Come si mercifica la lotta antispecista

L’ambiente vegan sembra quasi essere sotto l’assedio di un mercato che sta studiando qualsiasi strategia pur di impadronirsi di quella fetta di persone che dovrebbero remare contro il consumismo, ma che invece in gran parte sembrano lasciarsi tentare dai prodotti industriali messi in commercio da quegli stessi marchi che per coerenza dovrebbero combattere.

Negli ultimi tempi capita di assistere con un po’ troppa frequenza a espressioni di giubilo ingiustificate, soprattutto sui social network: diaboliche piattaforme che troppo spesso riducono l’attivismo ad un effimero quanto inutile “mi piace”.
Persone che inneggiano a un presunto avvenuto “cambiamento” perché hanno trovato un panino pomodoro e mozzarella in autogrill, perché Cremonini (primo produttore di carne di rossa del Paese) ha messo in commercio un panino vegano farcito con una foglia di lattuga e una fetta di melanzana (in qualsiasi stagione, ovviamente) a “soli” € 4.50, oppure, esempio degli ultimi giorni, la Granarolo che oltre a produrre latte vaccino avvia anche la commercializzazione di quello vegetale.immagine panino chef express

Forse ad alcuni non è chiaro che un “cambiamento” può essere sia positivo che negativo, che non sempre è sinonimo di progresso e che la strada intrapresa dal mercato dovrebbe farci indignare perché sta tramutando in industrializzazione la lotta alla liberazione di ogni essere vivente. Sta mercificando i valori di cui siamo, giustamente, tanto orgogliosi.

Il veganismo, come la lotta antispecista più pura di cui preferiamo parlare, non è una moda, una scelta, una dieta alimentare o uno stile di vita, un qualcosa di cui scrivere su una rubrica di un mensile sulle ultime tendenze, ma un modo di concepire la vita stessa. E non rappresenta una nuova forma di industrializzazione, la ricerca di surrogati sintetici e industriali che sostituiscano carne, formaggio o uova, ma, al contrario, un mezzo per allontanarsi dalle produzioni intensive e di massa che stanno mettendo in ginocchio la Terra.
In passato ci siamo espressi più volte sull’incoerenza di definirsi vegan, o peggio ancora antispecisti, e poi acquistare con leggerezza un panino falsamente nonviolento, venduto da un’azienda (in questo caso Cremonini) contribuendo così a finanziare l’industria della carne, l’acquisto, la schiavitù, le torture e la morte di quasi 60 miliardi di animali all’anno.
Questo appena descritto è uno dei classici esempi di “cambiamento” avvenuto in maniera negativa, figlio di quell’opera di greenwashing innescato ormai da diverse aziende, un “capitalismo verde” che non esprime nulla di nuovo e punta a ingannare il tanto agognato consumatore.

Oggi vogliamo concentrarci sull’ultimo esempio in ordine cronologico di azienda che tenta di ripulirsi l’immagine e nel contempo di aggiudicarsi nuovi clienti: la Granarolo, uno dei principali produttori nazionali di latte vaccino.latte vegetale granarolo
Il punto è proprio questo: si potrebbe anche parlare di “cambiamento” positivo se Granarolo avesse cessato la produzione di latte vaccino per convertirsi unicamente a quella di latte di riso, soia, avena etc., ma così non è.
Il collegamento da fare non ci pare difficile: acquistando latte vegetale Granarolo si finanzia l’industria della carne e la produzione di latte mediante sfruttamento animale. Eppure assistiamo ai festeggiamenti di molti presunti vegan che accolgono questa novità con soddisfazione.

Forse è il caso di ricordare a quali agonie va incontro una mucca privata di ogni soggettività e ridotta a una macchina per la produzione di latte.alma latte
Rinchiusa a vita, sovralimentata, costretta a rimanere incinta ad un ritmo molto più elevato di quello che accadrebbe in natura, strappata dal proprio vitello che ha la sola funzione di stimolare la madre a produrre latte per i guadagni dell’industria. Le mucche non possiedono latte in eccesso a disposizione dell’essere umano, lo producono solo dopo aver avuto il vitello e per la durata di tempo in cui lui deve essere svezzato. E se ciò che abbiamo scritto non fosse sufficiente per comprendere la sofferenza alla quale sono costrette queste mamme, vi invitiamo a guardare il seguente video.

