Haze: gli incendi alimentati dal consumismo

Il 10 marzo scorso, a causa della siccità prolungata e del fenomeno del Niño, le foreste di Sumatra hanno ricominciato a bruciare dopo i già numerosi incendi che avevano colpito queste terre nell’autunno 2015.
Le regioni più colpite sono quelle del Kalimantan, di Aceh e di Riau, dove si regista la situazione peggiore, aggravata dal denso fumo giallo che si solleva dagli incendi.
Un fenomeno chiamato haze che in questi ultimi anni ha più volte colpito anche Singapore e che si scatena ogni volta che le foreste vengono date alle fiamme per creare nuove aree da poter colonizzare con monocolture, spesso di palme da olio, ma anche acacia.
La densa foschia gialla oltre ad aver fatto registrare più volte livelli di inquinamento ben oltre i limiti di guardia soprattutto a Singapore è causa di malattie respiratorie, come si sta verificando in questi giorni nella provincia di Riau.haze
Il governo indonesiano ha decretato lo stato di emergenza esprimendo la propria preoccupazione verso le foreste torbiere, quegli habitat che regolano le precipitazioni atmosferiche e che più di ogni altro hanno subito l’opera di landgrabbing da parte delle multinazionali dell’olio di palma.
Le autorità di Sumatra e del Kalimantan stanno affrettando le operazioni per garantire il ripristino di 600.000 ettari di torbiere entro la fine di quest’anno, ma si tratterà di un’impresa vana se queste aree non verranno poi tutelate, impedendo il loro sfruttamento da parte dell’industria e la conseguente distruzione dell’habitat naturale di orango, elefanti, tigri, rinoceronti e le innumerevoli specie animali che popolano uno dei maggiori bacini di biodiversità della Terra.
Intanto in Italia continua a girare lo spot pubblicitario che invita all’utilizzo e al consumo dell’olio di palma, un’opera di disinformazione sistematica promossa da quelle stesse aziende che ne fanno uso, allo scopo di porre un freno all’opera di boicottaggio e alla fuga dei consumatori.
Strategie rivolte agli interessi delle multinazionali, non di certo alla salute del consumatore né tanto meno all’integrità ambientale.
Un panorama nel quale la Commissione Europea si colloca a meraviglia lanciando uno “studio di fattibilità per un piano d’azione contro la deforestazione”, il quale prevede una serie di misure non chiare da applicare sulle importazioni, e che comunque non sarà realizzato sino al 2017, o più probabilmente al 2018.
La Francia discute nuovamente la proposta di aumentare le tasse sull’importazione dell’olio di palma, un provvedimento già avanzato qualche anno fa, ma dettato dalla motivazione di limitare i casi di diabete e obesità nel paese e non per una spiccata preoccupazione verso le sorti delle foreste.
Una tassazione, quella francese, che comunque non includerebbe l’olio di palma certificato sostenibile, ovvero RSPO, nonostante ormai sia chiara tanto l’inesistenza di questo mercato quanto l’opera di greenwashing promossa da questo organo di facciata creato e gestito dalle stesse multinazionali del settore.rspo fuck
L’inaffidabilità delle istituzioni dovrebbe ormai essere nota, più preoccupate ad accontentare le richieste delle aziende che ad ascoltare il volere delle persone o a impegnarsi seriamente verso la tutela ambientale.
Un rispetto della Terra che ci ospita e delle specie che la abitano insieme a noi che può innescare solo il consumatore, pedina fondamentale per le multinazionali, dal quale parte la domanda e che attraverso le proprie scelte quotidiane può arrestare questi processi di distruzione, diventando protagonista di un cambiamento quantomai necessario.

Fonti: Mongabay – Ansa