Il precariato legalizzato

Si chiama contratto zero-ore, ma potrebbe essere tranquillamente definito sfruttamento legalizzato, un accordo tra dipendente e datore di lavoro molto in voga in Gran Bretagna, che esiste già dal 1974.
Questo tipo di contratto, molto apprezzato soprattutto da catene di fast food come McDonald’s e Subway, prevede che i dipendenti accettino di lavorare quando lo decide l’azienda, per il numero di ore necessarie e con un minimo preavviso. Gli impiegati che accettano questa tipologia contrattuale si ritrovano in una condizione per la quale devono sempre essere disponibili, oppure non vengono chiamati a lavorare per giorni e non beneficiano di ferie retribuite.
McDonald’s in Gran Bretagna, ad esempio, impiega il 90% del proprio personale con contratto zero-ore: circa 92.000 lavoratori costantemente a disposizione e privi di un salario minimo garantito… un vero affare per questa ed altre multinazionali.

sciopero dei lavoratori di McDonald's che si susseguono dall'inizio dell'anno.

sciopero dei lavoratori di McDonald’s che si susseguono dall’inizio dell’anno.

Multinazionali diventate famose per il modo in cui si approfittano dei periodi di crisi e della disperazione di chi è disposto a tutto pur di lavorare anche poche ore, guadagnando una miseria.

Il Regno Unito offre a queste aziende un enorme bacino d’utenza, considerando il gran numero di persone, giovani soprattutto, che arrivano dall’estero con l’intenzione di fare la stagione o di lavorare per brevi periodi.

Sfruttamento nello sfruttamento da parte di queste multinazionali che, attraverso il contratto zero-ore, riescono ad impiegare grande forza lavoro, rimettendoci quasi niente e incrementando fin troppo comodamente i propri guadagni.

Ma mentre in Gran Bretagna le cose vanno in questo modo, negli Stati Uniti la vendita degli hamburger da parte di McDonald’s cala ogni giorno.
Un aspetto, questo, che ha scatenato le contestazioni da parte di chi finanzia la catena di fast food: sono i produttori di birra, che negli USA rappresentano i primi concessionari per la multinazionale, il 90% dell’intera catena operativa.
Produttori che, a causa degli elevati costi di franchising chiesti da McDonald’s nonostante gli affari stiano registrando un’impennata verso il basso, sono contrari a ristrutturare i vari punti vendita (34392 ad oggi, con l’ultima apertura di qualche settimana fa del primo in Vietnam) o ad aprirne di nuovi.

In sintesi,: che tu sia dipendente, dirigente o azionario, far parte della grande famiglia di McDonald’s non è mai conveniente.
E ci piacerebbe tanto che il 12/13 ottobre prossimo, quando andrà in scena la 3° mobilitazione contro questa multinazionale, ci fossero anche i lavoratori a scendere in piazza per chiedere la chiusura di chi non solo li sfrutta, ma che nel giro di poco tempo li lascerà nuovamente a casa, di chi ha globalizzato il precariato, e per chiedere l’apertura di nuovi esercizi commerciali, che possano incamerare valori più etici e sostenibili per tutt*.