La lotta, perché di questo si tratta e non di una corsa a cosa mettere oggi nel carrello della spesa, non conosce compromessi e deve essere credibile affinché sempre più persone si convincano del fatto che ogni vita merita rispetto, e che la nostra specie non deve essere quella dominante, ma solo una delle tante che abitano questo pianeta.
Il veganismo è un punto di partenza, non di arrivo. L’antispecismo è un percorso di miglioramento che dura tutta la vita e a tale proposito è necessario ricordare che non si riduce tutto al rifiuto di consumare carne, pesce e derivati animali in generale. Il boicottaggio delle multinazionali è indispensabile per sgretolare quelle dinamiche di sfruttamento che attanagliano la Terra e per sradicarsi da quella situazione di complicità di un sistema basato sul dominio ambientale e di ogni specie sacrificabile.

 

22 thoughts on “Come si mercifica la lotta antispecista

  1. Ma la colpa è delle ditte che vendono o della gente che compra? È un bene che le aziende, diversifichino creando alternative “vegetali”, così la gente puó cominciare a farsi qualche domanda e magari su un giorno scegliesse l’alternativa giusta, anche per solo una vita salvata ne sarebbe valsa la pena e ringrazierei… Se non cominciamo neanche non si può sicuro arrivare da nessuna parte… Ci vogliono generazioni per cambiare le mentalità! La realtà è questa ma se poi pretendete che da domani il mondo cambi di colpo vivete in un sogno meraviglioso, ma svegliatevi prima che sia troppo tardi perché gli ideali sono belli ma non tanto utili se non si comincia neanche…

    • Marcello, un vegano che esulta perché trova sugli scaffali del supermercato il latte vegetale della Granarolo è la fine di ogni cosa, non l’inizio, la morte degli ideali di cui tu parli.
      Non possiamo pensare di raggiungere il cambiamento auspicato finanziando le stesse aziende che elargiscono sfruttamento.

    • Nello specifico, la Granarolo è una azienda da quasi un miliardo di euro di fatturato annuo con 9 milioni di utile netto. Soldi fatti sulla pelle di milioni di vacche (57,35 milioni di litri di latte venduto all’anno) e di quei facchini che si sono fatti bastonare per un anno davanti ai cancelli granarolo per farsi riconoscere uno stipendio e qualche straccio di diritto.
      Con il latte vegetale, la granarolo, ci si può fare i clisteri.

    • Il fatto Marcello che un’azienda straricca con la disperazione delle mucche da latte e la vendita dei vitellini abbandonati ti fa capire che l’unico interesse
      della Granarolo e’ fare soldi..tanti soldi ..pensa alla falsità pubblicitaria della famosa Lola…ma questi personaggi sono rossi in una periferia di città rossa per interesse proprio non per ragione o cuore..di Granarolo non ho mai acquistato niente ..continuerò a farlo..
      Può essere che l’essere marchio influenzi i consumatori di latte ma come useranno i guadagni, dove prenderanno la soia, l’avena, il riso che percentuale verrà utilizzata, dove verrà prodotta ..guardiamoci io..non mi fido…

  2. Non capisco.
    Perché criticare il vegano felice di aver trovato un prodotto vegano al supermercato? Perché? Perché questo accanimento?
    Nessuno è totalmente coerente fintanto che, userà una macchina a benzina per i propri spostamenti. Fintanto che non mangerà solo cibo autoprodotto. Fintanto che userà un computer, come hai fatto tu, per scrivere questo articolo. Fintanto che succederà questo appena citato, continuerà a far parte di questo sistema consumistico-capitalista occidentale, e ad alimentarlo.
    Prima di criticare ed elargire chiarimenti perché non farsi una bella analisi personale?

    A mio avviso più il mondo conoscerà la parola Vegan, più la gente si renderà conto che si può vivere anche senza latte, carne uova, pellicce, zoo e circhi con animali..
    Forse un giorno si arriverà al momento in cui non sarà più necessario lavorare per sopravvivere, i soldi non avranno più valore, e il benessere della vita sarà al primo posto. Per ora ci sono solo i soldi, almeno nel nostro mondo occidentale, per cui la parola Vegan, all’interno di questo schifo, può essere quel “cavallo di Troia” che tutti noi auspichiamo che sia. Non ha senso criticare. Non capisco.

