Gli animali mutilati di Hermann Nitsch: la violenza contro la violenza

Tra il 10 luglio e il 20 settembre Palermo ospiterà il famoso Teatro delle Orge e dei Misteri che negli anni Settanta ha reso noto in tutto il mondo l’artista austriaco Hermann Nitsch.
Questo Teatro non passa di sicuro inosservato, anche dopo quarant’anni di storia, e spesso si trova al centro di aspre polemiche. Il motivo? L’artista fa uso di carcasse di animali e con esse di sangue e interiora, facendo delle prime le protagoniste dell’opera e delle altre elementi decorativi della scena.
Dopo Città del Messico, dove una petizione è riuscita ad annullare l’evento artistico, ora anche in Italia numerose persone si battono per ottenere lo stesso risultato.
Testate giornalistiche dalle quali si possono apprendere le vicende di questa “contesa” trattano del fatto in questi termini: da un lato l’artista, che vuole portare la propria idea di arte al pubblico, dall’altra gli amanti degli animali che appunto per amore degli animali vogliono “mettere i bastoni tra le ruote” a Nitsch e cancellare il suo evento.

Ancora una volta, ci troviamo a dissentire dal modo di trattare e di leggere la realtà che ruota intorno alla lotta per i diritti animali.
Ogni giorno chi si batte in nome dell’animalismo e dell’antispecismo dai media più tolleranti viene definito “amante degli animali”. Nessuno prova a vedere la vera e più alta motivazione che dà spinta a ogni persona che impiega tempo, forza e, prima di tutto, sentimento per la tutela e la vita di chi tuttora considerato socialmente inferiore. L’amore è qualcosa di soggettivo, qualcosa che va e che viene, qualcosa che ognuno nutre per qualcuno, per qualche categoria e possiamo affermare che la sua soggettività è qualcosa che ci rende diversi gli uni dagli altri. Quello che realmente muove la lotta antispecista è il rispetto. Il rispetto, al contrario dell’amore, è qualcosa di oggettivo, che ognuno può nutrire non per categorie di persone ma secondo giustizia. Coloro che applicano rispetto solo in base a categorie umane (e non) sono quelli che sfociano in atteggiamenti e ideologie razziste, sessiste, omofobe e via dicendo.
Il rispetto è qualcosa di più ampio dell’amore, è qualcosa di stabile e non vacilla con il passare del tempo. Una volta che si vede la motivazione per cui è giusto e naturale portare rispetto per una donna se si è uomo, per un uomo se si è donna, per chi di identità di genere differente, di orientamento sessuale differente, di specie differente non si torna indietro, a meno che la motivazione non fosse già poco forte inizialmente.
Questo è il vero valore su cui si basa la lotta per la parità di diritti per ogni specie: il rispetto. Per questo si può parlare di parità. Il rispetto coinvolge tutti e allo stesso modo, senza escludere nessuno.

Non possiamo però terminare senza esprimere una nostra opinione sulla mostra di Nitsch.
L’artista si difende dicendo che un drammaturgo non può non scontrarsi con il tragico, ovvero con la morte, ma è felice di far sapere che la morte con cui si scontra e con cui vuole che anche il suo pubblico si scontri… era “già morta”. Ebbene sì, carne, sangue, interiora e quant’altro Nitsch maneggi proviene da animali già macellati a scopo alimentare.
Inutile dire che una dichiarazione del genere è sterile e inconcludente: il mercato gira senza sosta ed è fatto di domanda e di offerta. Al macellaio poco importa se compri la sua carne per mangiarla o per impressionare il pubblico mondiale; il macellaio è felice perché guadagna. Il signor Nitsch dovrebbe capire due cose: la prima, acquistare qualcosa a scopi lontani da quello comune non significa non acquistare e non alimentare quel mercato. La seconda, che sentire la necessità di mettere in scena la violenza per far riflettere su quella stessa violenza denota mancanza di immaginazione, pericoloso, per un artista, così come poco tatto.

Mostra-Hermann-Nitsch

Particolare della mostra di Hermann Nitsch (immagine di: Beeld.nu).

Servirsi di quella che può sembrare la strada più semplice per far arrivare un messaggio usando colpi di scena esaltanti e mozzafiato è poco rispettoso nei confronti di una causa che merita grande impegno e pari riflessione. Nascondersi dietro schizzi di sangue e parti di corpi che non hanno più un’identità è logorante, controproducente, autodistruttivo.

Non si combatte la violenza con immagini che la mettono in scena, perché così facendo la si conferma, la si moltiplica e la si rimbalza nella società, che anche di immagini si nutre.
– Giovanna Cosenza, Yamamay, le polemiche e l’ennesimo occhio pesto

Parlando di questo non ci rivolgiamo solo a Hermann Nitsch, ma anche a tutte le attiviste e tutti gli attivisti che ritengono utile, anzi, più utile fare uso di immagini violente per predicare nonviolenza. Riteniamo questo uno degli argomenti più essenziali su cui riflettere oggi nella lotta antispecista.

Fonti: