La landa del fracking

L’opera di land-grabbing (neo-colonizzazione) condotta in Argentina dalla multinazionale italiana Benetton, sopratutto a discapito delle terre ancestrali abitate dalle comunità Mapuche, ha spianato la strada all’insediamento di diverse corporation tra le quali non potevano mancare quelle petrolifere.
La zona denominata Vaca Muerta è da anni terra di conquiste per numerose multinazionali del settore alle quali il governo Macri ha ulteriormente spalancato le porte autorizzando, tra le altre cose, l’installazione di una base militare degli Stati Uniti.
L’area in questione rappresenta una formazione geologica di scisto, ovvero giacimenti di rocce bituminose dalle quali è possibile estrarre gas o olio, che tocca le provincie de La Pampa, Mendoza, Rio Negro e Neuquen.
Quest’ultima è teatro di diverse contese tra comunità Mapuche e multinazionali petrolifere, ultima in ordine di apparizione l’olandese Shell che nella provincia di Neuquen ha avviato un progetto d’estrazione attraverso l’impiego del fracking.
Tecnica di fratturazione idraulica, il fracking prevede la trivellazione orizzontale dei terreni tramite l’utilizzo di tonnellate di litri d’acqua che, mischiate a sabbia e additivi chimici, vengono sparate nel sottosuolo ad altissima pressione per provocare crepe nella roccia che permettano l’estrazione di gas e olio.
Una pratica che, oltre a causare l’inquinamento delle falde acquifere, incrementa il rischio di terremoti, contribuendo spesso a mutare in zone sismiche terre non soggette a tali fenomeni.
Un portavoce Mapuche, Gilberto Huilipan, recentemente si è recato in Olanda per comunicare ai vertici della Shell la ferma intenzione di procedere con il blocco dei macchinari ed occupazioni che impediscano ai lavoratori di proseguire con le operazioni di perforazione.
Nel suo intervento Gilberto ha sottolineato come la lotta non sia contro gli impiegati, ma contro il sistema capitalista in questo caso rappresentato dalla Shell.
Quello che si è verificato è l’ennesimo caso di lobbying, un fenomeno molto comune sopratutto negli Stati Uniti che si verifica quando una o più persone permettono il raggiungimento di obiettivi facendo gli interessi di entrambe le parti in causa: il classico piede in due scarpe.
L’attuale Ministro degli Affari dell’Energia del governo argentino, Juan Jose Aranguren, ha fatto parte della divisione locale della Shell dal 1979, rivestendone il ruolo di direttore tra il ’97 e il 2015, anno in cui ha ottenuto la nomina da parte di Macri, mentre però rivestiva ancora la carica ottenuta all’interno della multinazionale petrolifera.
Non a caso il primo provvedimento di Juan Jose Aranguren da Ministro argentino, mentre era ancora a capo della Shell di cui detiene una quota azionaria pari a 16 milioni di dollari, è stato quello di aumentare i costi di acqua, gas ed elettricità, rimuovendo i sussidi statali su tali forniture.
Ma la provincia di Neuquen, in particolare la zona di Loma La Lata che da terra libera è stata declassata a riserva di gas a sottolinearne la strumentalizzazione per ragioni di lucro, è un’area soggetta a colonizzazione ben prima che arrivasse la Shell.
Nel 2001 la collaborazione tra tre multinazionali petrolifere, proprietarie e maggiori azioniste, da vita alla Compagnia Mega: società per la valorizzazione del gas naturale (quello di scisto ottenuto tramite fracking) per lo sviluppo dell’economia argentina.
Lo stabilimento è composto da un impianto di separazione ed uno di frazionamento, collegati tra di loro attraverso un gasdotto di 600 chilometri che attraversa 4 provincie: Loma La Lata (da cui ha origine) per giungere il polo petrolchimico di Bahia Blanca che si affaccia sull’Oceano Atlantico.
A controllare e beneficiare della produzione proveniente da questo stabilimento sono la Dow Chemical, multinazionale assorbita da DuPont nel 2016 nell’ambito di quelle operazioni che hanno visto molte aziende dei settori petrol e agro-chimico fondersi tra di loro: Syngenta e ChemChina, Bayer e Monsanto.
La Petrobras, compagnia brasiliana che si occupa della ricerca, estrazione, raffinazione, trasporto e vendita di petrolio.
E la YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales) società energetica argentina specializzata nell’esplorazione, produzione, raffinazione e commercializzazione del petrolio, un’impresa statale privatizzata e acquistata dalla multinazionale spagnola Repsol, anche se il 51% appartiene ancora allo stato argentino.
Quest’ultima ha attualmente in corso una contesa con la comunità Mapuche di Neuquen (Confederación Mapuche de Neuquén) che dimora nel Lof di Kaxipayin in merito al progetto di YPF sulla riserva di Loma la Lata.
Un progetto da 80 milioni di dollari che prevede la perforazione di 21 pozzi per un periodo di 14 mesi.
Forte di un accordo stipulato con solo alcune persone che accettavano, previa conguaglio in denaro, il passaggio di macchinari e operatori, la YPF ha avviato le operazioni trovando però l’opposizione degli oltre 130 membri della comunità Mapuche tenuti allo scuro di tale provvedimento.
Non si tratta solo dell’Argentina, non riguarda esclusivamente il popolo Mapuche, queste sono le abituali strategie calate dalle multinazionali (a prescindere dal settore di appartenenza) per garantirsi il monopolio sulle terre d’interesse (land-grabbing), il conseguente controllo delle risorse ambientali e dei viventi.

PP

Fonti: infobae globalinfo clarin