    • Davide, intanto ci teniamo a precisare che noi nel nostro piccolo tentiamo di fare tutto il possibile per non esser parte del sistema, ad incominciare dal pc da cui scriviamo che è un portatile proveniente dal mercato dell’usato.
      Poi bisogna fare molta attenzione al modo in cui viene sdoganata la parola vegan, che è appunto solo una parola da dover alimentare con i giusti contenuti.
      Come diciamo nell’articolo l’antispecismo è un percorso che dura tutta la vita, nessuno si può veramente definire tale perché vivere nel sistema per come è concepito adesso ti porta a commettere errori, anche involontariamente.
      Tu parli di un “cavallo di troia” che possa cambiare questo sistema capitalista, ma cambiarlo appunto, non alimentarlo.
      Quello della Granarolo è l’ennesimo processo di greenwashing che il vegano antispecista dovrebbe rifiutare perché acquistando prodotti di questo marchio, come di molti altri che stanno conducendo gli stessi processi di “ripulitura” delle etichette, significa alimentare direttamente quello stesso sistema di sfruttamento che dovrebbe invece essere combattuto.
      L’obiettivo non è veganizzare l’industria, ma prendere le distanze da essa, questa è la lotta antispecista.

      • “L’obiettivo non è veganizzare l’industria, ma prendere le distanze da essa, questa è la lotta antispecista.”
        Giusto, ma nessuno potrà essere staccato da questo sistema capitalistico/consumistico fintanto che ci vivrà immerso.

        Intacchiamo questo sistema da dentro, perché è l’unico modo possibile.

        • A me certi vegani fanno schifo quasi più della carne e dei latticini.
          Non ne consumo, e sono felice se un giorno potrò avere una scelta di vari tipi di latte di soia, di riso, seitan e legumi in quantità.
          Fottetevi voi e la vostra spocchia, non vi sta mai bene un cazzo.
          E’ proprio vero che le bestie sono molto meglio della gente.

          • Su una cosa siamo d’accordo, hai detto bene: è proprio vero che le “bestie” sono molto meglio della gente.

            Ah, comunque complimenti per le tue esaustive argomentazioni. Davvero inconfutabili e degne di un vero e proprio dibattito. Si capisce dalle tue poche righe che sei una di quelle persone che spara a zero e vuole concludere il discorso pensando di ottenere una facile “vittoria” spacciandola per ragione ottenuta dalla solita e nota “ultima parola”. Keep on. 😉

  3. occorre sempre ricordare la Semplicità, che è alla base del “pensiero vegan”, nutrirsi di alimenti naturali che sono tutti in torno a noi,tutti i surrogati “vegan” industriali sono il pessimo e ridicolo tentativo dell’industria alimentare di creare dipendenze sociali.

  4. mi spiace ma non sono d’accordo. Non vorrai pensare che da un giorno all’altro la granarolo smetta con latte vaccino e produca solo latte vegetale. questo è non solo praticamente impossibile ma aggiungerei eticamente scorretto per le migliaia di persone che ci lavorano….

    • No di certo, sarebbe troppo bello per essere vero. Anche se comunque allevare e torturare animali non è l’unico crimine di cui si macchia Granarolo (vedi il modo in cui tratta i suoi dipendenti), quindi anche se fosse non è che allora potrebbe considerarsi immacolata. Ad ogni modo, ci teniamo a precisare ancora una volta che l’articolo non è scritto per la Granarolo, non è all’azienda che vogliamo mandare un messaggio. Ci rivolgiamo a tutti quei vegani che esultano di fronte a notizie simili. Questo non è un bene, non è da considerare una rivoluzione come in molti sui vari social network si apprestano a scrivere. Questa è solo tendenza di mercato. La Granarolo lo fa per questo ed è anche per questo che non smette di produrre latte di origine animale. Di questo parla l’articolo e vorremmo che fosse capito.

  5. A mio avviso l’attivista antispecista o chi ha iniziato ad intraprendere questa strada, proprio in funzione del proprio pensiero critico, non dovrebbe comprare il latte di soia della Granarolo così come l’eventuale prossimo burgher di soia del Mc. Fin qui sono perfettamente in linea con il vostro pensiero.

