.belo-monte
Il complesso idroelettrico, fiore a l’occhiello di un governo brasiliano che continua a spacciare questo progetto come un esempio per la fornitura di energia elettrica sostenibile, contribuisce invece ad incrementare in maniera sensibile la deforestazione di una delle zone della Terra già maggiormente colpite da questo fenomeno di sfruttamento ambientale.
Ad aggravare le sorti di uno dei polmoni del pianeta si aggiunge il via libera, sempre da parte del governo locale, alla realizzazione di quella che minaccia di diventare la più grande miniera d’oro del Brasile.
Il progetto, assegnato alla multinazionale canadese Belo Sun Mining, colpirà sempre le regioni attraversate dal fiume Xingu ed è già stato definito una “bomba ambientale ad orologeria”, in quanto potrebbe provocare una nuova Fukushima Brasileira.
Era il 5 novembre del 2015 quando la diga appartenente all’azienda mineraria Samarco crollò, travolgendo con 60 milioni di metri cubi di fango tossico Mariana e il villaggio di Bento Rodrigues, avvelenando il Rio Doce e provocando la morte di 24 persone.

Una diga è pur sempre un muro, una barriera, una miniera rappresenta lo stupro della Terra, espressioni antropocentriche del dominio che da sempre l’uomo cerca di espandere sulla stessa: limitandone la libertà per controllarne le risorse, gettando chi la popola (animali umani e non umani) in un costante regime di schiavitù, spinto dall’ossessione di poter dominare ciò che è selvaggio per natura.
Auspicare la liberazione totale ignorando questi aspetti significa non aver compreso quali siano i principi che caratterizzano la lotta antispecista, e quale il suo fine ultimo.
Una lotta da proiettare su ogni aspetto della vita, la cui efficacia è determinata dalle piccole/grandi scelte quotidiane che, anche se può non sembrare, si ripercuotono sui delicati equilibri di cui abbiamo parlato.
Il processo di liberazione della Terra, e di conseguenza quella totale, inizia con la liberazione del proprio essere da quelle prigioni mentali che impediscono di percepire la globalità del tutto, lottando solamente per quegli aspetti che coinvolgono direttamente senza considerare che ogni propria azione può mettere a repentaglio la libertà altrui.
La diga e la miniera sulle rive del fiume Xingu, oltre ad essere problemi pratici da contrastare supportando la resistenza dei popoli colpiti, rappresentano anche le metafore di una lotta che non deve conoscere limiti materiali né mentali, perché il concetto di Liberazione resterà un’utopia se non si combatte ogni espressione di dominio e prevaricazione.

Fonti: Globo