Riflessioni antispeciste: la “normalità” della prevaricazione animale

Oggi inauguriamo uno spazio dedicato a chi ha il desiderio di condividere le proprie riflessioni in merito all’antispecismo, al momento storico che questo movimento sta attraversando, ai valori e principi sui quali si basa, e agli obiettivi che si pone.
Riceviamo e pubblichiamo il seguente scritto a firma di La Loba.evolution-of-revolution

Si finanziano, legalizzano e istituzionalizzano le peggiori torture sugli animali non umani.
Le stesse azioni, se perpetrate ai danni dell’essere umano, sarebbero impensabili, peggiori del peggiore dei genocidi.
Come è possibile che l’appartenenza biologica a un’altra specie ci autorizzi a fare quello che facciamo loro?
L’antispecismo non è affermare l’inesistenza di differenze tra animali umani e non umani o allargare l’ipotetica sfera dei diritti umani all’ambito animale, reiterando quella discrezionalità discriminante su chi debba acquisire diritti e chi no (animali da compagnia, in via d’estinzione o le scimmie antropomorfe), ma rifiutare radicalmente l’idea che il mero dato biologico, il quale ci identifica come specie diverse, contemporaneamente ci legittimi, in quanto specie “dominante”, a sfruttare a nostro piacimento tutte le altre specie animali e vegetali, arroccandoci così nell’ideologia per la quale l’essere umano è al centro dell’universo e di conseguenza anche il diritto di essere niente di meno che padroni degli altri abitanti terrestri, delle terre, delle acque e dei cieli.
E la chiamiamo evoluzione o all’occasione progresso, diritto o legge naturale.
Il potere performativo del linguaggio specista ha prodotto la sua propria realtà auto-nominandoci padroni di tutto il resto. Il linguaggio ha creato la normalità e la così tanto millantata natura, ha strumentalizzato il concetto di “naturalezza” del dominio dell’Uomo sul resto del vivente. Creando la normalità e la naturalezza di questo arbitrario dominio del quale siamo protagonisti, lo ha reso normante.
In altri termini, il linguaggio del sistema specista è descrittivo (di una realtà creata per legittimare lo sfruttamento), prescrittivo e auto- assolvente.
Secondo la logica escludente del linguaggio, tutto ciò che è identificato e descritto dal linguaggio stesso come “oggetto” può essere reificato, anche se vivo e quindi sfruttato dal “soggetto” razionale e autodeterminato che allo stesso tempo ha il diritto inalienabile di
perseguire i propri scopi e il suo ideale di libertà.
La nostra denuncia non si esaurisce nel panorama animalista o del veganismo, è chiaro.
La nostra denuncia va alle fondamenta di un sistema che fonda le sue radici nello sfruttamento di tutto ciò che è vivente. Ecco quali dovrebbero essere le motivazioni antispeciste. Ecco cosa dovremmo fessurare di questo sistema.
Dobbiamo sopportare l’inquietudine di questo turbamento nella nostra quotidianità.
Impegnarci nell’avere il coraggio di essere difficilmente catalogabili dal sistema e non aiutare il sistema stesso a inglobarci, masticarci e rigurgitarci su un banco frigo del supermercato come prodotti da consumare.
Dobbiamo essere noi stessi, prima di tutt*, a rifiutare il potere catalogante del sistema dominante, anche se ciò rischia di emarginare. Se abbiamo paura di sembrare strani, anormali o outsider abbiamo perso in partenza.
Abbiamo una grandissima arma nelle nostre mani, ma abbiamo paura; solo riconoscendoci turbanti potremmo portare un reale cambiamento radicale e non riformista.