    Rispetto ad una eventuale sua esultanza nel trovare simili prodotti sugli scaffali però non sono così drastico. Se infatti da una parte la contrarietà all’industria ed al sistema consumistico è base fondante del pensiero antispecista, dall’altra vi è anche il desiderio di espandere questo pensiero al maggior numero di persone possibili.

    Se dunque da una parte la Granarolo (sempre per utilizzare il vostro esempio) cerca di aumentare i propri profitti raggiungendo una fetta di mercato che aveva perso, allo stesso modo dimostra ai suoi consumatori tradizionali come sia possibile avere un’alternativa al latte vaccino classico.
    Questo può innescare un meccanismo fuori dal controllo dell’azienda, ovvero portare il consumatore ad effettuare un pensiero critico sul perché tale alternativa sia migliore e quali violenze si nascondano dietro alla mungitura.

    Credo infatti che l’aumentare del numero di Vegetariani, Vegani ed attivisti antispecisti degli ultimi anni sia anche un “effetto collaterale” che le aziende che applicano il greenwashing non avevano considerato a pieno.

    Vogliamo poi dire che molti tra questi Vegetariani dell’ultim’ora li si trovano negli Hamburgher Pub a mangiare panini di soia o a prendere il latte di soia della Granarolo? Perfetto. Ma ricordiamoci che nessuno di noi è nato Vegano, tutti proveniamo da un percorso personale di presa di coscienza e consapevolezza.

    Quando dunque passo davanti al latte in questione non lo compro ne provo felicità, ma ammetto che un velato sorriso sornione alla “aspetta e vedrai” mi nasce spontaneo.

  6. Tutto questo voler proteggere la decisione della granarolo a produrre e vendere latte di soia mi fa venire in mente chi esulta per le gabbie più grandi per le galline ovaiole o per i bovini allevati all’aperto.
    Ma siamo antispecisti o opinionisti da talk show? Crediamo in quello che facciamo o ci basta condividere la fotina raccapricciante su Facebook?
    Lasciamo i “non critichiamo granarolo” (e tutti i loro simili) ai consumatori distratti, a chi segue le mode ed ai così detti “welfareisti”. Chi crede nella lotta Antispecista fa quello che dice, senza ipocrisia, cercando di distruggere tutti i falsi miti e pagliacciate che la multinazione di turno ti propina come “scelta” del momento.
    Poi ognuno è libero di vivere nella propria ipocrisia, ma che almeno non ne faccia un vanto.

    • Viviamo in questo contesto basato sul consumo e lo sfruttamento. Nessuno può essere coerente al 100%

      La corrente che alimenta il tuo computer proviene da processi di sfruttamento.

      Secondo me bisogna cercare di essere più lungimiranti.
      C’è chi come la Granarolo in questione mette sul mercato prodotti con il suo nome, e ci sono imprenditori che si inventano nomi nuovi, bio, lontani da ogni sospetto, per scavalcare così anche questo inconveniente.
      Imprenditori che posseggono industrie che producono carne, che investono e acquistano aziende che producono vegan.

      Tutti noi siamo CONSUMATORI. Che vi piaccio o no. Tutti noi usiamo automobili, ci vestiamo con vestiti creati da altri, ci laviamo con l’acqua calda, e tutte queste cose, che se pur scontate, provengono da un sistema basato sul PROFITTO e sul CONSUMO.
      Io consiglierei a tutti di farsi un bel esame di coscienza, tranquillizzarsi cercare di essere più umili, e fare un bel sospiro, un po’ di chiarezza, e ripartire, tenendo a mente che durante la fine di una civiltà si svolgono simultaneamente, l’uno accanto all’altro, due situazioni separate con intrecci diversi. Mentre la parte dominante immutabile sta recitando il proprio ruolo, si creano sfide che puntano al cambiamento. Sono risposte creative da parti di minoranze che prenderanno sempre più piede e, se gestite in modo intelligente e cooperativo, getteranno le basi di un cambiamento. Si tratta della continua risposta evolutiva a una sfida.

      • Come hai detto tu, Davide:

        Intacchiamo questo sistema da dentro, perché è l’unico modo possibile.

