Brasile: il fango della Samarco scorre ancora

Il 5 novembre 2015 la diga costruita dall’azienda mineraria Samarco, realizzata per contenere i rifiuti prodotti dalle operazioni estrattive, collassa.
Le stime di quello che è stato identificato come il peggior disastro ambientale nella storia del Brasile sono allarmanti: da allora 50.000 tonnellate di fango tossico si sono riversate nel Rio Doce per giungere poi nell’oceano Atlantico. Il crollo della diga ha sepolto con più di 60 milioni di metri cubi di residui dalla centrale mineraria della Samarco il piccolo comune di Bento Rodrigues, provocando 17 vittime e due dispersi e lasciando centinaia di famiglie senza casa.
L’ampiezza della fuoriuscita di fango dal cedimento della diga della Samarco a Mariana è triplicata in grandezza lungo la costa dello stato di Espirito Santo da domenica, riferiscono i gruppi ambientalisti che ne monitorano gli effetti. Secondo questi gruppi, non ci sono previsioni riguardo a quando il fango cesserà di affluire nell’oceano Atlantico.atlantico Disastro-Rio-Doce-Brasile-1.1

“Tutto dipenderà dalla velocità in cui questi margini verranno riparati, in modo che questo materiale possa stare dov’è, altrimenti ogni volta che la pioggia scenderà forte nella parte alta e mediana del Rio Doce vedremo materiali scaricati in mare,” (Paulo Rosman, professore di ingegneria costiera presso l’Università Federale di Rio de Janeiro).

La situazione è monitorata da diversi istituti ambientalisti per la tutela delle risorse naturali e della biodiversità tra i quali figura IBAMA, che recentemente ha attaccato Norte Energia, l’azienda responsabile della realizzazione delle dighe di Belo Monte, opera per la quale è stata aperta un’inchiesta contro il governo brasiliano per violazione dei diritti umani.
L’opera in questione, fino a questo momento, ha provocato l’esproprio 20 mila le persone costrette ad abbandonare la propria casa e le terre abitate per essere ricollocate altrove, e che lamentano un inadeguato risarcimento economico per quello che hanno subito.
Sono invece 24 le tribù indigene colpite direttamente da questo progetto, spesso nemmeno informate in merito, ma direttamente obbligate ad abbandonare le terre abitate da sempre, gestite con rispetto e preservate nonostante l’avanzata del cemento e del falso progresso.

Fonti: Rio Times – AIDA