Biocarburanti? Verdi solo di nome!

I carburanti verdi, un mercato in continua espansione, un business enorme per le aziende che hanno deciso di investire in questa industria; ma quanto c’è realmente di green in queste nuove produzioni?
Gli oli vegetali a ricevere una forte richiesta per l’impiego come biocarburanti sono quelli di mais, colza, girasole, soia e palma, la cui produzione è aumentata in maniera esponenziale dal 2001 ad oggi proprio a causa dell’espansione dell’industria dei carburanti verdi.
L’Europa, come già in passato abbiamo scritto, detiene il primato per la deforestazione tropicale, provocata dalla continua importazione di carne e, appunto, degli oli prima citati che, oltre all’impiego nell’industria alimentare e cosmetica, vengono utilizzati per la produzione di biocarburanti.
A questo punto è necessario fare la prima riflessione: l’olio di palma, ad esempio, per essere importato in Europa deve percorrere 13.000 chilometri in nave dall’Indonesia, trasportato in particolari cisterne che lo mantengano a temperature superiori a quella ambientale, perché altrimenti solidificherebbe, diventando inutilizzabile. Vi lasciamo immaginare, quindi, solo questo trasporto quale inquinamento causi e che livelli di emissioni di Co2 si possano raggiungere, ma questo è solo l’inizio.

Il percorso fatto per trasportare l'olio di palma dall'Indonesia ai porti europei.

Il percorso fatto per trasportare l’olio di palma dall’Indonesia ai porti europei.

L’espansione dell’industria dei biocarburanti ha portato al sacrificio di terreni agricoli la cui conversione in monocolture intensive di soia, mais, palme da olio, etc., conduce ad un aumento delle emissioni di gas serra oltre che alla perdita di biodiversità vegetale e animale, asfaltate dalle tecniche di land-grabbing condotte dalle multinazionali del settore a colpi di ruspe e incendi. Il land-grabbing, questo fenomeno di moderno colonialismo tanto caro alle grandi aziende che scelgono i paesi più poveri, con i governi più deboli, ma il clima maggiormente favorevole per impadronirsi delle terre e delle risorse dei contadini locali o di foreste incontaminate da convertire e sfruttare per le loro produzioni.
Le foreste del Borneo e quelle dell’Amazzonia sono quelle ad aver pagato maggiormente, fino ad ora, ma questo mercato ultimamente è tornato a colpire anche l’Africa, il Camerun in particolare dove la palma da olio, originaria di quelle zone, è stata reintrodotta da multinazionali come Wilmar (di recente etichettata come la peggiore a livello di impatto ambientale), Cargill ed Herakles.

Quelle che un tempo erano le foreste del Camerun.

L’ultima in particolare da qualche mese sta procedendo con la colonizzazione e la conversione delle foreste del Camerun in monocolture per la produzione di olio di palma che verrà impiegato esclusivamente per l’industria dei biocarburanti.
Il sacrificio di terreni agricoli un tempo impiegati per la produzione di cereali, frutta e verdura insieme alla domanda di cibo in continua crescita, adibiti oggi all’uso agro-energetico fa sorgere un altro problema: la necessità di creare nuove aree agro-alimentari in altre zone del Pianeta procedendo così con l’ulteriore abbattimento di foreste, perché l’offerta di cibo non può di certo calare.

Dovrebbero bastare tutti questi aspetti a farci comprendere che il mercato dei carburanti verdi non rappresenta altro che l’ennesimo stratagemma delle multinazionali per intascare soldi facili a discapito della salute ambientale, mettendo a rischio l’alimentazione mondiale e schiavizzando le popolazioni più povere.
Ma se non fosse ancora abbastanza sappiate che l’olio di soia, di colza e in particolare quello di palma sono largamente al di fuori dei parametri stabiliti dalla RED (Renewable directive directive) perché una sostanza possa essere utilizzata come biocarburante.
Ricordiamo doverosamente quanto sta accadendo ad Acerra, nel napoletano, anche a causa della presenza di uno stabilimento che, tra gli altri, brucia anche olio di palma. Terreni avvelenati che non si possono più utilizzare in agricoltura, aria irrespirabile e resa tossica a causa dell’emissione, da questo stabilimento, di una sostanza più tossica della diossina che viene rilasciata dalla combustione dell’olio di palma.
Qualche settimana fa due bambini in tenera età hanno perso la vita per aver contratto forme tumorali a causa dei fumi emessi da questa industria e dalle discariche abusive date alle fiamme che stanno soffocando queste terre.

Concludiamo riportandovi i dati riportati su un rapporto pubblicato da Actionaid e Oxfam Italia che possono maggiormente aiutarvi a farvi un’idea sull’insostenibilità dei carburanti “verdi”:

  • Consumare il 10% di biocarburanti nei trasporti richiederà l’utilizzo del 26% dei territori coltivati a livello mondiale.
  • La produzione di 1 litro di biocarburante richiede in media l’utilizzo di 2.500 litri di acqua.
  • I 2/3 delle terre colonizzate in questi ultimi anni nei paesi poveri hanno avuto come obiettivo la produzione di biocarburanti da esportare nei paesi ricchi.
  • Per tutto il 2008 la terra coltivata a biocarburanti avrebbe invece potuto sfamare 127 milioni di persone.
  • Raggiungere l’obiettivo del 10% al 2020 con i biocarburanti di prima generazione causa emissioni aggiuntive: come se sulle strade europee fossero immesse 29 milioni di auto in più.

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