        Ecco, su questo siamo d’accordissimo. Anzi, ti diremo di più: quando abbiamo deciso di creare questa realtà, Earth Riot, ormai tre anni fa, ci siamo chiesti se farlo davvero o se invece prendere poche cose a noi care e andare a vivere fuori dal sistema, da qualche parte nel mondo, ma totalmente isolati. Alla fine abbiamo deciso di esserci dentro, ma per intaccarlo, appunto come dici tu.

        Quello che vogliamo dire con questo articolo, ripetiamo ancora una volta, è che esultare di fronte a un evento di questo tipo da parte di un antispecista è assurdo. Abbiamo letto cose come “vegan revolution” e altro, in merito. Tutto per una linea di latti vegetali della Granarolo? Ecco, quando sentiamo/leggiamo questo, ci sentiamo, come dire, la lotta sbriciolarsi sotto i nostri piedi. E vorremmo, per qualche momento, a volte più, essere andati in qualche parte isolata del mondo, e non saperne niente.

        Non si tratta di poca umiltà. Sei tu il primo ad accusarci, sebbene con gentilezza, senza sapere quanti esami ci facciamo ogni volta prima di pubblicare un articolo, prima di caricare un volantino, un cartellone sul nostro sito, prima di scrivere due righe su un social network. E senza esagerare, che tu ci creda o no. Si tratta di considerazioni esasperate. E, con sollievo, notiamo che altri si sentono come noi.

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  8. Io personalmente non considero minaccioso l’entrata di una grande azienda casearia in un settore quello alimentare surrogato vegetale in continuo fermento. Non dobbiamo scandalizzarci o temere grossi sconvolgimenti. L’industria, con al seguito i suoi esperti di marketing, studia e indaga laddove vede un bacino d’utenza vergine o in crescita…e lì ci piazza i suoi bei prodotti ammiccanti originali, o copiati, non fa differenza. Basta marchiarli e brandizzarli con il proprio logo. Per intenderci…la “Lola” esisteva anche prima, e solo perchè ha toccato il nervo dei vegani…non credo sia corretto gridare al sacrilegio. Non bisogna sentirsi appartenenti ad una casta o ad un gruppo estremista. Non spetta a me dire che non bisogna confondere il veganismo salutista da quello etico…e poi diciamocela tutta: non sorprende per nulla che chi produce e vende latte vaccino decida un bel giorno di allargare sullo scaffale la sua bella porzione di facing avida di fatturato. Sono strategie ben radicate in una grande distribuzione stracolma di speculazione commerciale. Il connubio industria-distribuzione corre di pari passo. Negli ultimi anni i consumi di bevande e yogurt a base vegetale sono aumentati esponenzialmente non tanto grazie ai vegani, ma soprattutto grazie agli intolleranti al lattosio. E anche se può sembrare una piccolezza, non lo è affatto. Basterebbe un piccolo sondaggio per capire che molte di queste persone fanno colazione sì con bevande vegetali o delattosate, ma che contemporaneamente si nutrono anche di tante altri prodotti che con il veganismo non hanno nulla da spartire. Sono tutti possibili clienti molto appetitosi. L’azienda bolognese sopra citata lo sa benissimo e leggendo le indicazioni presunte salutiste sulle sue confezioni, ecco che il tentativo marketizzato di sfruttare un occasione ghiotta…è pronto e veloce! Si aggiunge poi una bella speculazione sui prezzi…e il giochetto è fatto! Questo è il mercato. Dobbiamo fermarlo? Dobbiamo opporci ottusamente?
    La lotta all’antropocentrismo non si attua con il boicottaggio industriale, non solo. Viviamo in un sistema capitalista e che ci piaccia o no esso deve comunque mutare in una direzione più sostenibile. Ma questo si ottiene insegnando ai consumatori ad effettuare delle scelte non strettamente personali ed egoiste, ma più rigorose e responsabili, facendo capire a queste stesse persone cosa è giusto e cosa è sbagliato tramite una concreta ed etica informazione. Informazione basata sulle reali condizioni di schiavitù esistenti derivanti dalla produzione, e sulle presunte alternative ad uno sviluppo sostenibile. Le persone devono avere uno schock emotivo per mutare le loro abitudini, non si fanno convincere da ingenui spot diffamatori. Non è questo il caso, ma come giustamente è stato detto, l’articolo in questione è indirizzato a chi ha già intrapreso un percorso di coscienza, e che vuole funzionare da avviso sulla non conformità etica-aziendale di un settore protagonista in sfruttamento Animale. Ogni forma di capitalismo non è mai stato etico e mai lo sarà. Ogni forma di corporazione industriale non è sostenibile. L’attuale sistema monetario non è sinonimo di benessere per le persone. Questo è un dato di fatto.
    Esempi come l’azienda sopra citata sono soltanto avvisagle di un qualcosa in crescita. Sono fette di mercato particolarmente gustose da addentare da parte di chi sfrutta ogni possibilità commerciale per fare profitto. Non dobbiamo meravigliarci, ma capire che ciò purtroppo è lecito in un sistema sociale basato sulla soddisfazione di bisogni materiali. E chi pensa che più tofu, seitan e veggie-mac saranno presenti consequenzialmente ad una riduzione di hamburger e wurstel…è in tragico errore. Si creerà solo un bacino d’utenza parallelo, come lo è stato per il settore light o presunto dietetico tanto seguito in passato ed ancora oggi in voga tra i più trendy del momento, i fantomatici prodotti-dietetici, che presto diventeranno (o già lo sono) prodotti-vegan. Certamente può essere utile inculcare ai carnisti che esiste un alternativa alla cotoletta o al latte intero, ma i mezzi a disposizione sono ben altri, più importanti e radicali. Io credo che non dobbiamo spaventarci troppo di questi tentativi commerciali che, si voglia o no, saranno sempre presenti e lo saranno ancor di più se il vero concetto di antispecismo non sarà inculcato nelle persone, a partire soprattutto dalle nuove generazioni, le nuove leve che potranno un giorno veramente fare la differenza. Io credo che dobbiamo somatizzare questi eventi ed andare oltre, continuare nella nostra lotta e sperare che la Liberazione si possa raggiungere tramite un concetto più prettamente Animale e non umano. Bisogna pensare più da Animali, e non nel senso dispregiativo del termine…questo è ovvio.

