Gli effetti collaterali dell’olio di palma

Nell’autunno del 2015, oltre 700.000 ettari di foreste sono stati dati alle fiamme nell’isola di Sumatra al fine di incrementare la produzione di olio di palma.
Una pratica molto cara alle multinazionali del settore, e che permette loro di convertire rapidamente vaste aree di foresta tropicale in monocolture intensive di palme da olio.
Il fumo che si è sollevato da questi incendi, un fenomeno chiamato haze, ha ricoperto l’Indonesia, la Malesia e Singapore di una fitta coltre di foschia rossiccia che per settimane ha reso l’aria irrespirabile, facendo registrare picchi di inquinamento ben superiori ai limiti
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L’esposizione alla “foschia killer” (haze), come denunciato da uno studio condotto dall’università di Harvard e della Columbia, avrebbe provocato la morte prematura di oltre 100.000 persone: 91.600 vittime in Indonesia, 6.500 in Malesia e 2.200 a Singapore.
Per effetti collaterali non si intendono, quindi, i danni che il consumo di olio di palma potrebbe provocare alla salute del consumatore, un problema tra l’altro facilmente risolvibile attraverso il boicottaggio radicale di ogni prodotto che contenga questa sostanza, ma quelli che la sua produzione causa a monte, ben più gravi, che però non ricevono la stessa attenzione.
La questione olio di palma, dalle nostre parti, è stata sempre affrontata in maniera sterile, dando risalto agli aspetti più marginali del problema, tralasciando colpevolmente quelli che sono i crimini reali legati alla produzione di questa sostanza e non solo, perché questo
non è l’unico mercato a causare sfruttamento ambientale, animale umano e non umano.
In questi ultimi mesi abbiamo assistito all’incremento di spot pubblicitari che rassicurano il consumatore sull’assenza di olio di palma all’interno dei vari prodotti industriali, non tutti ovviamente.
Una mossa commerciale obbligata alla quale i vari marchi non si sono potuti sottrarre al fine di arginare una crescente perdita di consumatori e, quindi, l’inevitabile calo dei profitti: unico reale interesse di ogni azienda.
Un bombardamento mediatico al quale il consumatore non dovrebbe rispondere con soddisfazione, ma piuttosto con disgusto nei confronti di tutte quelle aziende che per anni hanno omesso volontariamente i crimini che si nascondevano dietro la realizzazione dei
loro prodotti, dando la priorità al profitto, piuttosto che alla sostenibilità ambientale, alla libertà degli animali non umani e dei popoli.
Crimini ambientali che hanno una ricaduta anche a distanza di tempo, perché mentre i possibili danni alla salute del consumatore è un aspetto al quale si può porre facilmente rimedio, la stessa cosa non si può dire per quelle popolazioni che vivono nelle zone colpite dal mercato dell’olio di palma e da ogni espressione di dominio e prevaricazione condotta dal sistema capitalista e consumista.
Un processo che solo il consumatore può arrestare, attraverso il boicottaggio ad esempio.A5 prodotti odp
Una forma di lotta quotidiana a disposizione di tutti/e, che non deve portare ad ottenere nuove linee di prodotti industriali, ma a prendere le distanze dalla grande distribuzione organizzata, espressione ultima di quello stesso sistema che per sopravvivere ha bisogno di cibarsi delle risorse economiche del consumatore, rendendolo schiavo e complice a tempo stesso.

Fonte: The Guardian