Ferrero: “da 70 anni la qualità prima di tutto”… anche delle foreste

In questi ultimi mesi numerose aziende si sono viste costrette a rivedere la composizione di molti dei prodotti da loro commercializzati, modificando le ricette di quelli la cui realizzazione era basata sull’impiego dell’olio di palma a seguito di un effetto domino che, tutto considerato, ha impiegato anche troppo tempo ad attivarsi.
I crimini che si celano dietro la produzione di questo olio tropicale, denunciati da Earth Riot a partire dal 2012 attraverso stopodp (campagna che non ha nulla a che fare con quelle proposte in seguito da istituzioni e partiti politici in cerca di visibilità e trampolini
politici), sono ormai di dominio pubblico.adesivo logo stopodp
Il problema è che il dibattito sull’olio di palma continua ad essere incentrato sui possibili danni alla salute del consumatore, una questione marginale che, oltre a distogliere l’attenzione dagli aspetti realmente importanti, ha generato due fenomeni che di fatto lasciano la situazione inalterata.
Da un lato il bombardamento mediatico innescato da quelle aziende che, preoccupate di perdere consumatori e quindi introiti, sottolineano di aver eliminato l’olio di palma da alcuni dei loro prodotti, creando così una nuova fascia di mercato e approfittando della
situazione per vestirsi di una finta sostenibilità.
Dall’altro quello di chi invece, nonostante l’evidenza dei fatti, resta fedele alla linea accusando di disinformazione chi non ha interessi economici legati alla produzione dell’olio di palma, promuovendo spot pubblicitari che giustificano l’impiego della sostanza incriminata.
In entrambi i casi il messaggio che ne scaturisce è chiaro ed evidente: il terrore da parte delle aziende di perdere consumatori.
Lo spot pubblicitario ideato da Ferrero per difendere la produzione della Nutella, prodotto di punta della multinazionale italiana, è solo l’ultimo tentativo di giustificare l’utilizzo dell’olio di palma da parte di quelle aziende che basano il proprio business sul commercio e l’impiego di questa sostanza.
Una sostanza un tempo utilizzata esclusivamente a livello locale da quei popoli che abitano le zone dove la palma da olio cresce naturalmente, senza che questo sia causa di deforestazione e inquinamento.
Un aspetto, questo, che Ferrero cerca di usare a proprio vantaggio per giustificare ulteriormente l’impiego di olio di palma, identificandolo come un ingrediente che da sempre fa parte dell’alimentazione mondiale, ma senza dire che l’impiego a livello industriale ne ha fatto una delle principali cause di deforestazione.
La “famiglia” Ferrero, nel suddetto spot e sul proprio sito, dichiara di utilizzare olio di palma “sostenibile” senza però fornire alcun dettaglio in merito, ma facendo invece leva sul fatto di effettuare autonomamente la spremitura del frutto della palma proveniente prevalentemente dall’Indonesia, riportando così l’attenzione sull’aspetto “salute del consumatore”.
La presunta sostenibilità di cui parla Ferrero, ricordando che (spremuto o no) l’olio di palma per arrivare in Europa deve affrontare un viaggio in nave della durata di 20 giorni, un aspetto che dovrebbe essere sufficiente per smantellare la tesi delle multinazionali del
settore, è quella costruita a tavolino, promossa e diffusa da organi come RSPO e POIG.FILIERA OLIO PALMA
L’RSPO, di cui Ferrero fa parte dal 2005, è un organo fondato un anno prima da quelle stesse multinazionali (Aak, Migros, MPOA (Malesyan Palm Oil Association) e Unilever, Cargill e Wilmar) che controllano il mercato dell’olio di palma al preciso scopo di nascondere all’opinione pubblica crimini come deforestazione, sfruttamento animale e oppressione dei popoli provocati dalla produzione di questa sostanza.
Il POIG (Palm Oil Innovation Group), organo che vede tra i suoi membri anche la multinazionale colombiana Daabon, fornitrice di marchi del biologico come Rapunzel e Allos e che nel 2010 ha estirpato le coltivazioni di cacao e mais di 123 famiglie, cacciate da quelle zone anche grazie all’aiuto della polizia per poter incrementare le proprie monocolture di palme da olio, ha come scopo quello di sostenere e giustificare l’operato dell’RSPO.
A rafforzare l’illusione della sostenibilità ambientale e dell’impegno sociale l’immancabile presenza di Greenpeace e WWF, multinazionali dell’attivismo a tutti gli effetti che contribuiscono a stendere quel velo di omertà sui crimini condotti dalle multinazionali vere e proprie.
In questi anni le due presunte associazioni ambientaliste hanno più volte contribuito a sostenere o, addirittura, elogiare l’operato di multinazionali del calibro di Wilmar e P&G, solo per fare alcuni nomi, oltre ad essere direttamente implicate in vari crimini ai danni della Terra e di chi la abita come viene descritto nel documentario Il silenzio del panda, che mostra il vero volto del WWF.
Lo spot promosso da Ferrero per tutelare i propri interessi rappresenta un chiaro segnale del disagio che queste multinazionali stanno vivendo, delle difficoltà che stanno attraversando nel mantenere alte le vendite, questo grazie alla diffusione sempre crescente di informazione pulita dal basso e dal boicottaggio che ne deriva.A5 prodotti odp
Segnali che devono essere colti come l’occasione di incentivare il lavoro svolto in questi anni attraverso la campagna stopodp, che non rappresenta solo la lotta contro il mercato dell’olio di palma, ma contro tutte quelle forme di sfruttamento provocate dalle produzioni
intensive, dalla conversione delle foreste tropicali in monocolture intensive o allevamenti.
L’obiettivo non deve essere quello di ottenere prodotti industriali privi di olio di palma, dando così modo alle multinazionali di mantenere invariato il proprio operato sostituendo magari la sostanza incriminata con l’olio di cocco, colza, soia o con il burro, tutti derivanti da un qualche tipo di sfruttamento, ma quello di prendere le distanze dalla grande distribuzione organizzata, allargando i propri orizzonti di lotta verso tutti i crimini commessi da queste aziende.