    • mah… trovo tutte queste considerazioni sullo stampo “è normale”, “è il mercato”, “è sempre stato così”, “che ci possiamo fare”, “non mi scandalizza” un obbrobrio indecente. Continuate a pensare così che state/stiamo messi bene… Spero che EarthRiot non abbia le stesse vostre posizioni…

  9. @Roberto scrive “Ogni forma di capitalismo non è mai stata etica e mai lo sarà”: concordo al 101%.
    Viviamo nel CAPITALISMO REALE, non nella teoria; faccio notare che, mentre il “Socialismo reale” ha fatto le sue stragi ed è stato perciò tacciato di negatività totale e si pretende di buttarlo nella pattumiera della Storia, il Capitalismo reale meriterebbe, secondo i signori al comando, sempre un’altra chance.
    Nonostante macini sacrifici umani ogni giorno sul globo terrestre !
    Ovviamente non sono d’accordo con questo accanimento ideologico, trovando il Capitalismo un sistema economico ingiusto a partire dalle basi (la proprietà privata ed i soldi).
    Pertanto, do il mio contributo alla diffusione dell’idea che la lotta antispecista è lotta anticapitalista (notando, però, che quest’ultimo termine è ancora troppo poco usato, quasi tabù).

  10. d’accordissimo con la linea di Earth Riot .. a parte che con un minimo impegno la maggioranza dei prodotti che si trovano nel banco-frigo si possono fare in casa, con maggiore consapevolezza.. Ma anche ammettendo che si dipenda dal mercato (anche in epoche pre-neocapitaliste c’erano forme di commercio delle spezie ed altro e ci si rivolgeva a quella forma di mercato abbozzata), non significa che bisogna cercare di dipenderne il più possibile e di esaltarsi per il panino veg di mcDonalds.. E per favore non confondiamo ESTREMISMO (considerazione soggettiva dell’Altro, sulla base della propria personale convinzione di cosa sia giusto/normale) con RADICALE, che significa dare risposte che risolvono i problemi alla RADICE, senza temporeggiare sulla marca più gustosa del latte vegetale o sul salutismo.
    La coerenza totale non esiste su questo siamo d’accordo, ma a parità di condizioni (stiamo tutti usando il pc) ci sono spazi di miglioramento per ciascuno, se li si vogliono vedere.

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