Hambach Calling

Una lotta antiautoritaria, anticapitalista, senza compromessi, contro il potere e quelle dinamiche di dominio calate da un sistema che negli anni ha normalizzato la devastazione della Terra, subordinando ad esso la libertà di chi la popola.
Una lotta dal basso, di Liberazione della stessa, caratterizzata dai suoi più antichi valori, considerando la forte componente antispecista, data per scontata, ma ben presente.
Una lotta solidale, basata su una reale espressione di mutuo soccorso, libera da protagonismi ed espressioni egocentriste, il cui modello in questi anni ha ispirato resistenze analoghe, da Białowieża a Pont Valley.
Domenica 16 settembre 2018, al 4° giorno consecutivo di sfratti da quando ha avuto inizio la più grande opera repressiva nella storia di questa resistenza, migliaia di persone hanno invaso la stazione ferroviaria di Colonia per recarsi nella foresta di Hambach.persone verso foresta
In un clima scandito da auto-organizzazione e autodeterminazione, e brandendo nuovi alberi da ripiantare hanno raggiunto i luoghi di una Resistenza dalla quale dipende il concetto stesso di Liberazione.
Ma facciamo un passo indietro.
Nel novembre 2012, grazie ad un’elaborata strategia di occupazione, un* attivista si trincerò nella foresta di Hambach spezzando il silenzio che circonda la deforestazione di questa ex area boschiva che ospita il triangolo cittadino formato da Colonia, Dusseldorf e Aquisgrana, iniziata nel 1972 per mano della multinazionale energetica tedesca RWE. hambach-blocco-macchinario
Da quel momento la Resistenza è cresciuta di anno in anno, come testimonia l’oceano di persone che hanno visitato la foresta nella sola estate del 2017: oltre 10.000 attivist* diedero vita a proteste e blocchi intorno a quella che, ad oggi, è la miniera a cielo aperto più grande d’Europa per l’estrazione di lignite (carbone povero).
Una Resistenza costruita attraverso occupazioni forestali e treehouse (le case sugli alberi) divenute il simbolo di questa lotta: baluardo contro chi guardando ad Hambach non vede una foresta, ma solo un’occasione di business.
Con largo anticipo rispetto alla stagione di taglio, concessione rilasciata dallo stato tedesco a RWE che consegna alla multinazionale la libertà di condurre un’indiscriminata deforestazione dal 1° ottobre alla fine di febbraio di ogni anno, le forze dell’ordine hanno avviato le operazioni di sgombero della foresta.
Giovedì 13 settembre 2018 oltre 3.000 poliziotti hanno fatto irruzione nella foresta di Hambach con l’obiettivo di sradicare i simboli della resistenza molto temuti dalle autorità tedesche, concentrando quindi le operazioni di sfatto sopratutto sulle installazioni di Oaktown, Gallien e Simona, quest’ultima demolita dagli emissari della multinazionale RWE dopo due giorni di duro lavoro, bloccati da due attivist* barricati a 10 metri sotto la struttura.
Come la torre di Oaktown, crollata solo a seguito di una massiccia presenza di polizia e macchinari per lo sgombero, abbattuta dopo oltre 12 ore di resistenza da parte dell’unic* attivista rimasto a presidiare la treehouse.
Uno sgombero parziale in quanto, al momento della stesura di questo articolo, attivist* barricati sugli alberi circostanti chiamano alla rioccupazione dell’area.
In supporto della resistenza all’interno della foresta, venerdì 14 gli/le attvist* di Ende Gelände hanno occupato la sede di stato della NRW (North Rhine-Westphalia), mentre sabato 15, dalle prime ore dell’alba, circa 20 persone hanno bloccato per ore le operazioni della centrale elettrica a lignite di Niederaussem, barricandosi sulle strutture e bloccando 3 escavatrici.blocco centrale carbone
Azioni di disobbedienza civile per la giustizia climatica e la liberazione della Terra che da inizio agosto di rinnovano senza sosta, da Pödelwitz a Groningen.
Quanto segue, però, non vuole essere esclusivamente un report dei fatti più o meno recenti, tra l’altro in costante aggiornamento, ma offrire anche un’analisi delle reazioni e non-reazioni espresse dall’esterno.
TV e media tradizionali, come all’epoca di Standing Rock, non hanno tradito le attese. Accorti all’improvviso dell’accaduto, non hanno esitato a distorcere i fatti bollando come estremiste le persone barricate sugli alberi e non, contribuendo alla sistematica criminalizzazione di chi a discapito della propria vita e libertà si pone a difesa di un qualcosa che dovrebbe essere priorità comune.
Un’erronea visione dei fatti servita alla massa al fine di generare distanza da chi invece dovrebbe ricevere solidarietà e supporto.
Ma se l’approccio fornito dai suddetti canali non deve destare stupore, in quanto organi subordinati al sistema stesso, ben diverso è il discorso in relazione alla non-reazione pervenuta da ambienti il cui supporto dovrebbe essere scontato.
Contrariamente da come viene vissuta ed espressa in tutto il resto del mondo, in Italia permane ancora un’inspiegabile disconnessione tra la lotta di liberazione animale e quella di liberazione della Terra: aspetti imprescindibili di un tutto altrimenti inauspicabile sin dal principio.
L’intersezionalità delle lotte di liberazione pare un fenomeno sempre più raro, sostituito da un’accurato lavoro di auto-ghettizzazione nell’erronea concezione che l’allargamento della visuale possa indebolire le stesse invece di integrarle e renderle maggiormente inattaccabili.
Nonostante la forte componente antispecista espressa dalla resistenza di Hambach, aspetto che dovrebbe contraddistinguere ogni lotta di liberazione della Terra nella teoria e nella pratica, raro e sporadico è stato l’interesse e il supporto espresso dall’ambiente, tranne alcuni casi più simili a strumentalizzazioni autoreferenziali che ad un reale interesse nei confronti della causa in questione.
Partendo dal presupposto e dalla consapevolezza che, chi più chi meno, siamo tutt* schiav* del sistema per come esso concepisce, plasma e strutturata la società attuale, resta maggiormente incomprensibile il disinteresse espresso da ambienti, sulla carta solidali, nei confronti di quegli orizzonti di resistenza che tentano di mantenere in vita il concetto stesso di Liberazione.
Le cause di questo fenomeno vanno forse ricercate nella natura antropocentrica che ancora anima molti di essi, e dalla mancanza di una reale predisposizione ad una lotta di Liberazione della Terra che non va territorializzata o ridotta all’emergenza del momento.
La questione però non è filosofica, ma molto pratica e che allo stato attuale, per come viene affrontata in Italia, condanna la Liberazione Animale (umana e non) a qualcosa di perennemente fittizio se una volta fuori da gabbie e prigioni il panorama rimanente sarà composto da miniere, deserti di metallo e cemento.

Earth Liberation is Total Liberation

Come sempre ci atteniamo ai fatti, non si tratta di giudizi personali, ma di riflessioni e analisi che ci auguriamo possano smuovere coscienze.

VM

Fonti: Enough is Enough –  Ende Gelände – Aktion Unterholz – HambacherForst