Le urla che non udiamo!

Sono tra le specie maggiormente denigrate, trascurate, ma sfruttate che esistano: parliamo dei pesci e delle creature marine in generale, esseri viventi che troppo spesso vengono dimenticati.
La morte silenziosa, si dice, perché, al contrario di altri animali, loro non li sentiamo emettere alcun suono quando, in preda ad un’agonia paragonabile forse solo all’affogamento, spirano l’ultimo alito di vita.

Sempre più specie marine scompaiono ogni anno a causa del pescato, dell’inquinamento, del modo in cui i mari vengono trattati dall’industria e da un mercato capace solo di andare sempre alla ricerca di nuovi esseri viventi da sfruttare per sopperire alle necessità alimentari del mondo.

Recentemente la FAO ha lanciato un allarme riguardo l’invasione dell’Adriatico da parte delle meduse.
Questa specie fa la sua comparsa nei mari quando si verifica l’assenza dei grandi predatori, assenza che rischia di prolungarsi in quanto le meduse si cibano delle loro uova rallentandone così la ricomparsa.
Ma il problema non è tanto questo quanto la soluzione che la FAO consiglierebbe di mettere in pratica per limitare l’invasione: consumare le meduse come alimento o utilizzarle in ambito farmaceutico.
Quello di cui hanno bisogno i mari non sono ulteriori rappresaglie che hanno come unica risultante quella di svuotarli maggiormente, ma piani di tutela seri che possano preservare le specie ancora esistenti.

L’UE ha introdotto dei provvedimenti a nostro avviso alquanto discutibili, ma non è una novità: d’ora in poi non potranno più esserci rigetti in mare, quello che vierrà tirato su dalle reti dovrà finire sul banco del pescatore.
Questa decisione, che Greenpeace ha accolto come una vittoria, vuole limitare gli sprechi di cibo e, a detta della seconda, va a premiare tutti quei pescatori che conducono una pesca sostenibile.
Ora, che si tratti di pesca industriale o no, noi riteniamo che non vi sia mai nulla di sostenibile nella morte di un altro essere vivente, marino o terrestre che sia.

Ma l’integrità dei mari e la sopravvivenza delle specie ittiche non sono minacciate solo dalla pesca: il livello di mercurio presente negli oceani è raddoppiato nel corso dell’ultimo secolo, in particolare a causa delle azioni umane.
Impiegato nelle industrie chimiche, nella combustione dei rifiuti e dei combustibili fossili come il carbone e in campo elettrico ed elettronico, il mercurio finisce poi nei mari attraverso gli scarichi delle industrie.
Ovviamente questa sostanza avvelena i pesci ,che, se non muoiono prima, una volta pescati e consumati come alimento trasmettono il mercurio alle persone.
Uno studio dell’Università di Granada (Spagna) ha evidenziato come il consumo elevato di pesce in bambini di età compresa tra 0 e 4 anni ne peggiori le performance cognitive rispetto ad altri con una frequenza di consumo inferiore, una conseguenza provocata proprio dal mercurio.

Non sono però solo i pesci a rischiare l’avvelenamento: un gruppo di ricercatori dell’Università di Mosca e dell’Islanda hanno lanciato un allarme che riguarda la sopravvivenza delle volpi artiche.

Volpe artica


Questa specie sarebbe a rischio di estinzione sempre a causa del mercurio che le volpi assimilano nutrendosi degli uccelli marini che a loro volta si cibano dei pesci contaminati.

Un quadro allarmante che dovrebbe bastare per capire come la morte di un solo essere vivente possa pesare sugli equilibri dell’intero Pianeta; possiamo solo immaginare quale percorso compiano le sostanze chimiche che disperdiamo nell’ambiente e i danni che esse provocano.
L’inquinamento provocato da un inceneritore di rifiuti in Italia, ad esempio, può segnare l’esistenza di specie animali che popolano l’artico, oltre che intossicare chi abita nelle vicinanze di questi stabilimenti e chissà quali altri danni causare…

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