Tutti/e schiavi/e di Monsanto

Glifosato fa rima con Monsanto che, a sua volta, fa rima con OGM, ma non sempre questi veleni vanno a braccetto.
L’impiego di pesticidi prodotti da questa multinazionale ormai da tempo non è più rivolto esclusivamente ai campi per i quali erano stati strategicamente progettati.
I guadagni di Monsanto, come di qualsiasi altra multinazionale del settore, è determinato da due processi che dipendono strettamente tra di loro.
La diffusione del mais geneticamente modificato o del cotone Bt, per fare alcuni esempi, non è funzionale solo all’ottenimento del monopolio dei terreni e quindi il controllo sull’alimentazione mondiale, ma anche alla vendita di sostanze chimiche la cui commercializzazione rappresenta la vera fonte di guadagno per queste multinazionali.
Mais, cotone, soia etc. sono stati manipolati geneticamente all’apposito scopo di resistere a erbicidi come il Roundup, in modo che i contadini possano utilizzarli per uccidere le erbacce, ma senza danneggiare le colture geneticamente modificate.
Un mercato dei veleni a 360° che ultimamente Monsanto sta cercando di introdurre in quei paesi dove il mais rappresenta la principale fonte di sostentamento delle popolazioni locali, come Nigeria e Messico, una strategia già utilizzata in India con la diffusione del cotone Bt che ha distrutto i raccolti dei contadini.
Ma c’è un aspetto legato all’impiego del glifosato, principio attivo del Roundup, che rischia di sfuggire all’opinione pubblica, minando ulteriormente l’integrità ambientale, la sopravvivenza degli animali non umani che popolano i terreni sotto attacco, la salute degli animali umani e l’alimentazione mondiale.
Ormai è noto quanto il glifosato ha già contaminato terre e risorse idriche della Terra: è presente nel cibo, nell’aria che si respira e nella pioggia.Glifosato Monsanto
In Germania recentemente è stato verificato che il mangime utilizzato negli allevamenti per mettere all’ingrasso gli animali non umani contiene glifosato, ma in questo caso si tratta di mais e soia geneticamente modificati, quindi c’era da aspettarselo.
Il problema è che il glifosato, attraverso l’impiego del Roundup, viene ormai utilizzato anche nel trattamento di colture non geneticamente modificate, contamindano di fatto anche grano, fagioli e avena, alimenti che per il momento non erano stati monopolizzati dalle multinazionali del settore.
L’impiego del Roundup da parte degli agricoltori su colture non GM è funzionale ad accelerare i tempi del raccolto.
In pratica gli agricoltori, attraverso l’uso del glifosato, “uccidono” il raccolto con qualche settimana di anticipo in modo da accelerare il processo di asciugatura per poter immettere più rapidamente il prodotto sul mercato.
Il lavoro di marketing condotto da Monsanto negli anni, spacciando i propri prodotti come sicuri e biodegradabili, ha avuto una tale efficacia da portare molti agricoltori a utilizzare queste sostanze senza preoccuparsi delle reali conseguenze che queste scelte avrebbero comportato.
Uno scenario di questo tipo fa emergere nuovi timori e preoccupazioni nei confronti della salute ambientale, animale e sociale, e in riferimento alla sovranità alimentare.
A livello etico, l’aspetto che in teoria dovrebbe determinare ogni nostra azione è il fatto che il crescente impiego di sostanze chimiche sulle colture mina quelli che sono i principi portanti del veganismo e dell’antispecismo.
Pesticdi, erbicidi e sostanze varie, oltre a essere testate su animali non umani, causano l’avvelenamento di quelli che, in teoria, vivono liberi nell’ambiente, anche se ormai in un mondo soffocato da industrie, cemento e prodotti chimici il concetto stesso di “libertà” viene meno.
La lotta a multinazionali come Monsanto, Du Pont, Cargill, Bayer, Syngenta etc. deve intensificarsi ed essere accolta con maggiore presenza anche dall’ambiente antispecista, perché si tratta di liberazione animale, umana e della Terra, e di questo passo nessuno/a, a prescindere dalla specie di appartenenza, potrà più considerarsi libero/a.

Fonte: MAM